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Lo Spirito Del Fuoco
Matteo Vittorio Allorio


Dopo un macabro incubo in cui trova la madre sgozzata nel proprio letto, Jack, sedicenne come tanti, viene catapultato in un altro pianeta e costretto a intraprendere un sentiero di morte, sangue e crudeltà. Riuscirà il suo esile cuore a resistere alle fiamme divine e permettergli così di salvare la Grande Costellazione? L'oblio incombe… Jack, sedicenne appassionato di arti marziali, dopo un macabro incubo in cui trova la madre sgozzata nel proprio letto, inizia a indagare quando rivive alcune parti del sogno. Accompagnato dal suo inseparabile amico Max, si ritrova a pedinare un losco e terrificante vecchio. Da semplice indagine, tutto si trasforma in un qualcosa di surreale quando uno strambo individuo lo raggiunge raccontandogli una storia inverosimile che lo vede come l'essere umano scelto dalla grande divinità creatrice dei dieci mondi per salvare la Grande Costellazione dell'imminente oblio. Trasportato su Abram, il pianeta dei mercanti, si rende conto che tutto è reale e che davanti a lui, ha un percorso da compiere al di fuori delle sue possibilità. Ma lo spirito di Ashar, dio del sole, ha scelto lui e con tutte le debolezze che un essere umano di sedici anni ha, non può far altro che andare avanti. Santos, astro protettore della natura, è il suo maestro e insieme a Gabriel, urano custode del potere del fulmine e Boris, re dei folletti, si ritrova a dover affrontare la più difficile missione della sua vita. Imprigionati dal losco signore di Ishcor e costretti a combattere fino all'ultimo sangue nell'arena, i quattro compagni affrontano battaglie violente e sanguinose. Quando ormai sembrano spacciati e prossimi alla morte, Jack perde il controllo vittima del sogno di iniziazione con il quale Marmorn, antico re terrestre, cerca di sfruttarne gli immensi poteri. Nella perdizione più totale, il giovane terrestre si trasforma da vittima in carnefice macchiandosi le mani del sangue di innumerevoli vittime. L'eroe salvatore annunciato dalle sacerdotesse di Numit lascia il posto a una terrificante creatura famelica assetata di sangue. Impotenti, i suoi tre maestri proveranno in ogni modo a impedire ai tre sogni di iniziazione di manifestarsi. Ma l'oscurità si mostrerà subdola e infame. Lo scontro finale tra Jack e Santos segnerà l'animo del Salvatore avvicinandolo spaventosamente a Marmorn. Le fiamme divine riusciranno a risplendere nella più totale oscurità? PUBLISHER: TEKTIME





Matteo Vittorio Allorio

Lo Spirito Del Fuoco




Matteo Vittorio Allorio




LO SPIRITO DEL FUOCO


(parte I – Il prescelto)



Copyright © 2018 – Matteo Vittorio Allorio


Il cuore accelerГІ,

le pupille si dilatarono

e in un secondo

le fiamme lo avvolsero completamente.

“Il fuoco è mio amico” ripeté a se stesso.

“Il fuoco sono io…”, terminò prima del buio più profondo.







1


Il sole del mattino illuminava la stanza e Jack si rivoltava nel letto. Non ne voleva sapere, l’effetto soporifero delle morbide coperte lo avvolgeva completamente.

Erano quasi le sette, si doveva alzare se non voleva arrivare tardi a scuola.

Ignaro dell’ora, decise di richiudere gli occhi.

Non sapeva che la sveglia aveva giГ  strimpellato quaranta minuti prima.

I raggi del sole erano piГ№ caldi e fastidiosi e costrinsero il giovane a riaprire gli occhi.

Ci mise un minuto per capire che c’era qualcosa che non andava, il sole era già troppo alto per essere solo le sei e mezza del mattino.

Si alzò di colpo e guardò l’ora sul cellulare. Erano le sette e dieci.

Aveva neanche cinquanta minuti per lavarsi, vestirsi e prendere il pullman. Casa sua era abbastanza lontana dall’istituto ma doveva provarci.

La sera prima, tornato stanco dagli allenamenti in palestra, Jack aveva dimenticato di cambiarsi completamente, addormentandosi con addosso lo sporco pantalone della tuta. Gli allenamenti che svolgeva erano intensi e lo stremavano portandolo poi a non svegliarsi in orario al mattino. Questo succedeva sovente e aveva portato il giovane ad arrivare frequentemente in ritardo a scuola.

Questa volta perГІ non poteva.

La sua, insieme a un'altra classe, aveva una gita. Non doveva mancare.

Ci sarebbe stata pure Stella, la ragazza della seconda B.

Si lavò velocemente faccia e denti e si tuffò dentro l’armadio per uscirne dopo neanche un minuto con indosso un jeans e una felpa stropicciata.

EntrГІ in salotto.

Non c’era nessuno, la madre aveva di nuovo fatto il turno di notte all’ospedale.

Prese le chiavi dal portaoggetti in legno a forma di casetta appeso sul muro a fianco alla porta e uscì di corsa.

Il pullman di linea però aveva appena lasciato la fermata davanti a casa sua, l’unica cosa che poteva fare era correre.

“Corri Jack…”

Schivò un cestino dell’immondizia, una vecchia con il cane, ma non poté nulla contro il ciclista che uscì all’improvviso dal giardino di una casa poco distante.

Lo scontro fu brusco. Il ciclista cadde a terra insieme alla propria bici, mentre Jack volГІ in aria per un metro per poi atterrare in uno dei cespugli che adornavano il lungo marciapiede.

I rovi gli graffiarono leggermente il viso e l’impatto con la ghiaia gli strappò i jeans sbucciandogli il ginocchio destro.

Il ciclista, un uomo pelato sulla quarantina con la tutina fin troppo aderente, corse ad aiutarlo, lo tirГІ su e se ne andГІ comunque infastidito.

В«Stai attento la prossima volta ragazzoВ» disse rimontando sulla sua fiammante bici da corsa.

Era comune nella piccola cittadina di campagna usare come principale mezzo di trasporto le biciclette, soprattutto nella bella stagione. Le auto adornavano i vialetti delle belle case, erano usate dagli uomini in carriera, che ogni mattina, in giacca e cravatta, uscivano dalle loro lussuose casette tutti tirati con le loro ventiquattro ore in pelle. Alcuni lavoravano negli uffici del comune, ma la maggior parte si spostava fuori Sentils per i propri affari, lasciando così le strade della città libere e poco trafficate.

Ormai il pullman era un piccolo puntino in lontananza. L'ultima possibilità di arrivare a scuola aveva appena girato l’angolo in fondo alla via.

Jack non aveva voglia di passare sei ore in un’altra classe o nella biblioteca della scuola e tanto meno, di sorbirsi la solita trita e ritrita sfuriata dei professori.

Decise che era meglio tornare a casa. Aveva percorso non più di cinquanta metri e come al suo solito, aveva causato danni. Rattristato per la gita ormai persa, si avviò verso casa con le mani nelle tasche dei jeans. L’aria del mattino era fresca come se la notte non avesse ancora lasciato lo spazio alla luce e, con la mente ancora addormentata, pensò a come sarebbe stata quella giornata di svago lontano dai banchi di scuola. Arrivato davanti alla sua abitazione dalle bianche e basse staccionate, qualcosa lo turbò.

La porta in fondo al vialetto era aperta e il giovane si fermГІ di colpo.

Era sicuro d’averla chiusa a chiave.

“Che cosa faccio…? Ormai sei un uomo, fatti coraggio.” si disse il ragazzo.

Appassionato di serie tv, il giovane passava molte sere davanti al piccolo schermo della sua camera a immedesimarsi nelle molteplici quanto contorte vicende delle serie poliziesche, le sue preferite. Subito la sua mente elaborГІ diecimila spiegazioni diverse su quella strana situazione. Questa sua passione, per quanto nata in tenera etГ , dentro lo spaventava e per ogni avvenimento leggermente strano, volava con la fantasia immaginandosi possibili scene dei suoi telefilm preferiti. Come ogni volta, per farsi coraggio, scosse leggermente il capo cercando di scacciare via quegli strani pensieri.

Imboccò il viottolo che collegava la sua modesta casa alla strada. Su entrambi i lati, diverse piante, dai fiori colorati accompagnavano il cammino. Qua e là, piccole statuette in pietra raffiguranti gufi, canarini e conigli spezzavano quella vasta distesa di verde rendendo il tutto più accogliente e grazioso. Anche il giardino di proprietà che dava sulla strada, manifestava chiaramente l'interesse della madre. L’erba, tagliata costantemente, era rigogliosa e di un verde brillante illuminata dai raggi del sole. Nel centro, un alberello non più alto di due metri regnava sovrano. Con le radici accavallate l’una sull’altra, si aggrappava al curato terreno diramandosi in tutte le direzioni. Proprio come le radici, anche i suoi rami seguivano una logica all’apparenza assente. Anch’essi, intrecciandosi gli uni con gli altri, si aprivano creando strane forme, per poi terminare con centinaia di rigogliose foglie rossastre. Ad accogliere gli ospiti, all’inizio del vialetto, la buffa e stravagante buca delle lettere che, a differenza di quelle classiche dei vicini, presentava un tenero nano seduto su una grande roccia, vestito di blu e dal lungo cappello rosso con in mano una grossa lanterna in cui il postino e i ragazzi della pubblicità potevano mettere la posta e gli annunci dei negozi.

Non si poteva certo dire che la signora di casa non avesse gusto per la botanica e per gli arredamenti. La donna, molto bella e attraente, sfogava le sue frustrazioni proprio nel mantenimento della casa e del giardino. Sola, aveva cresciuto suo figlio cercando sempre di non fargli mancare nulla, e di non trasmettergli mai le proprie tristezze.

A metГ  del vialetto, Jack si fermГІ. Le sue fantasie poliziesche non lo volevano lasciar stare. Si guardГІ intorno e passando lo sguardo sui coloratissimi fiori della madre scorse, ai piedi di alcune rose rosse, una grossa pietra. Con decisione, la raccolse tenendola stretta tra le mani. Fece un gran respiro ed entrГІ.

Tutto taceva.

Sembrava che nessuno fosse entrato prima di lui.

Ispezionò tutta la casa. L’ampio salotto, arredato con mobili caratteristici degli anni passati, era come lo aveva lasciato e quando si convinse d’essere solo, si sdraiò sul lungo divano angolare beige accendendo la televisione.

Come di consueto, la mattina non c’era nulla d’interessante alla tv, se non programmi di cucina o giardinaggio che decisamente non facevano per lui. Annoiato, sintonizzò il canale che ventiquattro ore su ventiquattro raccontava di sport. Con suo stupore, il giornalista stava proprio parlando della sua squadra di calcio del cuore.

Era tutto interessato ad ascoltare le trattative di mercato quando un rumore strano lo disturbГІ.

Fece per alzarsi, ma poi scosse la testa e si rimise a guardare la tv maledicendo quella sua contorta passione per le serie poliziesche. In quei film dove la cattiveria delle persone era spiegata minuziosamente e combattuta da detective e poliziotti eroici, Jack vedeva nei protagonisti figure forti e leali alle quali s’ispirava. Voleva diventare coraggioso proprio come il detective Mastrocaltro, protagonista della sua serie preferita. Un uomo tutto d'un pezzo. Era proprio per questo che aveva convinto, dopo numerose discussioni, la madre a iscriverlo a Jeet Kune Doo, un’arte marziale orientale, la stessa praticata dal suo eroe televisivo. E con tutta la forza di volontà di cui disponeva, frequentava assiduamente le lezioni, fermandosi sempre fino a tardi per imparare il più possibile, allenandosi anche con i ragazzi più grandi del corso avanzato.

Un altro rumore.

Questa volta Jack si alzГІ, riprese il sasso che aveva poggiato ai piedi del divano e si diresse verso l'altra stanza.

EntrГІ nella sala da pranzo.

Tutto era in ordine, tranne un lungo coltello appuntito che, al posto di essere nel primo cassetto, era vicino al lavandino. Si avvicinГІ, lo guardГІ attentamente e si accorse che quello non faceva parte dei coltelli della loro cucina. Un brivido lo scosse e la sua mente iniziГІ a viaggiare a mille. AllungГІ la mano per prenderlo.

Mancavano pochi centimetri all’impugnatura quando un forte rumore proveniente dal piano di sopra lo fece ritrarre velocemente. Ansioso, si girò lentamente aspettandosi di vedere qualcuno dietro di lui.

Così non fu, davanti a lui solo il semplice tavolo di vetro sul quale pranzava e cenava da quando era nato.

Le gambe gli formicolavano, doveva calmarsi. Decise comunque di andare di sopra per vedere cosa aveva provocato il rumore.

ArrivГІ davanti alle scale.

Paura.

Ne aveva tanta, ma sapeva, per rispetto di suo padre, che doveva salire. L’uomo era morto quando Jack aveva sei anni e l’ultima volta che ci parlò, gli diede il compito di prendersi sempre cura della madre. Era stato un genitore e un marito eccezionale, sempre al fianco del figlio e dell'amata moglie. Era un brillante meccanico, con l’officina nel centro della città. Ereditata dal padre, Robert l’aveva mandata avanti rifiutando sempre le offerte degli avvoltoi pronti a pagare grosse somme per accaparrarsi un locale nel centro di Sentils. Dalla sua scomparsa, l’officina era passata al fratello minore Din, che con grande orgoglio e fatica aveva deciso di mollare il suo vecchio lavoro d’ufficio per occuparsene. Jack lo aveva promesso al padre e anche se erano passati dieci anni, l'impegno preso era sempre vivo nel suo cuore.

Fece un gran respiro e cominciГІ a salire le scale che portavano al piano di sopra.

Ogni gradino su cui poggiava i piedi cigolava e quel semplice rumore, a cui il ragazzo era abituato, gli rimbombava nella testa.

Era sempre piГ№ spaventato.

Salì anche l’ultimo gradino e quel paio di minuti sembrarono un’eternità.

Jack accennò un passo, ma si bloccò prima di farlo. Vicino alla porta della sua camera c’era un foulard rosa. Non era di sua madre, almeno credeva. Decise di raccoglierlo.

S’inchinò, lo prese e lo esaminò.

Puzzava d’alcool, non un liquore, piuttosto quello usato per le pulizie.

A Jack non interessava il foulard, anche se era quasi convinto che non ci fosse quando se ne era andato. Si rispose che magari, preso dalla fretta di non perdere il bus, non lo aveva visto.

Decise di ispezionare la sua camera, entrГІ e il disordine che aveva lasciato era lo stesso.

Il pigiama era proprio arrotolato come l’aveva lasciato lui. Anche i calzini sporchi erano sul comodino sotto la lampada e il piccolo armadio di legno a due ante era aperto e in confusione come da una vita. La sedia d’ufficio con le quattro rotelle che usava per sedersi alla scrivania era ancora ricoperta dei vestiti che il giorno prima la madre gli aveva stirato e ordinato di mettere a posto. Tutto era esattamente al suo uguale.

«Che strano… Devo smettere di guardare certi film…» si disse sedendosi sul suo letto sfatto. Chiuse gli occhi, doveva scacciare dalla mente tutti quei pensieri.

La casa era vuota, non c’era motivo di preoccuparsi.

Si sdraiГІ completamente e appoggiГІ la testa sul suo morbido ed enorme cuscino.

Non si era ancora accorto che qualcuno lo fissava.

Mise le mani dietro la testa guardando il soffitto. Nell’angolo lontano, una grossa ragnatela gli ricordò di non averla ancora tolta. “Il ragno porta guadagno!” gli diceva sempre suo nonno quando, da piccolo, correva da lui piangendo per i diversi insetti presenti nella casetta vicino al lago. Grazie all’anziano, il ragazzo aveva combattuto quella terribile fobia che, per un ragazzino di campagna, non era certo il massimo.

Si era dimenticato di avere ancora in mano il foulard rosa. Lo fece scivolare sul cuscino senza accorgersene.

Mancava quasi un’ora all’arrivo di sua madre e lui doveva trovare ancora il modo di spiegarle il motivo per il quale aveva fatto tardi a scuola saltando così la gita che la donna aveva pagato anticipatamente.

Dopo pochi secondi perГІ i suoi pensieri cambiarono e la figura di Stella apparve come un raggio di luce nella sua immaginazione.

Ormai era in uno stato di dormiveglia, l’unica cosa che lo teneva sveglio era il pensiero della ragazza della seconda B.

S’immaginava insieme a lei, abbracciati sotto un albero in fiore, soli. Le carezze, i sorrisi, gli sguardi. Infine un bacio.

Era una sensazione bellissima, le sue labbra accarezzavano quelle di Stella, le sue mani poggiate sui suoi fianchi sinuosi.

Il suo respiro addosso.

Non era del tutto addormentato, sapeva bene che stava solo volando con la fantasia, ma anche se non lo stava vivendo come un vero e proprio sogno, a lui bastava.

Appoggiò la guancia sul cuscino girandosi su un lato e l’odore dell’alcool gli diede la nausea. Fra la sua pelle e la federa c’era il foulard e storcendo il naso, decise di levarlo. Non ci riuscì. Il suo corpo, paralizzato.

Un secondo dopo, stava dormendo.




2


C’era di nuovo Stella. Gli sorrideva e lo salutava.

La ragazza era in un campo di grano e lo chiamava. Una brezza leggera gli accarezzava il viso e il cielo rossastro del tramonto faceva da sfondo.

Lui perГІ stava fermo, quasi immobile.

Era felice di sentirla.

Stella era lontana, il giovane la intravedeva a malapena, abbagliato dagli ultimi riflessi del sole.

La ragazza continuava a chiamarlo sempre piГ№ intensamente, aveva una voce soave, tranquilla.

“Jack… Jack… Jack…”. Le parole si perdevano nell’aria che lo sfiorava, accompagnate da piccole e innocenti risate. I capelli si muovevano al ritmo del vento e le mani sfioravo lunghe spighe di grano duro. Era una splendida giornata, decorata dalla presenza della giovane che lo chiamava.

Un forte fischio e poi subito il silenzio.

Il sole scomparve improvvisamente dietro a un grosso banco di nubi apparse dal nulla. Una forte e improvvisa pioggia cominciГІ a cadere.

Le spighe di grano si piegarono come burro sotto quell'immane furia.

Jack, non riuscì più a vedere Stella.

L’acqua gli copriva la visuale.

Provò a raggiungere il punto in cui l’aveva vista per l’ultima volta, ma non ci riuscì.

No, non poteva lasciare che alla ragazza che amava succedesse qualcosa di male, doveva andarla a cercare.

Doveva.

Urlò il nome dell’amata a squarcia gola e all’improvviso, le gambe si mossero.

Non era piГ№ immobile, poteva correre, correre da lei.

Si gettГІ in mezzo al campo di grano. Non vedeva niente, ma sentiva ancora il richiamo della ragazza. Aveva ancora la voce serena e tranquilla.

I piedi gli bruciavano tantissimo, si fermГІ.

Solo allora si accorse di non avere le scarpe. Spostò un po’ più in su lo sguardo e capì che non aveva nessun altro indumento addosso.

Questo però non lo fermò, doveva trovare Stella. L’imbarazzo, per quanto forte, cedette all'istinto.

RicominciГІ la corsa.

La voce sembrava piГ№ vicina a ogni passo.

Jack corse ancora piГ№ veloce. La milza non doleva piГ№ ormai, la fatica era diventata parte di lui, sua amica.

Il richiamo era assordante. Jack sorrise, avrebbe abbracciato la sua amata e non l’avrebbe più lasciata. Non importava il diluvio, non importava non avere vestiti, in qualche modo si sarebbe coperto. L’unica cosa importante era raggiungerla.

Le spighe di grano erano sempre piГ№ alte, ormai piГ№ di lui.

La pioggia cessò all’improvviso. Tutt’intorno i danni della tempesta. Svariate spighe piegate a forza dalla pioggia galleggiavano spezzate nelle pozzanghere. Con i piedi immersi nel fango, scrutò affannato in ogni dove.

Jack corse ancora, ormai mancava poco.

Intravide una candida mano spuntare in mezzo alle spighe. AccelerГІ e la prese. Il contatto fu flebile.

Il campo di grano finì improvvisamente. Ora, aveva il vuoto sotto di lui.

La mano era scomparsa così com’era apparsa.

Stava precipitando nel vuoto piГ№ assoluto.

Il richiamo della giovane ora si era trasformato in un forte pianto, acuto e assordante.

Stella singhiozzava e lo chiamava.

Lui non potГ© far nulla, se non precipitare.

RicominciГІ a piovere.

Sotto di sГ© il vuoto. Voleva urlare.

Le labbra, serrate come una cassaforte.

Il suo destino, quello di continuare a cadere per l’eternità in preda al panico nel buio più profondo.




3


Il ragazzo aprì gli occhi spaventato alzandosi di scatto con il braccio destro proteso in avanti.

La maglia indossata, completamente sudata. La testa girava.

“È stato solo un brutto sogno.” si disse alzandosi dal letto.

Si guardГІ attorno spaesato.

Il suo corpo, provato come se avesse compiuto veramente le fatiche sognate.

Prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e guardò l’ora.

Era mezzogiorno.

Sua madre doveva essere giГ  arrivata da piГ№ di due ore.

Strano che non lo avesse svegliato urlandogli contro perchГ© non era andato di nuovo a scuola.

Decise comunque di non scendere subito.

Doveva lavarsi, era diventato un tutt’uno con gli indumenti che indossava.

Entrò nel piccolo bagno della sua camera e levatosi le vesti bagnate, aprì l’acqua per immergersi completamente.

Era un getto bollente, ma lui non lo sentì. Tra i vapori dell’acqua che in pochi secondi invasero il bagno, ricominciò a pensare a Stella. Quella, la prima volta che gli appariva in sogno.

Era stranito.

L’acqua continuava incessante e il corpo era tranquillo.

Jack guardò il regolatore dell’acqua. Si stupì.

Di solito si lavava con l’acqua tiepida se non fredda, soprattutto nelle giornate di sole calde come quella. Il caldo non lo sopportava.

“Si sarà rotto il regolatore.” pensò passandosi le mani tra i folti capelli neri. Restò immobile ancora per diversi minuti, fisso nei suoi pensieri. Chiuse il rubinetto e intorno a lui, i vapori acquei quasi gli impedirono di vedere dove mettere i piedi. Senza accorgersene era rimasto sotto la doccia per più di mezzora. Si sentiva strano. Non sapeva decifrare quel che provava.

Uscì dalla doccia, si asciugò velocemente e ritornò in camera sua per vestirsi.

Si accorse che il pigiama che usava gli era piccolo e decise di chiedere a sua madre se nel pomeriggio sarebbero potuti andare al centro commerciale per comprarne uno nuovo.

Ottima scusa.

Sapeva che con qualche bacio la donna poi gli avrebbe comprato altri capi.

Uscì dalla camera.

La casa era avvolta dal silenzio.

“Strano.” pensò il giovane. Poi scese le scale.

Nel salotto non c’era nessuno e guardandosi intorno spaesato vide la borsa della madre sul grazioso tavolino di cristallo che separava la televisione dal divano.

Si diresse verso la cucina, sicuramente la donna era impegnata ai fornelli.

Ma anche quella stanza, vuota. Confuso, fece per uscire quando un particolare attirГІ la sua attenzione.

Il coltello non era piГ№ vicino al lavandino.

“Lo avrà ritirato mamma.”

Se lei in casa non c’era forse era nel giardino, luogo dove passava molto tempo.

Uscì dalla piccola porta della cucina che si affacciava sul loro modesto terreno.

Anche lì però, non c’era nessuno.

RientrГІ in casa turbato. Quella che stava vivendo era la giornata piГ№ strana di tutta la sua vita.

Andò in salotto e si mise nuovamente a guardare la televisione sul divano. L’effetto rigenerante della doccia lo aveva rilassato e poggiandosi sui grossi cuscini, sentì la stanchezza, più che altro mentale, abbandonarlo lentamente. Era piacevole.

L’attenzione cadde sul tavolino di cristallo.

Il piano su cui poggiava la borsa di pelle nera della madre era sporco. Uno strano liquido rosso scuro, a delimitarne i contorni.

Si alzГІ velocemente dal divano e lo andГІ a esaminare.

“Sangue.” pensò terrorizzato.

La fronte iniziГІ nuovamente a gocciolare. Il cuore scoppiava nel petto quasi volesse liberarsi delle carni che lo proteggevano. La testa girГІ vertiginosamente. La piacevole sensazione di relax provata poco prima, svanita.

L’unica stanza che non aveva ispezionato era quella della madre.

Si fiondò di sopra facendo le scale due a due, svoltò a sinistra nello stretto corridoio e aprì la porta. Quello che vide lo tranquillizzò all’istante.

La donna era sotto le coperte.

“Sta dormendo …”. Era ancora spaventato.

«Mamma … mamma svegliati, dobbiamo pranzare.» disse il giovane sorridendo e pensando già a come salvarsi da una sicura punizione per aver marinato la scuola.

Dalle dolci labbra, nessuna risposta.

Jack si avvicinГІ e le scosse dolcemente il capo ripetendole la frase.

Nulla.

La madre non si mosse.

Un pensiero cupo lo avvolse.

“No, non può essere…”, tremò vistosamente.

LevГІ velocemente il piumone dal corpo della donna senza pensarci.

Lo scenario che gli si presentГІ davanti agli occhi fu macabro.

Il ventre della donna era aperto completamente lasciando così alla vista le viscere e gli organi interni.

Jack vomitГІ istantaneamente sul pavimento e le lacrime cominciarono a uscire inarrestabili.

Sua madre era morta, assassinata.

Le lenzuola, completamente sporche di sangue, l’avvolgevano. Solo il viso era pulito, limpido e candido come quando dormiva.

Il tempo si fermГІ.

Ogni singolo movimento del ragazzo rallentГІ. La stanza girava intorno.

Provò a urlare, ma non ci riuscì cadendo poi a terra privo di sensi e con la bocca piena di saliva.

Quando riaprì gli occhi, il corpo della madre era sparito. Restavano le lenzuola piene di sangue a testimoniare che quello a cui aveva assistito prima non era stato solo un bruttissimo incubo.

Cercò di alzarsi ma non ci riuscì, ancora bloccato sul pavimento immerso nel suo stesso vomito.

Urlare gli fu impossibile e con le tempie in fiamme, svenne di nuovo.




4


Una forte luce gli disturbava gli occhi. Li aprì.

Era in camera sua.

Non riusciva a capire. Si alzГІ di scatto rimanendo seduto sul letto.

“È stato solo un sogno?”.

Frenetico, prese il cellulare e guardò l’ora.

Erano le sette e dieci.

“È stato solo un incubo, anche se così realistico.” si rispose il giovane guardando il soffitto. Era fortemente provato dal sogno fatto. Si sdraiò di nuovo e rimase diversi minuti a fissare le pareti azzurre della propria camera senza pensare a niente. Si sentiva vuoto. In testa non aveva nessun pensiero. Tutto sembrava essersi fermato.

“Cavolo la gita. Sono in ritardo… Non posso mancare, oggi è la volta buona che parlo con Stella.”

Jack schizzò in piedi e dopo essersi lavato velocemente, si tuffò nell’armadio per poi uscirne, neanche un minuto dopo, con indosso un jeans e una felpa stropicciata.

Il terribile incubo era giГ  nel dimenticatoio.

EntrГІ in salotto.

Non c’era nessuno.

Prese le chiavi e uscì di corsa.

Il pullman perГІ aveva appena lasciato la fermata davanti casa sua.

“Corri Jack…”

Scattò velocemente verso l’altra fermata che distava circa duecento metri dall’abitazione.

Ma dopo neanche cinque metri, si bloccò all’istante guardandosi intorno stranito.

A pochi passi da lui, un cestino dell’immondizia e una vecchia signora con un cane al guinzaglio lo fecero trasalire.

“Non è possibile…” si disse sconvolto.

AspettГІ un istante.

Da un giardino poco lontano, uscì un ciclista in tenuta blu, muscoloso e pelato.

Un brivido lo trapassГІ da parte a parte. Il viso, terrorizzato.

Si voltГІ verso casa sua, tutto sembrava a posto.

Non gli importava, doveva tornare a casa. Tornò indietro e con suo grande sollievo, la porta in mogano bianca dell’entrata era chiusa.

Era ancora lì, immobile a fissare l’abitazione dal marciapiede da più di dieci minuti quando un uomo, magro e non tanto alto, si mise a osservare la casa.

L’individuo svoltò nel vialetto che portava alla porta e il ragazzo, intimorito, lo seguì con lo sguardo.

Sospirando nervosamente decise di avvicinarsi e di entrare in casa. Tutto sembrava inconsueto, molto inconsueto. ImboccГІ il vialetto.

L'uomo se ne accorse e si girГІ infastidito. Il viso era teso, completamente sudato. Da sotto gli occhiali spuntavano due occhi fini, quasi chiusi.

A quel punto il ragazzo non poteva piГ№ temporeggiare.

В«Mi scusi, lei chi ГЁ?В» domandГІ il giovane nervosamente.

«Sono… sono un amico di tua madre, è in casa?» rispose l’uomo con voce roca.

В«No! Cosa vuole da lei?В».

Di solito la madre non faceva venire nessuno a casa e tanto meno gente così.

«Niente d’importante, solo un saluto veloce.» rispose l’uomo tranquillamente.

«Mi dispiace, ma penso che lei se ne debba andare signore. Mia madre non c’è!» disse il ragazzo tutto d’un fiato indicandogli la strada.

В«Ok, non ti scaldare ragazzino, adesso me ne vadoВ»

Jack annuì soddisfatto sentendosi un vero uomo. Non aveva notato il mezzo sorriso stampato sulle labbra rugose dell’uomo.

L’individuo fece per allontanarsi quando goffamente gli caddero gli occhiali che, a detta del giovane, dovevano essere più vecchi di lui.

L’uomo s’inchinò tossendo.

Non doveva essere molto in forma, perché nel compiere l’azione il viso gli si contorse.

La mano rugosa aveva già afferrato gli occhiali quando dalla tasca interna dell’impermeabile beige, scivolò leggero e aggraziato un foulard rosa.

Jack rimase pietrificato. Combaciava tutto.

Il giovane colse velocemente il foulard inchinandosi in una frazione di secondo e facendo finta di niente, lo avvicinò al viso quel tanto che bastò per riuscire a sentirne l’odore.

Puzzava d’alcool.

«Grazie mille!» si affrettò l’uomo prendendoglielo di mano. Dopo riaverlo messo in tasca, si allontanò velocemente senza salutarlo.

Jack non sapeva che fare, la testa gli scoppiava. Era sicuro che l’uomo non fosse entrato in casa e con il cuore che pompava all’impazzata, e la fronte ormai sudata, decise di seguirlo.

La paura era tanta, ma si convinse comunque di farlo. Aspettò che lo strano individuo uscisse dal vialetto e dopo alcuni istanti lunghi un’eternità, si fece coraggio e si avviò.

L’uomo, che non aveva mostrato una buona salute, stranamente camminava a passo spedito, come se qualcuno lo stesse appunto seguendo.

Non poteva essersi giГ  accorto del ragazzo.

Jack decise in ogni caso che era meglio lasciargli ancora qualche metro in piГ№.

Le innumerevoli villette a schiera dai diversi colori, che costeggiavano entrambi i lati della strada, si susseguivano l’una dopo l’altra mentre il giovane, con andatura lenta, cercava di passare il più inosservato possibile.

Erano trascorsi piГ№ di quaranta minuti e ormai il vecchio aveva giГ  raggiunto la periferia del piccolo paesino imboccando, ogni due per tre, piccole vie poco trafficate. Con sua grande sorpresa, Jack si era mostrato un vero e proprio pedinatore, riuscendo a non destare sospetti.

Il ragazzo si teneva a debita distanza, nascosto tra i cespugli, le auto e in mezzo alle persone.

Purtroppo però l’ambiente stava cambiando, la periferia non presentava tutti i nascondigli che offriva la città.

Davanti a lui, si aprirono immensi campi coltivati e il continuo susseguirsi delle villette dai piccoli e curati giardini lasciò il posto gradualmente a case decisamente più grosse e meno curate. La periferia era ben diversa dalla città. Dove si stava dirigendo l’uomo?

L’individuo imboccò un piccolo sentiero che si tuffava in un boschetto e Jack, dopo essersi fermato dietro a una quercia per non farsi vedere, lo seguì.

Non era mai stato da quelle parti.

Il bosco, abbastanza folto, gli offrì molteplici nascondigli.

L’uomo continuò a guardarsi indietro costantemente, alternando torsioni lente del collo a quelle veloci. Questo turbò non poco il ragazzo che, dopo essersi fermato un attimo per riflettere sul da farsi, decise lo stesso di proseguire.

La folta chioma verde dei grossi e alti alberi iniziГІ a dissolversi pian piano lasciando spazio a un rigoglioso campo di grano.

Le spighe erano alte e a Jack, quel posto parve famigliare.

Il sentiero continuò e l’uomo lo percorse a gran velocità.

Dopo quasi un’ora di cammino tra le spighe di grano, senza mai percorrere la strada battuta del sentiero per evitare di essere scoperto, Jack vide in lontananza un’enorme fattoria.

Dall’aspetto sembrò abbandonata, ma l’ambiguo individuo ci si fermò proprio davanti. Si girò di scatto. Da sotto gli occhiali cominciò a esaminare i dintorni mentre il giovane, accovacciato tra le spighe, si strinse il più possibile per nascondersi.

Dopo essersi convinto che nessuno lo stesse seguendo, decise di entrare. Aprì un grosso cancello dal ferro visibilmente arrugginito e scomparve.

Jack, nascosto in mezzo a due cespugli ai piedi di un grosso albero del sentiero a quasi un centinaio di metri dall’abitazione, si stropicciò nervosamente il viso. Voleva uscire, ma la paura che l’uomo stesse ancora spiando dalle finestre diroccate della fattoria lo bloccò.

Quel luogo lo inquietava. L’immenso terreno di proprietà, recintato da un’alta griglia di ferro arrugginita e cadente, non lasciava presagire nulla di buono. Tutt’intorno, la vegetazione aveva preso il sopravvento, con cespugli ed edera che regnavano sovrani avvinghiandosi al metallo per ergersi alti. C’erano alcuni punti del recinto in cui era assente, garantendo così un'osservazione migliore. Questo però lo spaventò. Anche per il vecchio malato vederlo sarebbe stato più facile.

Aspettò quasi mezzora avvolto nei suoi logoranti pensieri poi, dopo aver dato un’ultima occhiata all’abitazione, si decise e timoroso, si voltò dirigendosi verso la città. Non riusciva a darsi alcuna spiegazione su quella strana quanto terrorizzante mattinata. L’unica cosa che voleva fare era ritornare a casa e salutare sua madre nella speranza che avesse preparato già il pranzo.




5


Erano quasi le due e mezzo del pomeriggio quando raggiunse casa.

I pensieri si erano affievoliti, lasciandogli così più tranquillità.

Aprì la porta ed entrò.

La madre, seduta sul divano, sigaretta accesa e sguardo penetrante.

«Mi ha chiamato la scuola…» disse buttando fuori il fumo dal naso.

Il ragazzo stava per raccontarle tutto, ma poi si bloccГІ.

«Scusami, questa mattina mi sono svegliato di nuovo tardi. Non ho sentito la sveglia…» rispose il giovane a voce bassa.

Sapeva che le assenze senza motivo facevano infuriare la madre, ma se gli avesse raccontato la veritГ , la donna lo avrebbe portato sicuramente da uno psicologo.

Decise di salire in camera sua a pensare.

Doveva ritornare in quella fattoria, sapere chi era quell’uomo e se era lui l’assassino del sogno. Una cosa non gli tornava, il tempo.

Nei sogni che aveva avuto, non era definito ma confusionale. Non era riuscito a capire quanto fossero durate le visioni. Nella realtГ , si era sentito spiazzato e non a suo agio.

Voleva confidarsi con qualcuno, solo che Max, il suo migliore amico e compagno di classe, era in gita.

Sarebbe arrivato in paese alle cinque. Doveva andarlo a prendere.

Erano quasi le tre e un odore di pesce salì forte dalla cucina.

Il pranzo era pronto. Era consuetudine, durante la settimana, pranzare così tardi. La madre, infermiera nel piccolo ospedale di Sentils, aveva orari massacranti e a volte, grazie ai turni, riusciva ad arrivare a casa per pranzo non prima delle due.

Andò in bagno per lavarsi le mani ma poi, guardandosi allo specchio cominciò a sciacquarsi la faccia velocemente nella speranza che l’acqua gelida lo svegliasse da quell’incubo strano.

La tavola era apparecchiata e il cibo fumava caldo nel piatto.

La donna, giГ  seduta. Per lei, niente piatto, solo un lungo e sottile bicchiere pieno di vino rosso.

Jack sapeva che la madre era infastidita dalla sua assenza a scuola, soprattutto perchГ© avevano pagato anticipatamente la gita.

Era a conoscenza che da un po’ di tempo ormai le spese erano aumentate e che la madre per riuscire ad arrivare a fine mese faceva gli straordinari.

Non gli negava niente, piuttosto lavorava due ore in piГ№ al giorno.

Jack consumò il suo pranzo, un delizioso filetto di tonno accompagnato da grosse patate al forno. La donna era un’imbattibile cuoca. Quando finì, si alzò abbracciandola in silenzio.

Anche lei non si pronunciò. L’abbraccio durò pochi secondi nei quali, però, entrambi trovarono sollievo.

Il giovane risalì nella sua camera ricordando ancora il vecchio divenuto ormai un pensiero fisso.

Decise di andare su internet e di cercare informazioni sul terreno dove sorgeva quella tenebrosa fattoria.

La mattina, quando stava ritornando verso casa, aveva letto il nome della zona boschiva su un cartello vecchio e arrugginito ricoperto da una modesta quantitГ  di muschio.

Subito non trovò niente d’interessante, fin quando, dopo aver aperto un sito capitatogli sotto gli occhi per caso, trovò un articolo di giornale:



DAL “NEW SENTILS” DEL 1950

Articolo a cura di Sara Linder.



“TRAGEDIA …

Una terribile vicenda ha coinvolto la giovane comunitГ  di Sentils. Omicidio nella fattoria dei Trevor. La proprietaria ГЁ stata trovata sgozzata nel letto della propria casa, il marito ГЁ distrutto.

La donna, oltre a lasciare il compagno, lascia due splendidi bambini di neanche un anno. Gli investigatori non hanno alcun indizio, le indagini sono ancora acerbe ma l’intera comunità confida nelle competenze delle forze dell’ordine già impegnate per risolvere il caso al più presto.”

Jack rilesse due volte l’articolo, poi pensò di indagare sul nome della giornalista che lo aveva scritto.

Anche quella ricerca non fu facile. Erano notizie vecchie di oltre mezzo secolo, di un piccolo paesino e a molti sconosciuto.

Dopo una mezzora abbondante di navigazione su internet, il giovane riuscì a trovare l’ultimo indirizzo a carico della giornalista.

Queste due ricerche gli avevano portato via più di un’ora. Erano le quattro e mezza del pomeriggio e a distanza di mezzora, sarebbero arrivate le due classi dalla gita. Doveva parlare assolutamente con Max e il suo non rispondere al telefono lo costrinse a raggiungerlo.




6


Uscì di casa spensierato. Fortunatamente, la madre non lo aveva messo in castigo per non essere andato a scuola.

In fin dei conti era veramente brava, non riusciva mai a essere arrabbiata con lui per più di un’ora.

All’improvviso, un morso al cuore lo bloccò.

Dal nulla, le immagini atroci del sogno che aveva fatto gli invasero la mente. A farlo nuovamente tremare, le uguaglianze con la realtГ  di quella mattina.

Non riuscì a immaginare un mondo senza la sua adorata e bellissima mamma.

Cercò di scacciare via quegli orribili pensieri scuotendo ripetutamente il capo. L’unica cosa importante era che la madre stava bene, tolta ovviamente l’immensa stanchezza dovuta ai turni massacranti al lavoro. Non poteva arrovellarsi le meningi in preda a una paura irreale dovuta a un sogno maledettamente strano e contorto. Certo, avrebbe continuato a indagare, voleva sapere chi era quel vecchio e cosa voleva da sua madre, ma doveva pensare in modo positivo.

L’unica cosa che non riusciva a spiegarsi, e che non si era ancora chiesto, era come fosse possibile l'aver sognato proprio quello che poi era successo. Questo voleva dire che aveva salvato la vita a sua madre?

O magari era stata solo pura coincidenza?

Una cosa era certa, la donna godeva di ottima salute. Quindi, in qualche modo aveva cambiato il futuro?

Doveva approfondire le indagini sui sogni e sui loro significati e dopo aver parlato con l'amico, avrebbe spulciato il web alla ricerca di nuove risposte.

Immerso nei suoi pensieri, arrivò nel piazzale davanti alla scuola, dove, nell’arco di dieci minuti, sarebbero arrivati i due pullman. L’edificio scolastico, che grazie agli sforzi del comune era sempre in buono stato, lo opprimeva ogni volta. Jack non era fatto per seguire le regole e tanto meno quelle scolastiche. Fin da piccolo, aveva mostrato un carattere estroso e vivace, seminando il panico tra le maestre d’asilo, fino a far impazzire, ormai cresciuto, anche quelle delle medie e delle superiori. Era più forte di lui, la sua mente era sempre attiva e come tale, aveva un bisogno costante di svaghi. Stare fermo per sei o sette ore, seduto su una scomoda sedia di legno e di metallo davanti a un piccolo banco a fissare la lavagna o il professore di turno, proprio non gli riusciva. Era solito assentarsi durante le lezioni trovando sempre diecimila scuse. Aveva bisogno di muoversi, anche solo nei corridoi, ma stare fermo per così tanto tempo era impossibile. La giovane madre infatti, che inizialmente aveva storto e non poco il naso per iscriverlo in palestra, si era convinta, sotto il suggerimento di alcuni colleghi, ad accettare la richiesta del figlio, convinta che il grande e continuo sforzo fisico avrebbe aiutato il ragazzo a sfogare le energie migliorandone così il comportamento a scuola. Malgrado come idea sembrasse perfetta, Jack continuò a mostrare un forte senso di rifiuto verso l'istituzione scolastica.

In quei dieci minuti, un bellissimo pensiero lo catturГІ.

Stella.

Rivide loro due sotto l’albero in fiore, le carezze, gli abbracci e il bacio. Tutto era perfetto. Anche quel sogno aveva dell’incredibile.

Il forte rumore del clacson, lo fece tornare alla realtГ .

Senza accorgersene, si era fermato nel parcheggio riservato al pullman.

AlzГІ lo sguardo spaventato ritrovandosi le decine di sguardi degli studenti puntati addosso, sentendone chiaramente le risate.

Come sempre, aveva attirato le attenzioni su di lui.

Si spostГІ goffamente sul marciapiede e aspettГІ che Max scendesse dal veicolo.

Un ragazzo basso, tarchiato e ansioso, scese per primo le scale del pullman verdastro. Un sorriso enorme stampato sul viso tondo come un pallone lo rallegrГІ istantaneamente. Era Max, il suo migliore amico.

В«PerchГ© non sei venuto? Sai, ГЁ stato veramente bello, abbiamo visto una grotta antica, della preistoria.В» iniziГІ a macchinetta il giovane con il viso fortemente scottato dal sole.

«È stato veramente stupendo, una giornata fantastica.

Ho litigato con Tom Dinner, per poco non gli tiravo un pugno, sai ho visto una volpe, era bellissima e …»

«Calmati Max, calmati lo so, dev’essere stato tutto bellissimo ma adesso ti devo raccontare io qualcosa di veramente importante. Andiamo al rifugio.», lo interruppe Jack sorridendo ironicamente nel vederlo tirar fuori dalle tasche due barrette al cioccolato.

Con un gesto istantaneo, l'amico gliene porse una senza neanche chiederglielo. Era tipico del giovane girare sempre con le scorte di cibo ovunque andasse, tanto più, per una gita di una giornata intera. Nel pensare alle miriadi di merendine e snack, accompagnate da chissà quante bevande e panini che l’amico si era sicuramente portato quel giorno, Jack scoppiò a ridere di gusto. Quello, il primo sorriso della giornata.

I due si stavano avviando quando due mani rugose si appoggiarono sulle loro spalle.

В«Dove pensate di andare brutti scansafatiche?В». La professoressa Lort, in ghingheri con uno dei suoi soliti completi appartenenti a mode preistoriche, li aveva raggiunti silenziosa come un serpente afferrandoli saldamente.

«Salve professoressa…» si affrettò Jack stampandosi un finto e cordiale sorriso sulle labbra.

В«No, stavamo andando a casaВ» continuГІ Max velocemente.

«Voi due non me la raccontate giusta, sento l’odore di una bugia lontano anche un chilometro» li rimproverò la donna paonazza.

Non aveva mai sopportato Jack e per forza di cose anche Max che da sempre lo seguiva ovunque.

Non li lasciava respirare tenendo sempre i piccoli e maligni occhi puntati loro addosso.

Dopo un momento di silenzio, la professoressa piantГІ il suo sottile e velenoso sguardo su Jack.

В«E lei signorino, dove ГЁ stato di bello oggi? Sa, sarГ  la vecchiaia, ma io sono sicura di non averla vista in gita insieme ai suoi compagni. Me lo sa spiegare?В». Concluse la vecchia con un ghigno nervoso sulle labbra.

В«Mia madre ha parlato con la scuola giГ  questa mattina giustificando la mia assenzaВ». Rispose velocemente alzando le spalle.

В«Starei ancora qui a parlare con lei prof ma devo andare o farГІ tardi a casa. Salve. E complimenti per il suo look, magnifico come sempre!В». Concluse Jack spavaldo prendendo sottobraccio l'amico.

Era proprio per questo suo atteggiamento che si era guadagnato l’antipatia della Lort, e non solo.

La vecchia professoressa di letteratura rimase spiazzata da quella risposta. Avrebbe preferito avvisare lei la madre del ragazzo, così da poterle suggerire anche una bella punizione.

Lasciata alle spalle la Lort, i due si avviarono verso il loro rifugio. La scorbutica professoressa, ancora infastidita, li osservГІ fin quando, dopo essersi girati facendole un inchino, i due amici sparirono dietro a un angolo imboccando una piccola stradina.

В«Devi sempre esagerareВ», scoppiГІ a ridere Max a bocca aperta mostrandogli la pastura di cioccolato e saliva appiccicata tra i denti.

«Non ce l'ho fatta. Ma l’hai vista bene? Si veste come un dinosauro, io non capisco perché nessuno le dica nulla. Lo dico per il suo bene, sai?», entrambi si lasciarono andare ridendo di gusto.

Per lei, Jack ne aveva sempre una pronta.

«Per non parlare del suo alito, credo che segua una dieta a base d'aglio, è l’unica spiegazione. Se mai ci fosse un’invasione di vampiri, beh, lei si salverebbe», concluse il giovane scartando la sua barretta.

Max, ancora con la bocca piena, non riuscì a controllarsi e ridendo, sputò metà di quel che stava masticando a terra ridendo così ancor di più.

Erano passati pochi minuti da quando aveva incontrato l’amico e già tutto, gli sembrò meno pesante di prima.

Erano amici da sempre, stesso asilo, stessa materna e così via fino alle superiori. Il loro, un forte legame, indissolubile. La genuinità del paffuto amico e l’aspetto comico lo rendevano il compagno di giochi perfetto. Di grossa corporatura, Max era il classico ragazzino sovrappeso. Ma la parte migliore era il viso: tondo come una padella, pallido e ricoperto da decine di lentiggini interrotte solo dai due occhioni azzurri. Il tutto, sormontato da un folta chioma di ricci capelli arancioni arruffati costantemente. Solo a guardarlo, chiunque si faceva scappare un sorriso. Totalmente diverso dagli altri classici ragazzi stupidi e altezzosi, aveva trovato in lui l'amico ideale. Insieme, non avevano bisogno di nessun altro. Bastavano loro due per riempirsi le giornate, costantemente accompagnate da continue risate.

Un giorno, camminando nel boschetto dietro la scuola, avevano trovato quella piccola costruzione in legno usata in passato dai giardinieri dell’istituto per depositare gli attrezzi da lavoro.

Abbandonata da anni e ridotta uno straccio, i due l’avevano sistemata come avevano potuto, ribattezzandola poi “Il Rifugio”. Un luogo perfetto in cui passavano, da un paio d’anni, le loro giornate quando non volevano essere disturbati da nessuno. Tutt’intorno la vegetazione, non più curata dai giardinieri, aveva ormai preso il sopravvento creando così delle mura naturali che lo nascondevano alla vista degli altri. Dopo i primi tempi in cui l’avevano adoperato, avevano deciso di renderlo più ospitale. Pulito e arredato con vecchie sedie e un piccolo tavolo portati in spalla, era diventato il loro luogo speciale. Sulle pareti, i poster dei loro film preferiti, tra cui i polizieschi di Jack e gli innumerevoli fantasy di cui entrambi andavano pazzi. L’unico problema era raggiungerlo. Per arrivarci dovevano passare dal cortile della scuola, per poi intrufolarsi in uno squarcio della rete metallica che delimitava il giardino scolastico e da lì, immergersi tra gli alberi e i cespugli della vecchia porzione di terreno un tempo dell'istituto.

«Sai Max, oggi mi è successa una cosa stranissima …» gli disse Jack entrando nella casetta attirando così subito la sua attenzione.

Il giovane raccontГІ per filo e per segno ogni cosa, tranne il sogno con Stella. Quella, la prima cosa non detta da sempre al paffuto amico.

«Wow, non so che dire. È davvero una cosa strana, non riesco a capire come tu possa aver sognato quello che poi hai vissuto, anche se poi, da quello che mi hai detto, l’hai modificato e hai salvato la vita a tua madre… fantastico», commentò Max sbalordito. La semplicità di quel ragazzo, a dir poco unica.

«Non so se ho salvato la vita a mia madre, so solo che ho rivissuto il mio sogno, anche se in modo diverso. Non sono finito contro il bidone, addosso alla vecchia e al ciclista, eppure sono sicuro che l’avrei fatto se non avessi saputo cosa sarebbe successo a mia madre».

Confuso, Jack si scompigliГІ i capelli sperando di venirne a capo in qualche modo.

«Poi ho seguito quello strano individuo in mezzo al bosco della periferia…

Mi sono informato e ho scoperto che, anni a dietro, in quella vecchia fattoria ГЁ successa una macabra vicendaВ».

Max, tremendamente rapito dal discorso, ascoltava senza battere ciglio, continuando a mangiare quasi fosse davanti all’immenso schermo del piccolo cinema di Sentils, dov’erano soliti andare ogni qualvolta usciva un film degno della loro critica attenzione.

В«Domani ho intenzione di tornarci ed entrare in quella fattoria. Che dici Max ci stai?В», terminГІ Jack cercando approvazione.

В«Ma certo fratello, vengo dove vuoi.В»

Jack si rilassò sorridendo nel sentire quelle parole. Non era più solo e la sicurezza di andare fino in fondo a quella faccenda si solidificò enormemente. Il paffuto amico non lo aveva deluso e come succedeva da che aveva memoria, per ogni cosa, lui c’era e viceversa.

I due ripercorsero la strada passando nuovamente come due abili ladri nel cortile della scuola per poi scavalcare il muretto che la separava dalla strada.

В«Bene, ГЁ tardi, domani mattina vieni a prendermi per le sette e mezza?В», lo invitГІ Jack salutandolo con una stretta di mano per poi avviarsi verso casa.

«Ok fratello, a domani!». Queste furono le ultime parole di un discorso durato più di un’ora.

Jack, svoltato l'angolo, sorrise allegramente. Appartenevano a famiglie diverse, ma in tutto e per tutto si ritenevano l’uno il fratello dell’altro. La loro, un’invidiabile amicizia fondata sull’onestà.




7


Il sole ormai aveva finito il suo turno giornaliero e nel cielo cominciavano a spuntare qua e lГ  i primi corpi celesti mentre una splendida luna, secondo dopo secondo, diventava sempre piГ№ luminosa.

Jack, tornando a casa, ricominciГІ a pensare a lei.

Non si era mai accorto, come in quel giorno, che l’amava dal profondo del cuore.

Era in seconda liceo, ma conosceva Stella dalla prima media. Avevano frequentato lo stesso istituto ma in due classi diverse.

Lui si era subito accorto di lei e giГ  dal primo momento, aveva cominciato a nutrire un forte sentimento nei suoi confronti.

Lei invece, nei tre anni delle medie non lo aveva mai calcolato. Forse era anche quello a rendere così ossessiva la sua passione.

Jack era un ragazzo timido che preferiva stare da solo piuttosto che provare a conoscere dei nuovi ragazzi.

Girò l’angolo in fondo alla via di casa quando riconobbe, vicino alla sua abitazione, una figura in lontananza.

Trasalì.

All'ombra del lampione, di nuovo lui, il vecchio.

La figura si accorse della sua presenza. Voltandogli le spalle, si diresse verso il fondo della via che si tuffava nella piazza del mercato.

Jack guardò l’ora sul cellulare. Erano le sette meno venti, il suo coprifuoco era ancora lontano. Aveva cinquanta minuti a disposizione. Senza pensarci, e stupendosi del suo coraggio, decise di riseguirlo.

AumentГІ il passo.

La figura aveva già svoltato l’angolo e ora si trovava nella piazza dove ogni mattina c’era il mercato.

Jack arrivò all’incrocio quando un senso di vertigini lo bloccò.

Aveva paura.

Quell’uomo lo terrorizzava. Il grosso impermeabile gli copriva il corpo. L’unica cosa che riuscì a notare fu una marcata protuberanza nella schiena. Doveva essere una gobba. Stupito di non averla notata la stessa mattina sotto la luce del sole, rimase senza idee, indeciso sul da farsi.

La protuberanza influiva sulla camminata, rendendola lenta e ondulatoria.

Il giovane fece un lungo respiro e svoltò l’angolo.

La piazza a quell’ora era quasi deserta. Tutti, ormai nelle proprie case.

Le uniche presenze in quella desolazione erano il netturbino Dork e l’immancabile Miles, il senzatetto dai folti quanto pazzi capelli bianchi che ormai abitava da più di cinque anni sotto l’albero vicino alla fontana centrale.

L’opera, realizzata da uno dei primi architetti della città, brillava bagnata dagli spruzzi d’acqua sotto i raggi della luna nascente. Con la base esagonale, che grazie ai sei lati forniva molteplici punti di sosta per i cittadini, presentava, nel centro, una grossa statua scolpita nel verde marmo pregiato delle zone limitrofe. L’intera struttura godeva del prezioso minerale. Un tenero bambino impugnava in entrambe le mani, rivolte verso il cielo, due grossi innaffiatoi, dai quali svariati getti schizzavano in alto per poi ricadere su se stessi

Del vecchio gobbo, nessuna traccia.

Jack decise di raggiungere la fontana. Da lì, avrebbe potuto analizzare meglio la situazione.

Nonostante l'estate alle porte, l’aria pungente di quella sera lo costrinse a tirarsi su il cappuccio del suo giubbino nero.

Raggiunto il monumento, non riuscì ugualmente a vedere dov’era finito l’uomo e arreso e turbato per l’ennesima stranezza di quel pazzo giorno, si avviò nuovamente verso casa.

“Almeno sono in anticipo” si disse Jack voltandosi verso la piazza per l’ultima volta.

ImboccГІ la via di casa quando, per avvisare la madre del suo arrivo, si accorse di aver perso il cellulare.

Scosse il capo imprecando.

«La fontana!» esclamò voltandosi speranzoso. Era stanco e non aveva nessuna voglia di tornare indietro ma di certo non poteva lasciare lì il suo telefono.

La madre aveva fatto un enorme sacrificio per regalarglielo. Era l’ultimo modello e non poteva assolutamente perderlo.

Ritornato nella piazza, affannato per l’andatura veloce, lo ritrovò ai piedi di uno dei sei lati marmorei. Decise di sedersi sul bordo leggermente umido della struttura. Al coprifuoco, mancavano ancora trenta minuti e l’arietta gelida che tirava in piazza lo aveva avvolto procurandogli quei brividi che a lui piacevano tanto.

Restò lì per un bel po', senza pensare a niente, facendosi accarezzare da quel vento così penetrante quanto confortevole. Mancavano pochi minuti alle sette e mezzo. Non si era accorto del tempo trascorso.

Si alzГІ per andarsene quando la sua attenzione fu attirata da Miles, il senzatetto che, allegro e nel suo mondo, stava giochicchiando con un foulard rosa.

«Ciao Miles, dove l’hai preso quel foulard?» domandò il giovane con un tono che non riconobbe neanche lui.

«Ca… ca… calmati ra … ragazzo» balbettò l’uomo infastidito.

«L’ho trovato per terra e adesso è mio, però se lo vuoi te lo do per dieci monete.

Che dici ci stai amico? Г€ un affare!В», concluse il senzatetto speranzoso.

«Mi dispiace Miles ma non ho il portafogli con me. L’unica cosa che vorrei sapere è dove l’hai trovato, mi faresti un grosso favore» rispose il giovane con tono amichevole.

«Gua… Guarda l’ho trovato giusto mezz'oretta fa. È caduto a quello strano signore gobbo, io l’ho trovato, non è più suo.

Poi che se ne fa lui di un fazzoletto rosa? Ricco com’è non se ne accorgerà mai», lo strinse forte tra le mani per paura di perderlo.

В«No, figurati ormai ГЁ tuo a tutti gli effettiВ», lo assecondГІ Jack.

В«E perchГ© dici che ГЁ ricco?В», era incuriosito.

В«PerchГ© ha u.. una ca.. casa bellissima, proprio lГ , sopra al bar.

Sai quello una volta era il mio appartamento, poi però ho scelto di andarmene. Volevo provare nuove esperienze, girare il mondo». Miles stava come al suo solito delirando. Gli aveva comunque dato un’ottima informazione.

Quell’appartamento era stato da poco ristrutturato da una ditta edile della zona e dalle voci che giravano per il paese, il prezzo di quel vecchio appartamento era aumentato vertiginosamente dopo i lavori.

Jack doveva saperne di più su quell’individuo.

Ormai era tardi. Avrebbe fatto arrabbiare la madre per la seconda volta in un giorno.

Il vento si alzГІ portando dal nord una grossa coltre di nubi.

L’indomani, sarebbe piovuto quasi sicuramente.

Arrivato a casa, trovò la madre appisolata sul divano. Capitava sovente che la donna, dopo le giornate stremanti al lavoro, si addormentasse nel salotto con la televisione accesa. Nel vederla, così tranquilla e immersa completamente nei suoi sogni, il giovane decise di non svegliarla. I lunghi capelli neri poggiavano sul morbido cuscino blu e in quell’istante, nell’assoluto silenzio di quel momento, Jack tremò. Il pensiero cadde sul macabro e terribile sogno fatto la mattina. Chiuse gli occhi per un istante e scacciò via quelle orribili immagini che, come una cascata, lo avevano nuovamente travolto. La guardò ancora per alcuni secondi e cercando di non fare rumore, salì in camera sua per togliersi di dosso i vestiti ormai sporchi a causa dei percorsi fatti durante il giorno. Dalla finestra, la luna e le stelle, coperte leggermente dalle nubi, erano ancora ben visibili. Quello, uno spettacolo per un giovane sedicenne timido e romantico come lui. Fin da piccolo il cielo lo aveva sempre attratto. Il sole, un’immensa palla di fuoco dalla vita quasi infinita, regnava nei cieli durante il giorno solo per riposare al calar della notte, per far posto alla sua compagna, un’altra sfera brillante che illuminava in un modo meno intenso e più avvolgente il firmamento. Il padre ogni sera gli raccontava storie fantastiche, molte delle quali avevano come protagonisti i due enormi corpi celesti. Per lui era sempre stato un grande piacere ascoltare la lenta e penetrante voce del padre appallottolato sotto il grosso piumone blu scuro, proprio come la notte. E quando Robert non gli narrava di loro, i protagonisti erano esseri magici, dai diversi poteri, abitanti di mondi fantastici e lontani. Nei primi anni di vita, appassionato dalle storie del padre, Jack si perdeva, poggiato sul davanzale della sua piccola finestra, a osservare il cielo e i suoi abitanti, immaginandoseli socchiudendo gli occhi, in quei posti mistici e lontani. Anche le stelle lo lasciavano a bocca aperta.

“Le stelle, piccolo mio, non sono altro che le figlie e i figli del sole e della luna” raccontava Robert seduto sul suo letto passandogli la mano fra i capelli, all’epoca lunghi fino alle spalle.

“E perché di giorno non si vedono?” domandava sempre lui incuriosito.

“Perché durante il giorno, il loro padre, il sole, protegge i cieli aiutato dalle sue fidate guardie, le nuvole, mentre la sua amata e i suoi piccoli vivono le loro vite. Alla fine di ogni giornata, quando ormai i cieli sono al sicuro, lascia loro tutto lo spazio per dormire sonni tranquilli, sempre sotto l’occhio vigile e protettivo delle grandi nuvole. Lui, stanco va a riposare per poi essere pronto per il suo compito il giorno seguente.” L’uomo lo coccolava amorevolmente tutte le sere mentre la moglie, la maggior parte delle volte, era impegnata in ospedale con i turni notturni.

“Che bravo che è. Dev’essere un duro compito per lui, vero papà?”, sorrideva Jack stringendosi tra le coperte e godendosi le carezze.

“Vedi figliolo, tutti i padri sono così, vegliano costantemente sulla propria famiglia per proteggerla e aiutarla sempre. Quando anche tu sarai grande e avrai la tua famiglia, ti comporterai proprio come il sole e ti prenderai cura della tua amata e dei tuoi figli.”

Nel sentire quelle parole il bambino si illuminava sempre, sognando un giorno di essere forte e valoroso come il sole e come suo padre.

“Sei il mio sole allora papà” disse una sera d’estate sorridendogli.

“Certo, amore mio, e non smetterò mai di vegliare su di te e sulla mamma, mai” rispose l'uomo con gli occhi lucidi pieni di gioia e commozione.

“Ma non dimenticare una cosa importantissima, figlio mio” gli disse indicando il cielo della notte.

“Anche la luna, madre delle stelle, veglia sui suoi figli e per lei vale la stessa regola del marito. Proteggere la famiglia.” E nel ricordaglielo sorrideva sempre pensando alla fortuna di aver sposato una donna formidabile che gli aveva donato un figlio eccezionale.

Jack ascoltava sempre a bocca aperta, rapito dalla magia delle storie che l’uomo gli raccontava con tanto amore.

Ma ora, non era più un bambino e nel ripensare a quelle splendide serate passate in compagnia del padre, si strinse in se stesso cercando di immaginare ancora una volta quelle splendide carezze che lo accompagnavano nel sonno e che da anni ormai non c’erano più.

La promessa fatta prima della sua scomparsa era ben incisa nella sua mente e nel suo cuore. Con la sua assenza, ora era diventato lui il sole della famiglia e come tale, doveva proteggere la sua adorata madre.

Quando scese in salotto per svegliarla, le raccontò che era arrivato una ventina di minuti prima e che aveva preferito lasciarla dormire ancora un po’. Ancora assonnata, la madre gli sorrise abbracciandolo e si alzò per preparare la cena che, come al solito, si rivelò stupendamente squisita.

I due cenarono tranquillamente e la donna, che passava sempre poco tempo con il figlio, iniziГІ a fargli qualche domanda sulla sua vita privata.

В«Max si ГЁ divertito alla gita?В»

«Sì e avrei voluto andarci anche io. Scusami, ti ho fatto sprecare dei soldi. Non ho proprio sentito la sveglia», si scusò Jack prendendo con la forchetta l’ultimo pezzo di pollo al limone dal suo piatto.

«Non preoccuparti, l’importante è che da oggi non si ripeta più. Dopodomani ho il pomeriggio libero prima della notte. Andremo a comprare una sveglia di quelle fastidiose e rumorose, così riuscirai a svegliarti anche se stanco dagli allenamenti.» rispose la donna sorridendogli per poi mandare giù una lunga sorsata di vino rosso.

«Va bene, andremo insieme. Non vedo l’ora».

Il giovane adorava trascorrere il tempo libero con lei.

В«A proposito, come sta andando la preparazione fisica per le gare del prossimo mese?В»

«Bene, sono massacranti, ma i risultati si vedono già e per l’inizio delle gare, sarò in forma pronto a fronteggiarmi con tutti», le strizzò l’occhio il giovane convinto delle proprie abilità.

La donna, che una volta al mese riusciva ad andare a vedere gli allenamenti, sorrise orgogliosa. Parlava sempre con il maestro e a detta sua, Jack era nato per quello sport. Con il suo fisico snello e le lunghe leve per la sua età, riusciva a sfoderare colpi decisivi dove gli altri non arrivavano, neutralizzando così le difese dei suoi avversari.

La cena era sempre il momento per una sana e bella chiacchierata e il ragazzo se la godeva pienamente ogni volta. La madre non andava mai oltre alle domande generiche, lasciando così la giusta privacy al figlio, che quando ne aveva bisogno le raccontava spontaneamente ogni cosa. Di Stella, la ragazza per cui perdeva la testa da anni, non le aveva mai accennato nulla, forse per il semplice fatto che con lei non aveva mai avuto un vero e proprio contatto. Si era comunque convinto che, in uno dei giorni seguenti, glielo avrebbe detto. Sicuramente, avrebbe ricevuto qualche consiglio utile per combattere la sua forte timidezza e andarle finalmente a parlare. Il sol pensiero gli faceva tremare le gambe e gli contorceva lo stomaco. Parlarne voleva dire trasformare i suoi pensieri in realtà, una realtà in cui lei gli era tremendamente distante. La paura e la tensione erano sempre al massimo quando si trattava dell'amata.

Dopo aver aiutato la madre a sparecchiare e lavare i piatti, entrambi si misero sul divano davanti a una delle puntate della terza stagione di una nota serie poliziesca, per la quale la donna, a furia di guardarla con il figlio, nutriva un certo interesse. Dopo poco tempo perГІ, entrambi caddero in un sonno profondo, stanchi delle rispettive giornate.




8


Un rumore fastidioso gli penetrГІ i timpani e sbuffando, dopo essersi portato il cuscino blu del divano alle orecchie, si alzГІ frastornato. Era il campanello, Max era arrivato.

Nell’alzarsi, con gli occhi ancora semi chiusi, si accorse di aver passato la notte in salotto. La madre, svegliatasi poi dopo poche ore nel cuore della notte, aveva deciso di non disturbarlo e di prepararsi in silenzio per andare al lavoro, dove l’attendeva il consueto turno massacrante.

Erano le sette e mezzo in punto e dalla piccola finestra vicino all’ingresso, i raggi del sole entravano timidi.

В«Puntuale come un orologioВ» disse Jack assonnato aprendo la porta.

В«Ciao anche a te, allora che facciamo andiamo in periferia?В» il paffuto amico, fresco come una rosa, entrГІ gettandosi sul divano sorridente.

В«Certo che andiamo, devo solo preparami.В»

Il giovane salì le scale e si chiuse in bagno uscendone dopo pochi minuti, con la faccia ancora bagnata. L’acqua fresca del rubinetto non aveva quasi mai gli effetti sperati, lasciandolo ugualmente stordito almeno per le prime due ore da quando apriva costantemente controvoglia gli occhi.

I vestiti erano ancora dove li aveva lasciati la sera prima, arrotolati sulla sedia.

Quando scese le scale, Max era ancora sul divano ma con un grosso panino tra le mani.

«Sono neanche le otto e sei già lì che mangi, guarda che prima o poi esplodi» disse Jack grattandosi la testa sbadigliando. Per lui era praticamente impossibile far colazione appena sveglio. Il semplice odore del cibo gli penetrava nelle narici fastidiosamente. Il suo maestro, un piccolo uomo orientale dal fisico impeccabile, insisteva, come d'altronde la madre, per fargli capire l’importanza di quel pasto.

“Abbiamo bisogno della nostra benzina anche il mattino. Dobbiamo aver cura del nostro corpo, esso è il tempio della nostra anima e preservarlo nelle migliori condizioni è un nostro dovere” ripeteva sempre l’uomo quando affrontavano il discorso. Jack, sollecitato vivacemente, ci aveva anche provato. I saggi consigli del maestro erano sempre presi alla lettera molto seriamente. Una mattina, convinto più che mai, provò a far colazione con una piccola tazza di latte accompagnata dai suoi cereali preferiti, quelli al cioccolato. Il tentativo, per quanto delizioso, fu un vero buco nell’acqua, portandolo subito ad avere una terribile nausea per l’intera giornata, passata poi con i crampi allo stomaco. Quella fu l’unica volta in cui provò e al posto di aiutarlo, aumentò il suo rifiuto verso il cibo mattutino.

L'amico, a differenza, già alle prime luci dell’alba divorava ogni cosa. Dai dolci ai cibi salati, senza distinzioni. Era un’autentica macchina divoratrice.

I due si guardarono per un secondo e poi scoppiarono a ridere allegramente.

Usciti di casa, Jack si guardГІ intorno con estrema attenzione. I fatti del giorno precedente erano ancora ben vivi nella sua mente.

«Cosa stai facendo? Aspetti qualcuno?» chiese Max inghiottendo l’ultimo pezzo del suo enorme panino al tacchino immerso nella maionese.

«No, tutto a posto», si limitò il giovane dando l’ultima occhiata. I due imboccarono la strada e si avviarono verso la piazza del mercato. L’aria del mattino, fresca e rigeneratrice, lentamente svegliò del tutto Jack che, con grande sollievo, si passò le mani tra i folti e ondulati capelli corvini. Arrivati nella piazza dove i mercanti avevano già montato le loro bancarelle, decisero di sedersi su una panchina sotto i portici del comune che faceva da sfondo alle attività commerciali quotidiane. Da lì potevano osservare, senza essere visti, la porta del palazzo dove, a detta del povero Miles, abitava il vecchio gobbo.

Vista l'ora, l’uomo non doveva ancora essere sceso. Intendevano aspettarlo, così da poterlo seguire nella speranza di riuscire a capire qualcosa di più sul suo conto.

Nonostante il sole avesse intrapreso giГ  da tempo il suo viaggio verso ovest, del vecchio, nessuna traccia.

Max stava addentando il quinto panino quando la porta della palazzina vicino al bar si aprì lentamente.

Ne uscì una figura gobba e malandata, era lui.

L’uomo si guardò attorno analizzando bene la piazza e Jack, d’istinto, diede all'amico una leggera gomitata, forte al punto giusto per farlo rannicchiare. I due si nascosero velocemente dietro a una delle venti colonne che segnavano il perimetro della facciata principale del comune.

Il gobbo attraversò la piazza come un’ombra superando la meravigliosa fontana di marmo per poi raggiungere la parte opposta. Si guardò ancora intorno sospettoso e dopo essersi accertato che nessuno si fosse accorto della sua presenza, si avviò verso casa di Jack imboccando la strada che i due avevano percorso da neanche un paio d’ore. Il giovane non si stupì, ma venne scosso da dei brividi lungo la schiena.

Quell’uomo voleva qualcosa da sua madre, doveva saperne di più.

La speranza era che il sogno non si avverasse. Non credeva possibile una cosa del genere, era assurdo, ma la paura non ne voleva sapere e, aggressiva, gli strinse lo stomaco.

Per lui, il destino aveva altri piani.

I due ragazzi si gettarono veloci nella piazza rimanendo però sui lati, cercando così di non essere visti. La città era piccola e non volevano assolutamente che qualcuno li notasse. I loro genitori non dovevano sapere in nessun modo che entrambi avevano marinato la scuola. Sarebbe stato impossibile spiegare il motivo di quell’assenza e nessuno li avrebbe presi sul serio. Superato il mercato, rimanendo nascosti tra un cespuglio e l’altro, arrivarono in pochi minuti all’imbocco della strada che portava verso la sua abitazione. Lontano un centinaio di metri, la sagoma del vecchio.

Nel vederlo camminare così lentamente, Jack s'insospettì.

«È davvero inquietante, sai?».

Max buttò la carta del panino nel bidone dell’immondizia ripulendosi nervoso la bocca dalle briciole.

В«Lo so amico, lo so!В», si limitГІ Jack teso.

Non riusciva a pensare a niente. Le idee erano confuse, solo una cosa era chiara: seguire l’uomo.

I due riuscirono a non farsi vedere. Macchine e alberi, ottimi nascondigli.

Dopo una ventina di minuti, il vecchio raggiunse il vialetto della casa, attraversò la strada e si sedette sulla panchina di fronte all’abitazione. Il sole gli illuminò il viso rugoso inquietando ancor di più i pedinatori che, tesi come una corda di violino, continuarono a rimanere nascosti.

Accovacciati dietro a un grosso e argentato fuoristrada, pulito maniacalmente da un noto avvocato che spendeva il suo buon capitale in oggetti che neanche usava, i due si fissarono intensamente. Ma dopo qualche istante, si accorsero che da lì non potevano più muoversi.

L’uomo iniziò a guardarsi intorno freneticamente come se stesse aspettando qualcuno.

Quel qualcuno, sicuramente sua madre pensГІ Jack agitandosi ancor di piГ№.

GuardГІ l'ora, erano le dieci passate e l'ormai caldo sole non era d'aiuto.

Jack continuò a spiare il vecchio attraverso i vetri del veicolo, non si era accorto della loro presenza, o così sembrava.

«Ho le gambe a pezzi, non riesco più a stare piegato» brontolò Max toccandosi i tondi polpacci. La sua resistenza fisica lasciava a desiderare ma non si poteva pretendere di più dal paffuto ragazzo. A differenza dell’amico e il fisico lo dimostrava, Max non aveva mai fatto nessuno sport se non alle elementari, quando, spinto da una voglia poi scomparsa definitivamente, si era iscritto nella squadra di rugby della scuola. Ma per quanto fosse portato, la svogliataggine aveva avuto il sopravvento, facendogli abbandonare così in pochi mesi l’unica esperienza sportiva.

«Lo so, ma se ci muoviamo adesso rischiamo di farci vedere», lo esortò Jack buttando l’occhio verso il vecchio appostato sul marciapiede opposto al loro.

Max si stravaccГІ per terra e dopo aver aperto lo zainetto, tirГІ fuori una merendina al cioccolato, le sue preferite.

«Ma come diavolo fai? Hai già mangiato cinque panini, quanto spazio c’è là dentro?», lo guardò a bocca aperta. Per quanto fossero cresciuti insieme, l’ingordigia dell’amico riusciva sempre a sorprenderlo.

В«Dovresti saperlo, quando sono nervoso mangio, mi rilassaВ» rispose Max mordendo lo snack compiaciuto.

L’uomo era lì, impegnato a osservare tutto quel che succedeva intorno a lui.

La giornata era ancora lunga.

Passata un’altra mezzora, nella quale per fortuna Max non addentò più nulla, qualcuno si avvicinò a loro di soppiatto.

В«Cosa state facendo vicino alla mia macchina?В», li rimproverГІ sospettosa una signora di mezza etГ  uscita da un portoncino a pochi passi da loro.

I due, presi alle spalle, si voltarono di scatto. Nei loro occhi, il terrore.

Era la vicina di casa, moglie dell’avvocato più importante della città, una donna sulla cinquantina dai lunghi capelli tinti di un biondo cenere e che tirata nel suo abito nero, troppo corto per la sua età, li guardava malamente. Le voci che giravano sulla signora tra i pettegoli più accaniti la descrivevano come una ricca casalinga tremendamente annoiata e dal carattere irascibile.

В«Non pensi male, signora Donley. Ho perso le chiavi di casa e stavo guardando se erano finite sotto le ruote del suo meraviglioso fuoristradaВ», si affrettГІ Jack sudando freddo.

В«Beh, penso che tu non le abbia trovate sotto la macchina di mio marito. Ora spostatevi, devo andare via!В», terminГІ scorbutica la donna visibilmente infastidita.

Jack sapeva che se si fossero alzati in quel momento, il gobbo li avrebbe visti.

Ma in quel preciso istante, la fortuna li aiutò. All’angolo opposto, in fondo alla via che portava all'ospedale, due macchine si urtarono lievemente attirando così l’attenzione dell’uomo.

«Ci scusi signora Donley», si affrettò Jack afferrando l'amico per il braccio per poi trascinarlo velocemente dietro ai bidoni dell’immondizia poco più indietro. Sotto lo sguardo stupito della moglie dell'avvocato, i due finsero nuovamente la loro ricerca accentuando vistosamente i movimenti in una scenetta poco credibile.

Con un'ultima e sottile occhiataccia rimproverante, la donna salì sulla sua fiammante auto andandosene insospettita.

Ci furono diversi minuti di confusione nella via. I due proprietari delle vetture, scesi entrambi di corsa per assicurarsi che le proprie auto non si fossero danneggiate, avevano iniziato a insultarsi fortemente attirando così i curiosi nelle vicinanze che, come avvoltoi, si erano accalcati ormai tutt'intorno per godersi al meglio la scena.

Jack, agitato, non riuscì a vedere un posto dove potersi nuovamente nascondere.

Sapeva che se si fosse fatto vedere il vecchio se ne sarebbe andato e questo non doveva assolutamente succedere.

Nel frattempo, le sirene della polizia locale riecheggiarono fortemente preannunciando cosi l'arrivo della volante.

Era la pattuglia che vigilava nella piazza del mercato e che in pochi minuti, chiamata da qualche passante ficcanaso, aveva raggiunto il luogo del piccolo incidente. Un grosso fuoristrada nero, uscito dal proprio garage senza guardare, era stato tamponato sul fianco da una vecchia utilitaria verde metallizzato. La volante si arrestò davanti ai due che, appena visti gli agenti, si bloccarono all’istante continuando comunque a guardarsi in cagnesco.

I poliziotti, due uomini dall'aria addormentata, scesero dall'auto con un’espressione scocciata stampata sui loro volti.

Jack riconobbe l’agente Mirtin, padre del montato Flin Mirtin, suo compagno di classe.

La polizia del paese, cosa ormai risaputa, non era delle più affidabili. Il sindaco aveva assegnato il compito a delle persone non qualificate e di sua conoscenza. Nessuno però aveva mai fatto domande o presentato reclami. Si sapeva che in una piccola cittadina come Sentils l’appoggio del sindaco poteva essere veramente utile, sia per fare carriera che per la vita di tutti i giorni.

L’unica cosa che gli abitanti non volevano era avercelo contro. L’uomo, un signore paffuto sulla sessantina, era ben rispettato e da sotto i suoi curati baffi neri, si assicurava da tempo indefinito il bene dei suoi cittadini, giovandone personalmente in molte occasioni.

I poliziotti calmarono gli spiriti dei due uomini e li invitarono a risalire sulle loro vetture senza fare ulteriori storie. Le persone accorse si dispersero in pochi secondi ritornando così alle proprie attività quotidiane. Lo spettacolo giornaliero ormai era finito.

Il vecchio, dopo aver assistito impassibile alla scena, si voltГІ di scatto nella loro direzione scrutando con attenzione l'ambiente circostante.

Jack sussultò. Quel movimento, così rapido quanto innaturale per un signore di quell'età, gli impose di trovare un nascondiglio migliore.

La marmaglia che aveva assistito alla scena ormai stava risalendo la via, entro pochi secondi sarebbe passata proprio accanto a loro. Quasi tutti erano diretti nella piazza del mercato e occupavano buona parte della strada.

A Sentils, c’erano più pedoni che automobili. Lì, i mezzi più usati erano la bicicletta e il cavallo e, quest’ultimo, solo più in periferia. Essendo piccolo, il paese attirava ogni anno sempre più turisti, attratti dai bellissimi boschi e dai verdi campi dove chiunque poteva godersi un po’ di sana e meritata tranquillità. Alcune delle fattorie più grosse ospitavano diversi cavalli con cui riuscivano a guadagnare, durante le festività, ottime somme di denaro organizzando escursioni nelle vallate circostanti o portando in giro per la città i turisti a bordo di semplici e rudi carrozze che rievocavano in loro quel sapore tipico che solo la campagna poteva regalare.

Erano sempre piГ№ vicini.

В«PerchГ© non ci mischiamo tra la folla e raggiungiamo quel muretto?В» consigliГІ Max svaccandosi nuovamente a terra.

«Ma sei un genio amico mio, un genio!», lo abbracciò Jack sorridendogli fortemente. Non ci aveva pensato perché fino a pochi minuti prima, a coprire quel nascondiglio, c’era un enorme camion di merci.

I due aspettarono che la folla fosse più vicina e, usandola come scudo, attraversarono la strada zigzagando tra la gente e raggiungendo così il muretto che costeggiava il piccolo giardinetto pubblico. Quello, un ottimo nascondiglio. Da lì, potevano osservare il vecchio senza essere visti se non con una sua completa e impossibile torsione del collo.

Ormai erano quasi le undici, orario in cui la madre, il giovedì, tornava a casa giusto per la pausa di un paio d’ore per poi schizzare nuovamente in reparto.

Pensando alla donna, Jack tremГІ. Se l'avesse scoperto nuovamente a saltare la scuola, questa volta la punizione sarebbe stata esemplare.

In lontananza, dall’altra parte della via che portava nella zona dei negozi e dell’ospedale, apparve la figura della madre che, a passo lento e stanco, stava raggiungendo la propria abitazione con due grosse buste della spesa tra le mani. Nel vederla così vicino a quell’individuo, con solo la stretta strada a dividerli l’uno dall’altra, il ragazzo si bloccò assalito dalla paura.

La donna, esausta, raggiunse il vialetto di casa per poi sparire tra il verde del suo giardino. A render diversa quell'abitudinaria cornice di normalitГ , l'ambigua presenza del vecchio dalla pelle rugosa.

Poi, un pensiero gli balenГІ in mente.

“Quella strega della Lort avrà sicuramente chiamato mia madre.” imprecò arrabbiato. Quella vecchia megera non aspettava altro, ne era sicuro. Ma ora, c’era qualcosa di più importante a cui pensare.

L’uomo aspettò che la donna fosse entrata e, dopo aver riattraversato la strada, si fermò davanti alla casa di Jack. La analizzò per una manciata di secondi e si avviò verso la piazza del mercato con le mani immerse nelle tasche del suo impermeabile beige. Il giovane prese velocemente la testa dell’amico e la nascose dietro il muretto con il cuore a mille. Dall’altro marciapiede, per il vecchio sarebbe stato facile accorgersi di loro. Dopo una decina di secondi, l’uomo passò a pochi metri dal nascondiglio e continuò il cammino diritto verso la piazza.

В«Per fortuna non si ГЁ accorto di noiВ», sorrise Max sollevato.

В«Ora dobbiamo vedere dove va!В», si affrettГІ Jack.

A differenza dell'andata, l'uomo presentò un'andatura più rapida, raggiungendo così l'affollato mercato in poco tempo.

AttraversГІ la piazza passando tra le bancarelle e giunse davanti al portoncino vicino al bar. Inaspettatamente, si fermГІ di colpo.

I suoi sottili occhi scrutarono meticolosamente la zona circostante e dopo alcuni interminabili secondi, nei quali i due si nascosero dietro a un banco della frutta, l'uomo scomparve all’interno del palazzo.

«Max, tu resta qui, io vado alla fattoria! Se mai dovesse uscire di casa, seguilo rimanendogli distante e se vedi che si dirige verso il bosco della periferia, chiamami immediatamente sul cellulare!» gli ordinò Jack agitato. Aveva paura, ma doveva andare. «Non ti preoccupare, fidati di me! Sarò la sua ombra», gli strizzò l’occhio Max continuando a farfugliare altre promesse, immerso pienamente nella parte. «Mi raccomando, fai attenzione. Quell’uomo non mi piace, magari ha dei complici che ti attendono e se fosse così, saresti veramente in pericolo» continuò preoccupato.

«Hai bisogno di un’arma!», volò con la fantasia.

В«Calmati, so badare a me stessoВ», si limitГІ il ragazzo poggiandogli una mano sulla spalla per tranquillizzarlo.

Jack si avviò velocemente verso la fattoria salutando l’amico. Non sapeva che, dietro le tendine della finestra del palazzo sopra il bar, un’ombra lo stava spiando.




9


Jack, confuso, alzГІ gli occhi al cielo continuando a camminare senza riuscire perГІ a pensare a nulla. Non sapeva cosa avrebbe fatto una volta arrivato, ma doveva andarci.

In qualche modo, quel luogo, anche se inquietante, lo attirava trasmettendogli una sensazione che neanche lui riusciva a decifrare. Ripercorse la stessa strada del giorno precedente. Non la ricordava così corta.

Veloce, arrivГІ in periferia. Pochi metri e avrebbe imboccato il sentiero del piccolo bosco.

Appena fu avvolto dalla vegetazione, un candido pensiero lo investì.

Stella.

Quanto avrebbe voluto dirle quello che provava, prenderle le mani e portarla lontano, lontano da tutto quello che gli stava accadendo.

Un posto fantastico, pieno di ruscelli e animali, dove loro avrebbero vissuto in una tranquilla e normale casetta immersa nel verde, in compagnia magari di un paio di cani dalle orecchie penzolanti. Voleva portarla nel suo sogno, candito forse da fin troppe sdolcinerie. Ne era consapevole, non era da lui, ma ogni volta che la sua mente volava alla sua amata, tutto in cuor suo cambiava.

I pensieri furono interrotti da un fruscio poco distante. Si bloccò terrorizzato. Subito pensò che il vecchio lo avesse raggiunto e che, per qualche motivo, l’amico non fosse riuscito ad avvisarlo. Iniziò a sudare.

Si guardГІ velocemente intorno, un ramo, spesso come il suo braccio, sbucava dalle foglie secche che ricoprivano il terreno. Non ci pensГІ due volte, lo raccolse da terra e si nascose dietro a una grossa quercia.

Un forte brivido gli attraversГІ la schiena. Il fruscio aumentГІ. Il cuore gli scoppiГІ nel petto e con il corpo teso come una corda, pronto a scattare al minimo pericolo, sospirГІ cercando di calmarsi.

Il grosso cespuglio vicino a lui si mosse. Si stupì di come il suo corpo stesse reagendo appiattitosi contro la ruvida corteccia dell’albero, nonostante le centinaia di formiche che lo abitavano. Ma non si mosse, restò immobile anche davanti al ragno dai colori scarlatti che, con estrema delicatezza, gli si posò sulla spalla destra scendendo giù dal ramo più vicino. Non c’era tempo per aver paura di un insetto che, per quanto grosso come il suo pugno, non era la minaccia principale. L’aracnide, dopo pochi istanti, forse percependo l’aria tesa che si respirava, si arrampicò sulla sua resistente ragnatela, svanendo tra le foglie.

All’improvviso, una sagoma magra e slanciata apparve dalla vegetazione alla sua sinistra.

Le braccia si mossero da sole e il grosso bastone roteò velocemente rovinando così sul fianco della figura.

«Wo… Wo… Wo! Calmati ragazzino!» imprecò l’individuo massaggiandosi le costole.

Il viso, coperto da uno strano cappuccio con la punta storta cadente su se stessa.

В«Chi sei? Cosa vuoi da me?В» domandГІ Jack spaventato. Il suo corpo, tranquillo e immobile pronto a colpire nuovamente.

В«Calmati giovanotto, sono anni che ti sto cercando e sinceramente, mi aspettavo un altro tipo di accoglienza.В» disse pulendosi le strane vesti dalla polvere. Stretti pantaloni in pelle nera, consumati sulle ginocchia, terminavano dentro a un paio di stivali del medesimo colore che, morbidi, si avvolgevano sulle caviglie grazie a lunghe cinghie di bronzo intrecciate tra loro.

A coprire lo smunto petto, un pezzo di stoffa biancastra che, come un serpente, si stringeva creando un gioco di pieghe e ombre. Questo, insieme alle bretelle lasciate a penzoloni, davano all’individuo un’aria lontana.

«Voi terrestri!», si voltò scuotendo il capo. Jack lo fissò ammutolito. L’estraneo tirò fuori dalla tasca un piccolo pugnale e, con un sorriso stampato in viso, si girò di scatto lanciandolo verso di lui.

Le braccia del giovane si mossero nuovamente facendo roteare il bastone ancora saldo nelle proprie mani e dopo aver visto conficcarsi la lama sul legno al posto che sul suo viso, Jack cadde a terra terrorizzato.

«Bene, sei proprio tu Zeno!», scoppiò a ridere la figura soddisfatta. Il ragazzo, pietrificato, non riuscì a capire più nulla. Era stato in grado di parare il colpo senza accorgersene.

В«Ma tu chi diavolo sei e che cosa vuoi da me?В», si rialzГІ trasformando la paura in coraggio.

«Se ti fa stare meglio, Santos è il mio nome ma l'unica cosa importante è che tu ora venga via con me!», si limitò l’individuo sedendosi su un tronco spezzato dopo averlo accarezzato con amara dolcezza.

Jack si stropicciò il viso confuso. La testa iniziò a fargli male. Il tutto, incomprensibile. Poi, posò lo sguardo su quelle strane vesti. Decisamente particolari e stravaganti, la sua memoria non le riconobbe. La stoffa bianca, macchiata e logorata, s'interrompeva all’altezza delle spalle arrotolandosi disordinata e lasciandogli così scoperti i bicipiti. Da entrambi gli avambracci però, riprendeva il suo percorso serpentando fino a raggiungere le prime due falangi delle dita.

Al collo, uno strano ciondolo in legno raffigurante un salice piangente si adagiava all’altezza dei pettorali. Le braccia, più lunghe del normale, erano fini e con qualche cicatrice qua e là. Alto quasi due metri, lo sconosciuto sembrava uscito da qualche strano film medievale.

«Venire con te? Ti ha mandato mia madre, vero?» ipotizzò stupito il giovane. Pensò subito che quella vecchia arpia della professoressa Lort avesse chiamato la madre per informarla della sua assenza e che quello strano individuo, dall’aria bizzarra più che pericolosa, fosse un qualche amico della donna con orribili gusti nell’abbigliamento.

«Vedi Zeno…»

В«Mi chiamo Jack!В», lo interruppe nervoso.

«Jack… Tua madre non c’entra niente…», alzò gli occhi al cielo lo straniero.

«Non so come spiegartelo…»,

В«Non hai notato niente di strano in questi giorni?В» domandГІ grattandosi nervosamente la testa sotto il cappuccio.

Jack non seppe cosa rispondere. Di quel discorso, nulla di chiaro.

В«Hai sbagliato completamente persona. Mi dispiace di averti colpito ma ora devo andare!В»

Il pensiero della madre sgozzata gli tornò in mente con forza e l’unica cosa veramente importante era andare a ispezionare la fattoria.

Non poteva perdere tempo con uno squilibrato del genere.

Si voltГІ e riprese il sentiero.

«Guarda che non serve a niente andare nella fattoria. Tua madre non è in pericolo» disse l’individuo tutto d'un fiato.

Quelle parole gli squarciarono il petto e sentendosi improvvisamente indifeso e vulnerabile, Jack si voltГІ di scatto.

Chi era quell'individuo? Cosa voleva e come faceva a sapere quelle cose?

Gli tornarono in mente le parole di Max. Forse, l'amico aveva visto bene. Molto probabilmente la persona davanti a lui era un complice del vecchio.

Era in pericolo, doveva scappare.

CominciГІ a correre il piГ№ velocemente possibile senza scegliere dove andare. L'importante era seminarlo.

Alberi, cespugli e rocce si susseguirono alternandosi ritmicamente in un ambiente ormai confuso per lui.

A terra, un letto di foglie scricchiolante a ogni passo.

In pochi secondi, si smarrì.

Il cuore pompГІ a piГ№ non posso e con le tempie pulsanti e il sudore scrosciante, la testa iniziГІ a girargli. I polmoni, sotto sforzo, iniziarono a cedergli.

Sentì dei rumori intorno a lui. Qualcosa sopra la sua testa, veloce, si stava muovendo.

Per un istante, riuscì ad alzare lo sguardo senza veder nulla se non una chiazza nera che, con grande agilità, si spostava da un ramo all’altro.

Le gambe gli s'irrigidirono e con i polmoni dolenti, il giovane si ritrovГІ al suolo senza neanche accorgersene, privo di energie.

«Non devi temermi, non voglio farti del male. Sono qui per proteggerti. Quello che hai sognato e che credi succederà non è vero. Tua madre non corre nessun pericolo». Provò a calmarlo Santos appollaiato su un ramo, fissandolo da sotto il cappuccio. Le labbra sottili e il lungo naso a punta, le uniche cose visibili da lontano. Gli occhi, nell’ombra, erano fissi su di lui e anche senza vederli, li sentì.

«Come fai a sapere queste cose? Ma tu chi sei?» urlò Jack nel panico strisciando all’indietro tra il fogliame.

В«Sai, se tu fossi piГ№ tranquillo e mi facessi parlare senza interrompermi o provare a scappare, io potrei finire di spiegarti tutto.В» rispose Santos saltando giГ№ dall'alto albero con estrema naturalezza.

Jack decise di ascoltare, non aveva altra scelta. In quei momenti, la sua mente aveva smesso di pensare, senza farsi più domande su quel che stava accadendo. Dopo essersi allontanato ancora di qualche metro, nervosamente fece cenno di cominciare. Il comportamento non aggressivo dell’individuo riuscì a calmarlo leggermente.

Levatosi il cappuccio e liberando i lunghi capelli neri raccolti in una coda da un pezzo logoro di stoffa nera, lo spilungone riprese il discorso.

«Devi sapere che il tuo pianeta non è l’unico mondo abitato, ne esistono altri nove che, con la Terra, formano la Grande Costellazione.

Questi dieci pianeti nei tempi antichi erano tutti grandi alleati e tra loro regnava la pace.

Ogni mondo aveva un re, che davanti agli spiriti stellari aveva giurato di governare saggiamente e in armonia il mondo a lui assegnatogli.В»

Jack lo guardГІ senza batter ciglio perso nelle svariate sfumature violacee dei suoi sottili occhi.

«Purtroppo però, dopo mille anni dalla nascita della Grande Costellazione, Marmorn, tredicesimo re della Terra, venne meno al giuramento e, dopo aver radunato nell’ombra un esercito senza eguali, dichiarò guerra al mondo di Abram.»

Santos si fermò un attimo e dopo aver guardato fisso negli occhi il giovane, assicurandosi della sua attenzione, riprese la spiegazione. «Agli inizi di tutto, i dieci mondi erano abitati da numerosissime specie viventi. Marmorn non sopportava di convivere con esse e fu per questo che, dopo aver sterminato le specie straniere sulla terra in gran segreto, cominciò la sua campagna espansionistica su tutta la Grande Costellazione. Come ti ho detto poco fa, il Re Nero dichiarò guerra al pianeta Abram, abitato per lo più dalle ninfe, creature celestiali scese sulle terre per aiutare queste ultime a prosperare. Nelle tenebre e nella più totale segretezza, radunò il suo esercito e, dopo aver aspettato il favore della settimana buia, ordinò l’attacco.

L’esercito terrestre fu implacabile e nel giro di trenta giorni rase al suolo il piccolo mondo.»

«Settimana buia…» farfugliò Jack perplesso.

Accompagnato dal fruscio delle foglie mosse dal vento, lo sconosciuto continuГІ tranquillamente.

«La notizia del tradimento della Terra si diffuse ma molti pianeti, non disponendo di un esercito potente e preparato alla guerra come quello terrestre, caddero uno dopo l’altro sotto il duro controllo del vostro sovrano.

Per fortuna il giovane re di Tio, Astor, decise di non soccombere e, venendo meno anch’egli al giuramento di pace, organizzò un esercito pronto a sconfiggere il potente re terrestre.

La battaglia si combattГ© qui, sulla Terra e vide come vincitore il grande Astor, salvatore della Grande Costellazione.В»

В«Che fine fece il cattivo?В» domandГІ Jack ironicamente alzando gli occhi al cielo. Quell'uomo, il piГ№ strambo mai conosciuto prima.

В«Ci stavo arrivando!В» rispose Santos seccato.

«Astor, essendo comunque un re dall’animo puro, dopo aver sconfitto il Re Nero, non riuscì a ucciderlo ma, sacrificando la propria vita, fece un patto con gli spiriti celesti, i quali rinchiusero Marmorn nel centro della Terra, esiliando il suo esercito su questo pianeta ed escludendolo dalla Grande Costellazione. La storia che voi umani conoscete comincia dall'esclusione del vostro pianeta. I dinosauri, come li chiamate voi, sono nient'altro che i resti dell'esercito usato per sconfiggere il vostro re. L'armata guidata con la magia da Marmorn fu esiliata sulla Terra, dove riprese a vivere senza più nessun ricordo delle sanguinose guerre combattute sotto il suo controllo.»

Jack continuГІ ad annuire senza dir nulla, conscio delle falsitГ  raccontategli.

«Con la totale cancellazione dei ricordi antecedenti alla guerra, i pochi terrestri sopravvissuti iniziarono dall’origine la propria vita, evolvendosi lentamente all’oscuro delle atrocità compiute dai propri antenati.»

В«Prima hai detto che mi stai cercando da anni. Г€ impossibile!В», scoppiГІ a ridere incredulo il ragazzo.

В«Apprezzo lo sforzo ma la tua storia, per quanto bella, non reggeВ»

В«Smettila di interrompermi e non avrai bisogno di alcuna domanda!В». Perse la pazienza Santos.

Jack annuì rimanendo in silenzio.

«Devi sapere che dopo l’esclusione della Terra dalla Grande Costellazione, i nove mondi ci misero quasi duecento anni a ritornare splendenti come prima. Nonostante fosse imprigionato nelle viscere di questo mondo, lo spirito di Marmorn rimase forte e pieno d'odio, odio che accumulandosi giorno dopo giorno creò un’aura così potente da risvegliare una creatura scomparsa seimila anni fa, il Trokor, un essere che non ha eguali, un semidio votato alla distruzione.»

В«Guarda, sei geniale te lo riconosco. Ma se speri anche solo minimamente che io creda a una sola parola di quel che hai detto, ti sbagli di grosso brutto pazzoide!В». Si alzГІ di colpo Jack, saturo di tutte quelle stupidaggini.

«Stupido ragazzino…», si limitò l'individuo scuotendo il capo.

В«Prima della nascita dei dieci mondi, esisteva un unico e gigantesco pianeta, chiamato Naef, situato tra la luna e il sole.

Anche se immenso, era abitato da sei divinità, Ashar, dio del sole, e Venia, dea della luna, governavano. A far loro compagnia, c’erano Raus, dio del vento, la sua compagna Zira, dea dell’acqua, Xio e Kita, rispettivamente dio del fulmine e dea della terra.

Le antiche scritture accreditano ad Ashar la creazione dei dieci pianeti.В»

Jack si mise le mani davanti alla bocca per trattenersi. Quello strano individuo doveva aver alzato fin troppo il gomito in qualche bar della cittГ . Stava delirando, volando con la fantasia piГ№ di Miles, il senza tetto della piazza del mercato.

«Dopo secoli di completa solitudine, le nostre sacre divinità decisero di popolare l’immenso pianeta. Dall’unione tra Zira e Raus nacquero ninfe, tritoni, sirene, auri e astri, grandi protettori della natura e della vita e anche ottimi maghi. L’unione tra Xio e Kita generò la nascita degli elfi, dei nani, dei centauri e degli urani. Quest'ultimi, simili nell'aspetto alle ninfe e custodi del potere del fulmine. Mentre l’amore tra Ashar e Venia diede vita ai draghi, ai cavalieri alati, guerrieri protettori dell’antico mondo con l’aspetto degli elfi ma dotati di ali e di una forza notevolmente superiore, e infine a voi umani.», terminò incupendosi il suo interlocutore.

Le frottole sembravano non aver fine. Jack voleva andarsene, salutare quel pazzoide e raggiungere la fattoria. L’unica cosa a trattenerlo erano le parole dell’individuo riguardo al suo terrificante e macabro sogno.

«Col passare dei secoli nacque però tra Kita e Raus un amore così profondo da generare una serie di eventi unici. Appena Zira e Xio lo scoprirono, li maledirono con tutte le loro forze. La maledizione, in cui le due divinità tradite riversarono la loro furia, li investì e il frutto del loro amore nacque maledetto. Venne alla luce un essere potente, spaventoso e maligno, il Trokor. Ashar, che era la suprema autorità, non rimase a guardare e lo sigillò nelle viscere di Naef come monito per le altre divinità. Queste vicende e il male generato portarono il sommo dio del sole a scindere l’enorme pianeta e a crearne dieci più piccoli. Il tempo dei sacri dei, contaminato dall’odio e dai tradimenti, era giunto al termine. Con uno sforzo enorme, racchiuse gli spiriti delle altre divinità tra i vari pianeti per punirli della loro crudeltà. Ma la punizione più grande fu quella di lasciarli a osservare per l’eternità i loro mondi governati dalle creature da loro stessi create. Ashar e Venia, terribilmente affranti, decisero di sacrificarsi e da quel giorno, dei loro due potenti spiriti non se ne ebbe più notizia».

В«Benissimo, davvero affascinante. Adesso mi vuoi spiegare come fai a sapere del mio sogno?В»

Nel sentirlo, Santos trattenne a stento il nervoso ma i rami circostanti tremarono improvvisamente. Non c'era vento.

Il giovane si guardГІ intorno spaventato non riuscendo a capire quel che stava accadendo.

«Come ti dicevo, l’odio generato dallo spirito di Marmorn risvegliò la potente creatura Trokor, che per una coincidenza fatale si ritrovò imprigionato nello stesso pianeta del Re.

Unendo i loro poteri e la loro malvagità, riuscirono a rompere i sigilli che li tenevano prigionieri e ad aprire un portale che li trasportò in un’altra costellazione a noi sconosciuta.»

Inconsapevole se più spaventato o spazientito, Jack non riuscì a interrompere quell'immane monologo.

«Le grandi sacerdotesse del pianeta Numit, hanno predetto che il quinto mese dell’anno del vento la Grande Costellazione verrà ricoperta dalle tenebre e che sarà la fine di tutto…»

В«Basta, finiscila! Non so come tu sappia del mio sogno ma ora non mi interessaВ».

Nel vederlo perdere il controllo, Santos gli si avvicinГІ con l'intento di tranquillizzarlo.

В«Cerca di calmarti. So che hai paura ma devi fidarti di meВ».

Jack indietreggiГІ istintivamente stringendo i pugni.

В«Stai lontano! Io non ho paura!В» tuonГІ isterico.

Non poteva far trasparire i suoi timori, doveva essere forte, coraggioso. SospirГІ tremante e ostentГІ un finto sorriso.

В«Hai molta fantasia, prova a scrivere un libro. Ti saluto!В».

Lo liquidГІ Jack. Aveva perso fin troppo tempo e con la fattoria non troppo lontana, non poteva indugiare ulteriormente.

В«Non mi lasci altra scelta Zeno!В».

Santos congiunse le mani alzandole al cielo con occhi severi. Senza pensarci due volte, pronunciГІ alcune frasi incomprensibili.

В«Sei anche un ballerino?В», scoppiГІ a ridere il ragazzo avviandosi verso la fattoria.

I rami degli alberi vicini si mossero velocemente facendo volar via alcuni corvi per poi pararglisi davanti.

Paura.

Inspiegabilmente, un lungo arbusto lo afferrГІ per una caviglia sollevandolo a testa in giГ№.

В«Ma cosa sei? Cosa vuoi da me? Questo ГЁ un altro incubo, lasciami stare!В» urlГІ isterico.

«Forse così comincerai ad ascoltarmi, giovane impertinente!».

Si avvicinГІ Santos pienamente soddisfatto sfiorandogli il viso capovolto con la punta del lungo naso.

Jack, smarrito, non rispose. Collegare quegli irreali eventi, impossibile.

«Bene, ora che ho la tua attenzione, finisco di raccontarti questa bellissima storiella. Poi, magari, se vorrai il libro lo scriverai tu», lo schernì compiaciuto lo straniero ridendogli in faccia.

В«Le sacerdotesse di Numit hanno anche visto un barlume di speranza in questo oblio, il ritorno dello spirito del grande Ashar, l'unico in grado di salvarci.

Ora apri bene le orecchie, quello che sto per dirti ГЁ vitaleВ».

В«Grazie per avermelo imprigionato giovane astroВ».

Una voce penetrante risuonГІ nel bosco accompagnata da una forte risata maligna.

Lo sguardo di Santos mutГІ in un istante e gli arbusti si ritrassero veloci.

«Prendi, Zeno!», Santos scattò contro un albero lanciandogli un grosso pugnale dall’impugnatura dorata, che però finì tra le foglie davanti ai suoi piedi. Jack, ancora dolorante per la caduta, si sentì svenire.

Un forte bagliore illuminГІ la vegetazione e una figura comparve dal nulla.

«Jack!» urlò l’astro pronto allo scontro.

Il bagliore e il forte urlo riportarono il ragazzo alla realtà tutto d’un colpo e in preda al panico, raccolse velocemente l'arma senza accorgersene.

Appena la luce svanì, la figura che gli si presentò davanti fu quella del gobbo. Con gli occhi spalancati e incredulo, Jack arretrò di alcuni metri. Le tempie bruciarono e nessun pensiero riuscì a dargli una spiegazione. Del vecchio impacciato nessuna traccia. Di fronte a lui, un individuo dalle stesse sembianze ma dal corpo diritto e possente.

I rami si mossero repentini colpendo in pieno la figura facendola volare nel verde circostante.

В«Corri Jack!В», si tuffГІ Santos tra i cespugli pronunciando nuovamente parole incomprensibili.

Jack restò immobile, solo e spaventato. Poi, un brivido lo percorse lungo tutto il corpo. Un tremore, quello, che lo sbloccò all'istante. Improvvisamente tornò lucido e, senza pensarci, si voltò e iniziò a correre a perdi fiato stringendo forte l'elsa del pugnale. Di pregiate fattezze, l’arma sembrava uscita, come il suo proprietario, da un film hollywoodiano.

Dopo alcuni minuti senza tregua, scavalcando la fitta vegetazione, rallentГІ esausto. In quelle condizioni, il suo fisico non si mostrГІ efficiente come doveva. I duri ed estenuanti allenamenti, a cui si sottoponeva da anni in palestra, sembrarono vani e con i muscoli sempre piГ№ dolenti a ogni movimento, la paura si impossessГІ di lui.

La macchia verde iniziò gradualmente a diminuire lasciando così spazio agli immensi campi di grano. Sudato e pervaso da forti capogiri, continuò a correre senza fermarsi.

Santos, ormai troppo lontano.

Poi, una luce violacea apparve in lontananza davanti ai suoi occhi.

«Corri Zeno!», sbucò veloce l’astro dagli alberi lontani alla sua destra. «Salta dentro, muoviti!» urlò.

Jack, nel panico, non seppe cosa fare. Nei suoi timpani, solo piГ№ l'assordante rumore del suo affannato respiro. Si girГІ di scatto.

Il vecchio aveva ormai raggiunto Santos.

Dalla rugosa mano esplose una lingua di fuoco che, ignorando l'astro, si diresse verso di lui a gran velocitГ .

Era spacciato.

RicominciГІ a correre, non aveva altra scelta.

Il calore lo stava raggiungendo, sarebbe morto carbonizzato entro pochi secondi. Il cerchio violaceo, ancora troppo distante. Nella speranza che tutto finisse, cadde a terra stremato con gli occhi fissi sull'imminente sfera di fuoco.

All’improvviso, dal terreno uscirono numerose e alte radici sulle quali, con forza, si abbatté il potente attacco carbonizzandole all'istante.

В«Muoviti Zeno! Non posso bloccarlo per moltoВ».

Colpito solo dall’onda di calore generatasi, il giovane si fece coraggio e si alzò ricoperto dalle ceneri. Le gambe dolevano ma non poteva assolutamente fermarsi. Strinse i denti richiamando a sé le ultime energie e si lanciò il più velocemente possibile verso la luce. Non sapeva cosa fosse ma non aveva tempo per porsi nessun’altra domanda. Tutto era esploso in una feroce battaglia. Fuoco e terra si stavano fronteggiando dietro di lui in uno scontro senza precedenti. Alle sue spalle, altre radici uscirono prepotenti proteggendogli così la fuga dalla furia del loro aggressore, che con un attacco dopo l’altro aveva ormai devastato la tranquilla e rigogliosa vegetazione circostante.

Santos lo stava affrontando a viso aperto, consapevole dell’immensa superiorità del proprio avversario. Non poteva tirarsi indietro, la sua missione era vitale.

Jack raggiunse il cerchio luminoso, si voltò ancora un istante e, con l’astro che schivava l’ennesima sfera gettandosi affannosamente sulla sinistra, scomparve risucchiato dalla luce.




10


La folta vegetazione dominava l’intero paesaggio. I ruscelli bagnavano i grossi alberi secolari attraversandone le radici e facendole così brillare sotto i tenui raggi del sole. Jack, sdraiato al suolo privo di sensi. Poco distante, Santos decisamente provato dallo scontro.

Con un potente attacco era riuscito a distrarlo sfuggendo così a una morte certa. Il tutto forse, merito di un benevolo fato.

Non aveva mai affrontato un nemico così tanto potente e, al sol pensiero, rabbrividì.

La sua missione, ormai entrata nel vivo. Fortunatamente la natura gli stava restituendo le forze, facendolo riprendere in fretta.

La sua razza, una delle piГ№ antiche, con essa legata indissolubilmente da un legame nato con la creazione dei mondi e delle specie abitanti. Erano i protettori di ogni forma vivente e per questo godevano di una vita secolare.

Santos prese la sua borraccia verdastra e, nel guardarne lo stato, capì che era giunto il momento di comprarne una nuova. Era quella che gli avevano dato in dotazione al Gran Consiglio e, dal giorno in cui era stato promosso astro di terzo livello, lo aveva accompagnato in ogni sua avventura. Ma l'ultimo scontro l’aveva rovinata fortemente. Le incisioni a basso rilievo raffiguravano un rigoglioso salice piangente con le radici aggrovigliate e ben salde su una grande roccia, stemma immortale degli astri. Ora erano quasi del tutto consumate e ricoperte di fuliggine. Legata da sempre alla sua cintura di pelle nera, in molteplici circostanze gli era stata più utile delle armi stesse.

Raggiunse il ruscello piГ№ vicino fissandone le incisioni sbiadite.

Non era una semplice borraccia, non un comune contenitore da riempire d’acqua o di altre bevande. Era un simbolo, l’emblema che rappresentava il superamento dell’esame finale all’Accademia della Natura, il contrassegno che lo identificava come astro di terzo livello insieme al ciondolo che portava al petto. S’inchinò ancora un po' dolorante sulla riva del piccolo rigagnolo, guardò la sua immagine provata riflessa nello specchio d’acqua cristallina e immerse la borraccia. Il contatto lo fece rabbrividire ma il sollievo fu maggiore. Gelida, l’acqua portò via con sé gran parte della fuliggine, ridando lievemente il lontano splendore a quel semplice oggetto a lui caro. Le incisioni, di pregiata fattura, brillarono avvolte dalle acque e con esse, anche i segni dei duri combattimenti passati. La riempì e dopo essersi dissetato, si alzò stringendola forte per poi raggiungere il giovane rovesciandogliela sul volto.

Jack aprì gli occhi urlando terrorizzato. L’immagine del vecchio, ancora ben definita nella sua mente. Con la vista ancora annebbiata e con gli occhi contratti dall’acqua ghiacciata, si asciugò il volto nella speranza di essere nella sua stanza. Ma appena tutto riprese colore, l’ambiente risultò ben diverso della sua piccola e disordinata camera da letto. Massicci alberi dalle cortecce rugose e dalle folte chiome verdi smeraldo lo circondavano. Dinanzi a lui, stagliato contro i raggi del sole, l’individuo a fissarlo in silenzio con la borraccia gocciolante tra le mani.

«Cos’è successo? Dove mi hai portato brutto pazzoide?» urlò Jack stringendo la fitta erba verdastra che lo circondava. L’incubo sembrava non aver fine.

В«Siamo su Abram, il pianeta delle ninfeВ» rispose Santos riagganciando la fiasca alla cintura.

Il ragazzo si guardò istericamente intorno affannato. Quelle parole gli squarciarono il petto. «Non è possibile, smettila con queste menzogne, dimmi dove mi hai portato o chiamo la polizia». Tra i pugni serrati, i poveri ciuffi d’erba vittime della sua crisi.

«Calmati Zeno…», si limitò l’astro tranquillo.

«Calmarmi? E perché dovrei?», gli mancava l’aria.

Era disorientato, tutto intorno a lui era strano, diverso da dove si trovava prima dello scontro. Un flash nella sua mente lo bloccò. Le immagini del bosco, dell’incontro rude con l’individuo, la lunga e contorta discussione, il vecchio gobbo, la voce pesante e penetrante, il fuoco e infine la luce seguita dal buio più totale. Tutto gli balenò in mente paralizzandolo. «No, non è possibile, devo assolutamente svegliarmi!». Si alzò barcollante scuotendo la testa nella speranza di scacciare via quelle terribili immagini.

В«Non stai sognando, non devi svegliarti. Quel che ti circonda, quel che ГЁ successo, ГЁ la realtГ .В», gli sorrise Santos, inchinandosi lentamente e allungando le braccia verso il terreno.

«Loro non c’entrano nulla.», così dicendo, afferrò i malcapitati ciuffi d'erba che, sotto gli occhi increduli del ragazzo, si riattaccarono al terreno pieni di vita.

В«Allontanati, stammi lontano lurida sottospecie di maniaco!В».

В«Zeno, calmati, sei ancora debole!В», cercГІ di tranquillizzarlo avvicinandosi.

В«Mi chiamo Jack!В».

L'ambiente perse nitidezza e con le tempie pulsanti il ragazzo si portГІ le mani ai capelli.

Nulla di tutto ciГІ poteva esser vero.

Vedendolo così instabile, Santos si morse il labbro inferiore indeciso su come riprendere il discorso. Però, non poteva tenerlo all'oscuro, doveva sapere.

В«Ho bisogno che tu mi ascoltiВ», gli si avvicinГІ poggiandogli delicatamente l'affusolata mano sulla spalla tremante.

Quello, il loro primo vero contatto.

Non si ritrasse. Inspiegabilmente, si sentì al sicuro.

«Come ti dicevo, le sacerdotesse di…»

«I suoi occhi… Perché mi ha attaccato?».

Santos si fermГІ un secondo scoprendosi intenerito da quello sguardo innocente e smarrito. Quel che poteva pensare il giovane terrestre non poteva neanche immaginarlo.

В«Anche lui ti sta cercando, siamo stati fortunatiВ».

Jack non capì. Nel viso del suo interlocutore, lievi sintomi di inquietudine lo intimorirono.

В«Ma chi ГЁ? Cosa vuole da me e da mia madre?В»

В«La creatura che ci ha attaccato ГЁ il Trokor e ha uno scopo ben preciso. Tramite quell'orribile sogno, voleva far crescere la paura in te, indebolirti e farti abbracciare l'oblio.В»

В«PerchГ© proprio io?В».

Il tutto stava nuovamente finendo su binari inimmaginabili e confusi.

Santos sospirГІ profondamente.

В«La madre sacerdotessa in persona ГЁ riuscita a percepire la presenza dello spirito di Ashar sulla Terra. L'unico che ci puГІ salvare. Purtroppo, anche Marmorn ne ГЁ venuto a conoscenza ed ГЁ per questo che ti ha sguinzagliato il Trokor alle calcagnaВ».

Jack aprì la bocca pronto a intervenire ma le troppe domande gli si accavallarono in gola.

«Questa creatura è infima e astuta. Sa che per avvicinarti alle tenebre ci vuole un lungo e lento processo. Provocando in te paura e odio, vuole portarti ad abbracciare il buio più profondo per poi sfruttare l’immenso potere di Ashar…».

Il silenzio li avvolse per alcuni interminabili istanti e nelle iridi violacee di quello sconosciuto, Jack capì.

В«Zeno mi rendo conto che ti possa sembrare assurdo. Г€ la veritГ  e prima l'accetterai prima potrai compiere il tuo destinoВ»

«Io sono Jack…», con queste ultime flebili parole barcollò fortemente per poi accasciarsi al suolo privo di sensi.

L’astro si chinò su di lui e con delicatezza gli poggiò la mano sulla fronte visibilmente sudata. Povero ragazzo, non doveva essere assolutamente facile. Essere catapultato in un’altra realtà completamente diversa, ritrovarsi nel bel mezzo di uno scontro tra un semidio e un protettore della natura, fuggire tramite un portale verso mondi e popoli lontani. Doveva vegliare su di lui e far sì che il lungo ed estenuante viaggio che li attendeva fosse per Jack il meno traumatizzante possibile. Lo guardò con dolcezza. Il suo corpicino, esile e slanciato, riposava in pace sul soffice letto d’erba con i folti e ondulati capelli neri districati sinuosamente. Prese dalla tasca un pezzo di stoffa bianco, il suo ricambio per gli avambracci, lo bagnò leggermente con la poca acqua rimasta nella borraccia e glielo posò sulla fronte. Doveva riposare e recuperare le forze. Per un giovane terrestre, la giornata era stata fin troppo movimentata. Si alzò guardandolo ancora una volta. Steso a terra, di fronte a lui, il salvatore della Grande Costellazione. Ritornò al ruscello a passi lenti e pieno di pensieri.

Immerse interamente il capo nelle gelide acque che, abitate da innumerevoli pesci dalle svariate tonalità brillanti, alleviarono il suo tormento. Il contatto, rigenerante, lo rilassò e gocciolante si sdraiò intento a recuperare anch’egli le forze.

Passarono un paio d’ore e il giovane riaprì gli occhi. Nel vedere le verdi chiome degli alberi stagliate nel cielo sussultò. Si guardò velocemente intorno impaurito. L’ambiente non era cambiato, era ancora lì, in quello strano bosco con gli alberi dai tronchi contorti. Alla sua sinistra, una ventina di metri più in là, lo strano individuo stava riempiendo la sua borraccia.

Il corpo non gli doleva più. Cullato dalla natura, Jack aveva recuperato le forze, o almeno la maggior parte. Qualcosa di umido era poggiato sulla sua fronte e spaventato portò subito la mano per levarselo. Era un semplice pezzo di stoffa bianca e, nell’afferrarlo con così tanta violenza, si sentì uno stupido nell’accorgersi poi di cosa si trattasse. In qualche modo, quel pazzo si era preso cura di lui senza fargli del male. Si voltò nuovamente, l’astro lo stava fissando.

Gli occhi del primo, fissi in quelli del secondo. Fu intenso, quello sguardo valse più di mille parole e Jack, improvvisamente, sentì sciogliersi il nodo che gli attanagliava lo stomaco. Santos si alzò lentamente, sbatté con decisione le lunghe mani affusolate sulle sue vesti scacciandone via la polvere per poi dirigersi verso di lui.

В«Come stai?В», si limitГІ sorridendogli.

Jack non riuscì subito a rispondere, lo guardò ancora per qualche istante e dopo un leggero respiro mandò giù gli ultimi timori.

«Bene… Credo…» rispose spaesato.

«È normale, il tuo corpo non è abituato a questo genere di trasporto».

Il giovane lo guardГІ con la bocca socchiusa, incapace di decifrare la situazione.

«A cosa ti riferisci?». Nel dirlo, affiorò sfocata l’immagine della luce da cui era stato risucchiato. Un brivido gli percorse le gambe fino alla schiena.

В«Al portale con il quale siamo riusciti a fuggire!В».

Un mattone gli bloccГІ il respiro. Quelle parole, a confermargli la veridicitГ  di tutti gli eventi successi.

В«Non ti seguoВ»

В«Siamo su Abram, Jack! Uno dei nove pianeti della Grande Costellazione.В»

«Ma co… Come abbiamo fatto?» balbettò.

«Tramite un portale astrale. È così che ci si sposta da un pianeta all’altro» gli rispose l’astro, sorridendo per la sua ingenuità.

«Ora che ti sei ripreso, dobbiamo raggiungere Fati, la città principale di questo pianeta. Lì, mi metterò in contatto con una mia vecchia amica. Ci aiuterà!».

Nell'udire quelle ultime parole, il giovane sentì nuovamente riaffiorare l’enorme tensione che per poco lo aveva lasciato in pace. Avevano bisogno di aiuto e certo, nel sentirlo da una strana creatura forte come lui, la preoccupazione aumentò.

«Su alzati, ci aspettano tre giorni di cammino.», terminò l’astro.

В«Ma non possiamo usarlo di nuovo questo portale?В» gli chiese massaggiandosi i muscoli delle gambe ancora dolenti. Quella piacevole sensazione di benessere provata dopo il risveglio era ormai svanita nel nulla. Quelli, gli effetti dei viaggi astrali.

В«No ragazzo, non posso. Per creare un portale astrale personale, si deve usare una quantitГ  elevata di energia magicaВ», vedendo la faccia perplessa di Jack, Santos continuГІ la sua spiegazione.

«Noi astri, essendo protettori della natura, abbiamo nel nostro corpo, oltre all’energia magica, anche l’energia naturale. Scorre dentro di noi e ci permette di controllare gli elementi da essa creata. Riusciamo così a entrare in contatto diretto con la nostra Grande Madre per ascoltarne i bisogni e proteggerla al meglio. Quella magica, invece, è un’energia molto ridotta. Appresa con la meditazione, ci dà la possibilità di usare gli incantesimi come la creazione dei portali astrali. Questa energia ha una durata limitata e variabile in base alla forza spirituale dell’individuo che la usa. Noi astri, purtroppo, non eccelliamo per questa dote. Esistono dei portali creati dalle sei divinità, ma purtroppo quelli di questo pianeta sono lontani.», terminò Santos non più scocciato nelle spiegazioni. Il giovane doveva ricevere più informazioni possibili per ambientarsi velocemente.

В«PerchГ© mi chiami Zeno?В»

«Nella lingua antica delle sacerdotesse vuol dire salvatore.» rispose poggiandogli entrambe le mani sulle spalle con gli occhi spalancati fissi nei suoi. In quel momento, Jack trasalì. Qualcosa, nel suo interlocutore, era mutato lasciandolo a bocca aperta.

«I tuoi occhi…» balbettò.

В«Sono diversiВ».

Le sue iridi erano tramutate dal primo incontro. Le svariate e mistiche sfumature violacee avevano lasciato il posto ad altre di un verde brillante.

Un sorriso pieno di comprensione lo avvolse tranquillizzandolo.

«È una delle caratteristiche tipiche della nostra razza».

Quelle parole lo rincuorarono, svelandogli l’ennesimo mistero. In quei pigmenti illuminati dai raggi del sole, il giovane percepì la tensione interiore dell’astro ma anche la forza e la solidità che lo accompagnavano.

В«Dobbiamo andare, troppe domande attendono rispostaВ». TerminГІ Santos stringendosi i logori pezzi di stoffa che gli avvolgevano gli avambracci.

Il giovane, vedendo la stanchezza sul suo volto, decise di non chiedergli più nulla. Di domande ne aveva ancora un'infinità ma sapeva che quello non era il momento giusto e così, senza proferir più alcuna parola, si alzò e lo seguì.

In quell'istante, il viaggio verso Fati ebbe inizio.




11


Le folte chiome verdi brillavano illuminate dal sole e gli immensi campi, ricoperti da un'infinitГ  di fiori variopinti, si alternavano con meravigliosi ruscelli dalle trasparenti acque.

Jack, in silenzio da diverse ore, perso in quei colori. Per lui, nonostante l’ineguagliabile bellezza dell’ambiente circostante, la pace era ancora lontana. Sperava fosse tutto un sogno ma, in cuor suo, la realtà doleva.

Santos, immerso nei suoi pensieri, proseguiva tra gli alberi a pochi metri di distanza, svoltando saltuariamente e seguendo un percorso inciso nella sua memoria.

Il ragazzo era provato, mentalmente e fisicamente. Il suo pensiero volò lontano. Ritornò sulla Terra, da Stella. Il cuore gli ribollì come un vulcano.

Bella come non mai era lì, vicino all'entrata della scuola in compagnia delle sue amiche. Rideva. Uno sguardo veloce nella sua direzione, fugace, nascosto. Aveva un sorriso splendido e solo lui sapeva che un giorno, non definito, sarebbero stati insieme. Lo sperava più di ogni altra cosa al mondo. Voleva stare con lei.

Non sapeva spiegarselo. Ci aveva provato più e più volte a capirne il senso ma senza successo. L’attrazione verso quella ragazza, così semplice e misteriosa, lo aveva travolto dal primo incontro. Si era insultato infinite volte per non aver mai trovato il coraggio di farsi avanti. Avrebbe voluto provare a parlarle almeno una volta, giusto per guardarla diritta negli occhi e sorriderle. Mai ci era riuscito, la paura e la vergogna avevano sempre preso il sopravvento anche in quelle rare occasioni in cui, deciso più che mai, ci aveva provato.

Come un lampo, balenò nella sua mente un terribile pensiero che, in un secondo, lo bloccò. Quella che stava vivendo era la cruda realtà e, come tale, lo aveva separato da sua madre, dal suo caro amico Max e dalla stupenda ragazza della seconda B. Non c’erano soluzioni, si trovava in un altro pianeta e, al sol pensiero, il sangue gli si gelò nelle vene. La folle situazione in cui si trovava superava ogni immaginazione e un dolore profondo, dallo stomaco alle tempie, lo invase.

«Tutto bene ragazzo?» domandò preoccupato l’astro poggiato a un grosso albero poco più avanti.

«Sì…».

Malinconico, Jack alzГІ lo sguardo al cielo. Tra le possenti e lattee nubi, le immagini delle tre persone a lui care apparvero sbiadite per pochi secondi per poi, veloci, svanire nel nulla.

В«Andiamo!В», terminГІ cercando di scacciare via quei nostalgici pensieri.

Santos sapeva, non ci voleva un mago per capirlo. In quei grossi occhioni verdi dalle sfumature grige, si leggeva la veritГ . Decise di non far domande e di lasciare al giovane il tempo che gli serviva per metabolizzare ogni cosa con la speranza che questo prima o poi accadesse.

Fino a pochi giorni prima, la sua vita era normale. Gli era capitato molte volte di immaginarsi con Max in avventure fantastiche piene di creature magiche dai mille poteri. Ma per un assurdo motivo, la realtГ  aveva superato l'immaginazione risucchiandolo in un'avventura ancora tutta da scrivere.

Santos, nel vedere il suo protetto in quelle condizioni e ormai il sole scendere dietro alle montagne, decise di fermarsi. Avevano camminato per ore e riposare era quello che serviva a entrambi.

«Passeremo qui la notte», si limitò. Voleva lasciargli i suoi momenti. Non sapeva come ci si doveva comportare con un ragazzino di sedici anni, perlopiù terrestre. Queste cose non facevano parte degli insegnamenti appresi all’accademia e, per non peggiorare la situazione, non si pronunciò ulteriormente.

Jack annuì, sdraiandosi accanto a un grosso salice piangente. In quel luogo incantato, erano seminati ovunque, rendendo il paesaggio ancor più fantastico. I muscoli dolevano ancora ma la sofferenza più forte veniva dal cuore, dal pensiero di aver perso ogni cosa. Era solo, non c’era più nessuno. I lunghi e intrecciati rami cadenti crearono una vera e propria cupola intorno a lui isolandolo da tutto il resto. Per quanto magnifico, l’albero, anche se nel pieno del suo vigore, enfatizzò il suo stato d’animo.

L’inquietudine non lo abbandonò ma dopo pochi minuti gli occhi gli si chiusero trascinandolo in un sonno profondo.

Lo scoppiettio del fuoco lo risvegliò, non sapeva per quanto avesse dormito. La sua mente si era riposata trovando un po’ di pace in un sonno senza sogni.

L'astro era accanto al fuoco, illuminato solo dalle fiamme della piccola brace. Tra le mani, alcune foglie dal colore indecifrabile mosse dal vento.

Decise di non alzarsi e di scrutare ancora l’individuo tra i lunghi rami che lo avevano riparato. Notevolmente più alto di lui e dalla fragile corporatura, gli sembrò senza spina dorsale. I capelli corvini, sciolti e liberi dalla piccola e logora pezza. Non troppo lunghi ma abbastanza da coprirgli la fronte, svolazzavano anch’essi schiavi della brezza.

В«Hai fame?В» gli domandГІ l'astro senza neanche voltarsi. Gli occhi, fissi sulla brace.

Come aveva fatto a percepirne lo sguardo?

Colto alla sprovvista, Jack subito non rispose rimanendo immobile.

«Credo di sì…», si alzò imbarazzato. Scostati con delicatezza i lunghi rami del salice, lo raggiunse lento per poi sedersi al suo fianco.

В«Foglie di Seda!В», fiero, Santos gliene porse una verdastra sorridendogli.

Il giovane la prese, la guardГІ per un secondo e per non offendere l'astro la mise in bocca senza fare domande.

Il gusto fu orribile. Aspra e acida, la foglia gli bruciГІ palato e gengive.

Si alzГІ disgustato. Voleva sputarla immediatamente ma fu subito bloccato dal compagno.

В«Devi aspettare qualche secondo, poi vedrai che ti piacerГ !В», scoppiГІ a ridere Santos. Jack, paonazzo, lo ascoltГІ trattenendo un conato per poi risedersi goffamente.

Improvvisamente però, quella terribile amarezza svanì, lasciando il posto a un sapore dolce e leggero.

«Ma…?», sorrise stupito.

Soddisfatto, Santos gliene porse un’altra. La seconda non fu amara ma con un gusto paragonabile alla carne.

«Com’è possibile?» domandò Jack strabiliato.

В«In natura, le foglie di Seda sono visibili solo a noi astri. Doni della nostra Madre Terra, sostituiscono ogni cibo animale esistente a noi estraneo. Due di queste equivalgono a un pasto completo e assumono il sapore dei cibi che desideriamo.В» spiegГІ Santos, massaggiandosi lo stomaco appagato.

Jack, sentendosi improvvisamente sazio, annuì meravigliato. Non aveva mai provato nulla di simile.

«Cerca di riposare…», così dicendo l'astro raggiunse un piccolo alberello poco distante e si sdraiò. In pochi secondi, riuscì a trovare la giusta posizione tra i tronchi intrecciati, si voltò l’ultima volta e, con un leggero cenno del capo, gli augurò la buona notte. Troppe domande lo attanagliavano e, temendo le risposte, chiuse gli occhi e prese sonno.

Jack, con lo sguardo perso tra le fiamme ardenti della brace, si staccò da tutto cercando di trovare un equilibrio interiore. Non fu facile, ma dopo pochi minuti, ipnotizzato dalle piccole lingue di fuoco e avvolto dal calore, sentì salire una stanchezza che quasi aveva dimenticato. Dolce e penetrante, lo cullò rilassandone ogni parte del corpo.

Dopo una manciata di minuti, si addormentГІ accompagnato dai rumori ritmici dei torrenti circostanti accanto al tepore.



Un fruscio gli disturbò il sonno e veloce aprì gli occhi scrutando nel buio. Della luce della brace, ridotta solo più a un cumulo di ceneri incandescenti, nessuna traccia.

Proprio dove l'aveva lasciato, Santos stava dormendo tranquillamente.

Jack prese un sasso poco distante e spaventato lo tirГІ nei cespugli.

Il fruscio aumentò e dalle verdi chiome uscì una piccola figura.

«È questo il modo di presentarsi giovane terrestre?», sbraitò la sagoma.

В«Come puoi essere un eroe se non conosci neanche le buone maniere?В», continuГІ barcollando.

В«E tu chi sei?В». Nel vederlo massaggiarsi la testa, Jack sorrise.

Non piГ№ alto di venti centimetri, lo lasciГІ a bocca aperta.

В«Chi sono io? Chiede pure chi sono io. Ma tu stai scherzando spero! Sono Boris, il capo dei folletti che abitano questo bellissimo pianeta!В» brontolГІ infastidito piГ№ che mai guardandolo in cagnesco.

«Razza di sconsiderato… Chi sono io ha chiesto!»

В«Vedo che vi siete giГ  conosciutiВ», li raggiunse Santos.

В«Giovane astro, come te la passi? Fatto buon viaggio?В» domandГІ Boris sedendosi su un piccolo sasso.

«È andata».

Bastò quella fredda risposta e il folletto capì.

В«Hai portato tutto con te?В» domandГІ severo il protettore della natura.

Il piccolo amico di certo si aspettava un’altra accoglienza.

«È tutto dietro ai cespugli, non manca nulla.» rispose imbronciato.

Jack osservГІ la scena in silenzio ancora meravigliato dalle sue gnomiche misure.

В«BeneВ». L'astro andГІ dietro i cespugli, tornandone dopo pochi secondi con una grossa e vecchia sacca beige.

В«Su, vestiti!В». La tensione si percepiva in ogni sua parola.

«Attireresti troppo l'attenzione in città, dobbiamo mantenere il tuo arrivo segreto», così dicendo, andò a raccogliere le proprie cose ai piedi dell’alberello dai tronchi intrecciati.

Sorpreso, Jack aprì la sacca e ne tirò fuori il contenuto. Un paio di pantaloni neri apparentemente stretti, una lunga e consumata maglietta grigia avvolta da piccole corde di canapa e un logoro mantello nero con il cappuccio erano i suoi nuovi indumenti. Infine, nella juta stropicciata, rimasero solo più un paio di stivali neri e rigidi dalle cinghie argentate.

В«Devo metterli?В» domandГІ tenendo in mano la maglietta grigia che, a parer suo, doveva aver vissuto giornate migliori decenni prima.

«Sì!», lo guardò severo l'astro.

В«Credete che con questi passi inosservato?В».

Quei vestiti sembravano usciti da un museo medievale o da un libro fantasy.

«Non fare storie giovanotto!», s’intromise burbero Boris percependo lo stato d’animo dell'amico.

Senza via d’uscita, Jack iniziò a spogliarsi togliendosi i suoi adorati jeans e la sua inseparabile quanto puzzolente maglietta, per poi vestirsi.

I due sorrisero compiaciuti nel vedere il cambiamento apportato dagli indumenti. Ora, era un vero abitante della Grande Costellazione.

Il ragazzo era lì davanti a loro con il capo chino sulle vesti.

«Come funziona questa strana maglia?» domandò tirandone le corde di canapa da una parte all’altra senza successo.

«Vieni qui», Santos gli si avvicinò e con fare paterno passò le piccole cime nelle apposite asole quasi invisibili. Così, in pochi secondi, l’utilità di quelle strane cordicelle si manifestò. La larga maglietta grigia dalle lunghe maniche gli si attaccò al corpo stretta dalle corde. Ora l’effetto era totalmente diverso e nel guardarsela indosso, Jack sorrise. Gli piaceva, gli dava quel tocco dark medievale che attribuiva alle sue fantasie quando, con l’amico Max, immaginava mondi lontani.

В«Iniziamo a ragionareВ», sorrise allungando davanti a sГ© le braccia per ammirare il cambiamento. Le piccole cordicelle di canapa serpentavano intorno al busto avvolgendosi poi sulle braccia per terminare sui polsi, lasciando liberi solo gli ultimi centimetri della stoffa grigia che, strappata qua e lГ , gli accarezzava la parte inferiore delle mani. A dargli il tocco finale, lo scollo a v dai bordi tagliuzzati che lasciava scoperta la parte superiore dei piccoli ma definiti pettorali.

A terra, solo piГ№ lo scuro mantello. Lo raccolse entusiasta e, dopo averlo scrutato da cima a fondo, ci si avvolse dentro sentendosi piГ№ grande di quel che era, ignorando la secchezza e lo sgradevole odore dei tessuti.

«Tira su il cappuccio», lo invitò impaziente l’astro.

Jack ubbidì. Il contatto non fu piacevole. Il tessuto granelloso gli coprì il volto fin sotto il naso e istintivamente, lo tolse infastidito.

«Non vedo nulla e mi manca l’aria.», si lamentò boccheggiando.

«Tiralo su…» cantilenò Santos alzando gli occhi al cielo.

Boris ghignò da sotto la sua lunga e folta barba grigia. Vedere l’amico alle prese con un adolescente era uno spettacolo insolito quanto divertente.

Jack sbuffò e ubbidì nuovamente. Il fastidio sul viso fu il medesimo e dopo pochi secondi l'aria mancò.

В«Santos non ti sto mentendo, non vedo e non respiro.В» reiterГІ il giovane alzando le braccia.

В«Aspetta!В».

Jack, arreso, annuì. Subito dopo, la secca stoffa davanti al suo volto si sfilò lievemente creando così una fitta rete. Sorpreso, sorrise. Improvvisamente riuscì a vedere e l’aria, fresca e rigeneratrice, iniziò a filtrare tra i filamenti regolandogli il respiro.

В«Fantastico!В» esclamГІ incredulo.

Davanti agli occhi soddisfatti dei due compagni di viaggio, il giovane terrestre aveva lasciato il posto a una figura irriconoscibile.

В«Perfetto, possiamo andareВ», tagliГІ corto Santos stringendo le mani sulla sua cinta. Si vedeva, per quanto volesse nasconderla, la tensione nei suoi gesti.

«Ma…», il giovane guardò la sacca spostando poi il suo sguardo verso Boris.

Subito non ci aveva fatto caso ma ora, il dubbio sul come un essere così minuscolo avesse potuto trasportare un peso del genere lo incuriosiva.

«Insolente!» ruggì il folletto.

«Magia ragazzo mio, magia», s’intromise Santos sorridendo.

В«Non sai con chi hai a che fare, stolto di un terrestre.В», continuГІ Boris paonazzo.

«Scusami…», provò a giustificarsi Jack, non aspettandosi una reazione del genere.

В«Mi sottovaluti giovane. Non commettere questo stupido errore. In molti sono caduti sotto la mia forzaВ».

Santos trattenne a stento una risata. Il suo caro e piccolo amico stava come al solito esagerando. Era nel suo essere, non poteva fare a meno di esaltare le proprie doti e, quando possibile, di intimorire gli altri. Quello, solo uno specchio per le allodole, una maschera che indossava per il proprio piacere.

«Questa è la prima e ultima volta che tu, piccolo essere mingherlino, ti rivolgi a me con questo tono. In molti sono stati puniti per aver mancato di rispetto al grande Boris, re dei folletti dell’Ovest delle terre di Abram.», continuò il suo piccolo teatrino stringendo i pugni e perdendo leggeri sprazzi di saliva qua e là.

В«Non volevo offendertiВ»

«Ma l’hai fatto!» ruggì il re dell’Ovest.

«Calmati amico mio. Zeno non voleva offenderti ma nel mondo da cui proviene, la magia è assente. Ricordi?», lo guardò l’astro sorridendogli.

«Già…», si contenne il piccolo essere tirando fuori da sotto le vesti un piccolo bastoncino.

В«Questa ГЁ la mia fedele compagnaВ», continuГІ minaccioso.

Jack, nel vedere quel minuscolo legnetto lungo meno del suo mignolo, capì che doveva essere una sorta di bacchetta magica o qualcosa di simile.

В«Ne siamo consapevoli e Zeno si scusa per la sua leggerezza.В», concluse Santos facendo da paciere.

Il ragazzo annuì, rivolse nuovamente lo sguardo verso il piccolo folletto e si lasciò scappare un leggero sorriso da sotto il cappuccio. Aveva percepito nelle parole di Boris non la forza e la paura che voleva trasmettergli ma una simpatia particolare. Gli erano bastati pochi minuti al re dell'Ovest per essere capito realmente e il comportamento tranquillo di Santos ne era la prova.

Per quanto duri e minacciosi, i suoi discorsi cozzavano pienamente col suo minuto e simpatico aspetto, ricordando uno di quei pupazzi presenti nelle slot machine dei luna park. Ovviamente, questo non poteva dirglielo se non voleva mandarlo nuovamente su tutte le furie.

Gli piaceva e si ripromise di non offenderne piГ№ l'orgoglio cercando di conoscerlo meglio.

I tre raccolsero tutte le loro cose e, aggrappati alla speranza, ripresero il viaggio verso Fati, la cittГ  del mercato.




12


Il secondo giorno fu meno pesante del primo e la compagnia del folletto si rivelò piacevole. Grazie alle sue storie inverosimili e al suo modo di fare, Jack non ebbe modo di pensare pienamente alla situazione in cui si trovava e al distacco improvviso dai suoi cari. Racconti di draghi, di insetti dalle mille ali e di principesse dalle sembianze gnomiche forti e rudi avevano reso le ore di marcia meno pesanti. Santos aveva ascoltato i racconti alzando gli occhi al cielo nel sentire il piccolo amico rendersi il protagonista di quelle strabilianti vicende. In ogni storia passata, Boris ne usciva sempre come l’impavido e temibile nonché ammaliante re delle terre dell’Ovest. Una sorta di eroe delle popolazioni gnomiche di Abram. Il terrestre si era limitato ad ascoltare immaginandosi ogni scena raccontata. Aveva anche chiesto informazioni ma solo dove i discorsi di Boris si contraddicevano.



Quando calГІ la sera, si accamparono vicino a un torrente dalle acque cristalline e accesero un piccolo fuoco. Jack, nel vedere le fiamme apparire dal nulla sui palmi di Santos e schizzare affusolate sulla legna raccolta per poi arderla, ne restГІ ammaliato.

В«Il controllo degli elementi naturali ГЁ la nostra specialitГ В».

В«Il solito sbruffoneВ».

Boris non si trattenne indicando l'amico dai lunghi arti. Quando si trattava di ricevere meriti e complimenti era il primo ma se doveva farli, il discorso cambiava.

В«La voce della veritГ В», scherzГІ Santos alzando le spalle.

I tre si guardarono e in pochi secondi, come se il resto non contasse, scoppiarono a ridere di gusto. Jack sembrò sereno, spensierato. Vederlo così, per il suo protettore fu un enorme sollievo. Era il primo e vero sorriso del terrestre da quando lo aveva incontrato. Ne aveva passate tante, fin troppe, eppure ora era lì, a proprio agio in un altro mondo e di fronte a due creature appartenenti a razze completamente diverse dalla sua.

Ma in quel caldo momento tutte le differenze, tutti i problemi, sembrarono svaniti o per lo meno, accantonati momentaneamente.

Santos tirГІ fuori dal suo gilet le foglie di Seda e le porse ai suoi due compagni. Jack, pregustando il sapore della pasta, si affrettГІ a prenderne una affamato come non mai.

«Non saranno mica…» brontolò Boris.

«Sono proprio loro» rispose l’amico porgendogliene una.

Il folletto, scocciato e deluso sbuffГІ allungando il suo tozzo e minuscolo braccio quasi schifato. Ne strappГІ un pezzo non piГ№ grosso di una formica e rassegnato lo mangiГІ. Ci mise un secondo per sputarlo a terra tossendo rosso come un peperone.

В«Voi e il vostro cibo maledetto!В»

В«Come diavolo fate a mangiare queste porcherie?В».

L’astro si voltò verso Jack.

Davanti ai suoi occhi, la stessa scenata fatta al primo incontro con quelle strane quanto fantastiche foglie magiche.

Dopo svariati tentativi anche il folletto riuscì a gustare, ricredendosi, quel cibo tanto disprezzato.

Lo strambo gruppo cenГІ vicino al tepore del fuoco in compagnia di guerre tra i regni dei folletti e scontri con mostri spaventosi e ormai con la luna alta nel cielo, sazi e con gli zigomi affaticati dalle continue risate, i tre presero sonno facilmente.

Così sarebbe dovuto essere il percorso del salvatore, un cammino sereno e ben strutturato. Questo, almeno era quello che in cuor suo Santos desiderava dall'inizio. Purtroppo però la realtà era ben diversa e presto, ne avrebbero avuto tutti la prova.



Il pomeriggio del terzo giorno, i tre compagni arrivarono in prossimità della città. I folti e intricati alberi che da ore si susseguivano in un verde labirinto, lentamente diminuirono rimanendo comunque numerosi. Davanti ai loro occhi, alte mura in pietra si presentarono possenti trasudando la loro antica magnificenza. Tra le rocce, un massiccio cancello alto una ventina di metri e interamente in ferro aprì le porte alla città.

В«Benvenuti a FatiВ» disse Santos voltandosi verso i due compagni.

La natura che li aveva accompagnati si districava tra gli enormi blocchi di pietra cercando gli spazi da loro occupati, segno della voglia di ritornare padrona della propria terra.

«Cara vecchia Fati… Quanto mi mancavi» esclamò Boris raggiungendo i compagni. Era da tempo che il folletto non tornava nella capitale.

Jack s’immaginò quanto potessero essere imponenti quelle mura per il piccolo amico alto poco più della sua mano.

В«Tieni il viso coperto, non ti fermare per nessun motivo e seguimi come fossi la mia ombra.В» ordinГІ Santos, passandosi nervosamente le mani sui lunghi capelli corvini e stringendo la logora stoffa che li teneva legati.

«La tranquillità ha lasciato questa terra da anni». Con tali parole, l’astro si avviò verso i cancelli ansioso di ricevere le temute risposte alle domande che da giorni lo turbavano.

Jack annuì percependo la preoccupazione del suo compagno e, dopo essersi aggiustato il cappuccio, lo seguì.

В«Aspettami giovanottoВ» urlГІ Boris alle sue spalle.

Il terrestre non ebbe il tempo di voltarsi completamente che il folletto, mostrando una notevole agilità per il suo tozzo corpicino dalle curve marcate, gli si arrampicò sul mantello per poi raggiungere la tasca interna situata all’altezza dei pettorali.



Superati i grossi cancelli in ferro dalle decorazioni in basso rilievo a lui sconosciute, restò a bocca aperta. Strane abitazioni a base rettangolare, non più alte di una decina di metri, si ramificavano in tutte le direzioni divise da piccoli e stretti budelli. Le pareti, di un viola ormai sbiadito, si perdevano a vista d’occhio creando con i raggi del sole strani giochi di ombre. I tetti, tutti a cupola e di un colore simile al latte, davano l’impressione, a chi li guardava dal basso, di andarsi quasi a mescolare tra le grosse e candide nuvole che abitavano quel cielo dai colori brillanti. Stagliate in lontananza, sei torri azzurre dai lunghi e affusolati pinnacoli dominavano la città.

Sotto i loro stivali, grosse pietre dalle forme disordinate tremolavano leggermente a ogni passo. Statue raffiguranti svariate creature femminili, dai lineamenti rigidi e scavati e dai lunghi capelli, si susseguivano ai piedi delle abitazioni. Jack, senza parole, sgranГІ gli occhi. La cittГ  che gli si presentava davanti sembrava uscita da una favola.

«Ricorda ciò che ho detto» ripeté Santos deciso imboccando una piccola stradina leggermente in salita. Annuendo, il giovane si strinse ancor di più nel suo mantello cercando comunque di godersi il più possibile il paesaggio che lo circondava. Per quanto comoda e sicura, la rete che gli copriva il volto non gli permetteva di ammirare pienamente le magnificenze che tanto lo stavano affascinando. La tentazione di togliersi il cappuccio, sempre più forte. Anche solo per una manciata di secondi, desiderava poter far scorrere il proprio sguardo da una parte all’altra. Sapeva che era impossibile e, rassegnato, aumentò il passo.

В«Bella, vero?В». Boris aveva tirato fuori la sua tonda testolina coperta dal piccolo cappello verdastro dalla morbida punta cadente.

«Stupenda…» rispose schiacciandosi sul viso la fitta rete nel tentativo di migliorare la vista.

«Ci sarà il momento in cui potrai ammirarla senza paure, ragazzo.». Gli strizzò l’occhio il folletto rassicurandolo.

Santos camminava veloce e in ogni suo movimento, si percepiva l’aumentare della tensione.

«Mantieni il passo» gli ricordò Boris nel vedere crescere la distanza tra i suoi due compagni. Spaesato, Jack accelerò. Doveva essere la sua ombra, così gli era stato ordinato.

Le stradine cominciarono a susseguirsi una dopo l'altra lasciando spazio, ogni tanto, a piccole piazze adornate da numerose fontane scavate nei marmi.

Jack era stanco di camminare, i polpacci dolevano. Molti individui, avvolti nei loro mantelli dai diversi colori e dai volti coperti, gli passarono accanto senza degnarlo di uno sguardo. Il nuovo abbigliamento stava funzionando alla perfezione.

Svoltarono per l'ultima volta in un viottolo ritrovandosi così in una piccola piazza semi deserta.

Finalmente, Santos si fermГІ.

Davanti a lui, una graziosa casetta dalle consuete pareti violacee. Il piccolo tetto a cupola color latte, adornato con diversi vasi ricoperti di fiori colorati. Deglutì nervosamente.

Una grossa porta in legno dalle venature scure era l’ingresso. Su di essa, incise in uno strano corsivo, tre parole ad accogliere i visitatori: “Novo solis renascens”. Era arrivato il momento di saperne di più sul giovane terrestre.

Jack capì subito che avevano raggiunto il posto di cui gli aveva parlato l'astro. Non sapeva esattamente quali pensieri lo turbassero ma, in qualche modo, erano legati a lui.

Ne era certo.

«Aspettatemi qua. Non vi muovete, arrivo subito!», così dicendo, l'astro aprì la porta ed entrò accompagnato da un leggero cigolio.



Jack era affascinato dall'atmosfera che si respirava in quella cittГ . Le persone erano tutte incappucciate e nessuno lo avrebbe mai notato. Fu lui perГІ a notare qualcosa. Il suo sguardo si posГІ sulle verdi mura di un piccolo negozio dalla parte opposta della piazza.

Incisa su un'insegna in legno la scritta “La casa dei Desideri”.

Attratto e incuriosito, attraversГІ la strada per osservare la vetrina.

Moltissimi oggetti dai colori sgargianti e dalle forme piГ№ bizzarre mai viste prima erano accalcati gli uni su gli altri. Le domande alla loro utilitГ  sorsero spontanee.

В«Se ti piacciono, puoi entrareВ», lo invitГІ una figura incappucciata dalla voce roca poggiata sul ciglio della porta.

Quelle parole lo bloccarono.

L’ordine di Santos era chiaro, non doveva muoversi e farsi distrarre da nulla.

«No, grazie…», si limitò con un filo di voce abbassando il capo e cercando conforto nelle logore vesti.

В«Non sei di queste parti, vero straniero?В»

Trasalì. Non sapeva più cosa dire, era terrorizzato e il sudore ormai scendeva come acqua dalla pelle.

В«Tutto bene?В» continuГІ con aria sinistra il negoziante.

Jack si sentì soffocare. Il primo istinto fu di levarsi il cappuccio. Lo afferrò con una mano, non ne poteva più, aveva bisogno di aria fresca.

La burbera voce di Boris si levò leggera dalla tasca come un’ancora.

В«Non fare sciocchezze, non levarteloВ».

Jack tornГІ in sГ© e, con il respiro affannato, si girГІ e si allontanГІ senza rispondere all'individuo che, stranito dal comportamento dello straniero, rientrГІ nel proprio negozio scuotendo il capo.

Nel centro della piccola piazza, una panchina scavata nella roccia fu la meta.

A un paio di metri di fronte a lui, una fontanella a forma di pesce spruzzava acqua verso il cielo. Il getto, non troppo forte, faceva ricadere l’acqua sulla statua creando così brillanti giochi di luce grazie ai raggi del sole.

Il desiderio di sciacquarsi il volto, immenso. Voleva strapparsi le vesti di dosso, dalla prima all'ultima. Si portГІ le mani al volto con l'affanno in costante aumento ma, per fortuna, non ebbe il tempo di farsi sopraffare dal panico.

Una lunga mano affusolata lo sollevГІ dalla panca con decisione rimettendolo in piedi.

В«Ti avevo detto di non muoverti! Su, seguimi!В», lo rimproverГІ severo Santos strattonandolo.

Davanti a loro, la grossa porta in legno leggermente socchiusa.

I due entrarono accompagnati nuovamente dal leggero cigolio delle cerniere arrugginite che sostenevano l’uscio.

Il luogo, semibuio, illuminato solo da una piccola candela fluttuante al fondo della stanza. La fiammella, flebile e sinuosa, vibrГІ creando strane ombre sulle vecchie pareti per poi calmarsi alla chiusura della porta.

Jack, ancora agitato, si guardГІ intorno intimorito. I vestiti e il mantello, soffocanti.

«È lui?» domandò estasiata una voce femminile dall’ombra.

«Sì…» bisbigliò l’astro.

Ancora celata, la presenza lo esortГІ ad avvicinarsi.

Jack non si mosse.

La voce udita, dal tono leggero, soffice e penetrante, risuonГІ innaturale. IndietreggiГІ.

Non sapeva come comportarsi e l’aria respirata, umida e pesante, gli aumentò l'affanno.

«Santos…», si voltò di scatto cercandolo nell'ombra.

В«Siamo soli, avvicinatiВ», insistette l'ignota voce.

Si sentì vulnerabile, fragile. Voleva scappare via, riaprire la grossa porta in legno e correre lontano. Tutti i timori riaffiorarono in un secondo cancellando quella temporanea pace interiore che con fatica aveva trovato.

Qualcosa si mosse nell’oscurità. Trasalì. Il corpo, teso come una corda.

Dal nulla, un’aria fredda gli accarezzò il collo penetrando le vesti alle sue spalle. Subito il pensiero volò all’uscio ma capì, in una manciata di secondi, che non si trattava della corrente. La porta dietro di lui era chiusa, ne aveva sentito il rumore poco prima. L’aria lo accarezzò nuovamente e così continuò a intervalli regolari.

Non era uno spiffero ma un lento respiro, freddo e profondo.

TremГІ.

Qualcuno si trovava alle sue spalle.

Il cappuccio gli si sfilГІ permettendogli di respirare a pieni polmoni.

La paura saliva a ogni secondo. Santos lo aveva abbandonato senza dargli alcuna spiegazione. Non se ne capacitava.

Una lunga e sottile mano gli si appoggiГІ sulla testa accarezzandogli i folti e ondulati capelli neri.

Il sudore, che ormai gli ricopriva tutto il corpo, si gelГІ in un istante.

Brividi intensi lo invasero.

Provò a scappare ma le gambe, paralizzate, glielo impedirono e in balia della creatura dalla voce quasi metallica si sentì svenire.

La tentazione di chiudere gli occhi, di lasciarsi andare e di arrendersi all’inevitabile era forte. Ma anche abbandonarsi fu impossibile.

«Non resistermi, rilassati. Fammi entrare nel tuo cuore e permettimi di esplorare la tua anima» gli sussurrò all’orecchio la fredda e pungente voce alle sue spalle.

В«Chi sei?В»

В«AuraВ», riecheggiГІ leggero il nome nella stanza.

La piccola candela ormai era un puntino lontano e, con il cedere progressivo delle esili gambe, la vista gli si offuscГІ.

La mano, ben salda sulla sua testa, la fonte del suo malessere.

Improvvisamente, dal nulla, sentì un forte calore crescere dentro di sé.

Il freddo svanì e il sudore riprese a scendere invadente.

Aura posГІ anche l'altra mano tra i suoi capelli.

Tutt'intorno iniziò a girare e, con il calore del suo corpo in continuo aumento, si sentì ardere gli organi. Con le labbra e gli occhi contorti cercò di sopportare, di resistere. Ma il dolore lo soggiogò.

Una luce accecante illuminò la stanza. Per un secondo, il caratteristico arredamento del piccolo negozio comparve dall’oscurità.

Aura cadde rovinosamente a terra spinta da una forza sconosciuta. La candela si spense precipitando al suolo e il buio riavvolse la stanza. Jack, in preda alle convulsioni, si ritrovГІ sulle ginocchia completamente sudato, vuoto e senza forze.

Chiuse gli occhi.

Bruciavano tremendamente e rapito dall'oblio, si lasciГІ andare al suolo privo di sensi.

Aura era ancora a terra quando Santos rientrГІ nella stanza da una piccola porta ovale sulla sinistra.

В«Cos'ГЁ successo?В» domandГІ l'astro soccorrendola.

«È lui, il nostro salvatore è lui!» disse la ninfa, sorridendogli dolorante.

«Le tue mani…», le guardò Santos preoccupato.

Non sapeva cosa fosse successo. Seduto su una sedia scolpita nel legno, aveva aspettato nella stanza accanto logorato dall’ansia. Poi, quell’improvvisa luce che aveva oltrepassato gli spiragli della piccola porta e una forte folata di vento seguita da una calma piena di paure. Come un fulmine li aveva raggiunti trovando l'amica stesa al suolo e con le mani completamente ustionate. Accanto a lei, il corpo inerme del giovane.

В«Le fiamme! Ho visto il fuoco ardere nel suo fragile cuoreВ».

«Le tue mani…» ripeté sconvolto con un nodo alla gola.

Le parole della ninfa si erano perse nel nulla. Nella sua mente, le orribili bruciature sulle piccole e sottili mani dell’adorata amica.

В«Ashar ГЁ tornato tra noiВ», continuГІ Aura alzandosi.

Santos fece un lungo respiro cercando luciditГ .

В«Non dovevo coinvolgertiВ».

Lentamente, prese le mani fra le sue e per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Aura le ritrasse subito, ma quel luccichio negli occhi parlГІ per lei. Fresco era ancora il ricordo di quel giorno. Se solo Santos avesse saputo. Le leggi perГІ erano chiare e nessuno poteva infrangerle.

В«Era necessarioВ» rispose Aura accarezzandogli il volto con delicatezza.

«Non temere», così dicendo, si portò le mani vicino alle labbra e soffiò lievemente. L’aria gelida che ne uscì avvolse le ferite e in pochi secondi, la pelle le si rigenerò tornando trasparente e brillante senza alcuna cicatrice.

Nell’assistere a quella strabiliante guarigione, la mente dell’astro volò indietro nel tempo, quando entrambi condividevano i momenti di gioco. Il ricordo della terribile sbucciatura dell’amica, causata da una forte caduta da un alto albero, era ancora vivido nella sua mente. Ancor di più però lo era la miracolosa guarigione. Figlie dirette della natura, le ninfe avevano il dono della rigenerazione dei tessuti. Nell’ammirare per la seconda volta quella magia unica nel suo genere, un nodo gli strinse il cuore. La nostalgia dell’infanzia ormai così lontana e dei momenti interminabili passati insieme gli rivoltò lo stomaco.

«Il potere sprigionato è una misera parte di quel che si cela realmente in lui», proseguì Aura riportando lo sguardo su Jack.

Perso nel ghiaccio dei suoi occhi, Santos non rispose. Trasparenti, brillanti e dalle innumerevoli sfumature celesti, lo incantarono e senza accorgersene, le sue iridi mutarono. Un giallo intenso le avvolse testimoniando la voglia di evadere, di libertГ . Il desiderio del cambiamento e la ricerca dell'ignoto, di una nuova vita.

Poi, inaspettatamente, la ninfa s’incupì.

«Ho visto qualcosa oltre le fiamme…». Si fermò un istante in un lungo sospiro.

L’astro si bloccò, l’espressione dell’amica, seria e piena di preoccupazione.

Forse, la risposta alla domanda che piГ№ di tutte lo aveva turbato negli ultimi giorni era quella che temeva e che sperava non arrivasse mai.

В«Nel profondo del suo cuore, avvolta dal fuoco, una parte buia e malvagia si nascondeВ».

Quelle parole, sintetiche quanto devastanti, lo colpirono allo stomaco. I suoi timori, che con fatica aveva tenuto a bada, si erano trasformati in realtà. Strinse i pugni con forza sbattendoli contro il muro. Nonostante i suoi sforzi, non era riuscito a impedirlo. Era stato scelto tra altri astri per compiere quella delicata quanto pericolosa missione. Il suo, secondo il giudizio del Gran Consiglio, era il profilo più adatto per svolgere un compito così vitale. A quanto pareva però, già da subito aveva fallito. Purtroppo, l’amica non si sbagliava e negare non sarebbe servito a nulla.

В«Non ГЁ stata colpa tua, non ti punire!В», provГІ a consolarlo Aura prendendogli le lunghe mani tra le sue.

«Non dovevano scegliere me! C’erano altri per svolgere questo compito, altri più qualificati. Ho fallito, non ho scusanti!», continuò afflitto.

Se giГ  impervia e suicida, ora la missione lo era ancor di piГ№.

«Così insulti gli Anziani. Se ti hanno scelto, un motivo c'è».

Le loro mani, strette le une tra le altre.

Santos scosse il capo rifiutando quelle parole.

Adirato con se stesso, sfilГІ delicatamente le affusolate dita ormai in preda a leggeri tremori.

Aura, dispiaciuta nel vederlo in quello stato, si avvicinГІ al giovane ancora inerme sul pavimento.

В«Ognuno di noi, nel profondo e a prescindere dalla razza, cela una parte buiaВ». SospirГІ nuovamente. Non era facile trovare le giuste parole ma era necessario per spronarlo.

«Ricorda le sue origini. Gli umani sono una delle razze più crudeli e corrotte. Una macchia d’ombra nel suo cuore non dovrebbe stupirti nonostante la sua sia terribilmente oscura».

Santos ascoltГІ divorato dai sensi di colpa.

«Non doveva andare così, avevo il compito di proteggerlo!» urlò con tutto il fiato in corpo.

В«E lo hai fatto. Se non fosse stato per il tuo intervento, ora sarebbe prigioniero del Trokor!В», lo imbeccГІ la ninfa alzando la voce.

L’astro si passò le mani fra i lunghi capelli corvini sfilandosi il piccolo pezzo di stoffa e, nervoso, aprì la mano destra con decisione. Dal nulla e carica di rabbia, si generò, a pochi centimetri dal palmo, una piccola palla di fuoco.

La stanza, priva di finestre, s'illuminГІ.

В«Lurida bestia!В»

«Rilassati Santos…», cercò di calmarlo Aura visibilmente scossa da quell'improvvisa e pericolosa reazione.

В«La pagherai!В».

L'urlo dell'astro riecheggiГІ nella stanza e la sfera aumentГІ notevolmente.

В«Santos!В», tuonГІ la ninfa sprigionando una forte raffica d'aria gelida avvicinandoglisi severa.

La temperatura della stanza, ormai fin troppo alta, calò vertiginosamente e il corpo snello dell'astro si ricoprì di un leggero strato di ghiaccio. La sfera mutò con il suo creatore ghiacciandosi all'istante e così, dopo essere apparsa ardente, scivolò dallla sua mano infrangendosi al suolo in mille cristalli. Santos, tremante, ritornò in sé.

«Scusami…», si lasciò andare al suolo stringendosi il capo.

В«Guardati!В», lo rimproverГІ Aura.

В«Che fine ha fatto l'astro coraggioso e impavido che conoscevo? Alzati e reagisci al posto di piangerti addosso!В».

Nel sentire l'amata parlargli così duramente, Santos si alzò cercando di ritrovare la stabilità d'animo che da sempre lo aveva contraddistinto.

«Ti ringrazio…», la guardò serio dopo alcuni secondi.

Vedendolo nuovamente integro, la ninfa si calmГІ soddisfatta e la temperatura, gelida, iniziГІ nuovamente a stabilizzarsi.

«Hai ragione. Perdere il controllo non aiuta nessuno, ma devi sapere che Jack è vittima del primo sogno d'iniziazione…», si fermò un secondo regolando il respiro.

В«Sai di cosa parlo?В».

Aura, che aveva percepito un male fin troppo forte dentro il cuore del giovane terrestre, trasalì cercando di non darlo a vedere. Ora, tutto le era chiaro e guardando l'amico negli occhi, capì il reale motivo del suo comportamento.

«Sì, è il rituale antico con il quale il male avvicina a sé nuovi seguaci tramite tre orribili sogni» rispose con un filo di voce.

L'astro, sconsolato, mosse il capo confermando le sue parole. La gravitГ  della situazione era maggiore di quel che Aura pensava ma, di certo, non poteva mostrarsi turbata dopo i discorsi precedenti.

В«Se Ashar, il grande e onnipotente re del sole, padre di tutti i padri, ha scelto un umano, stai pur tranquillo che non ГЁ un caso. Devi essere forte, nessuno ha detto che sarebbe stato facile e tanto meno come fare. Lo hai salvato ed ГЁ un successo non da pocoВ».

La ninfa aveva ragione.

Come suo astro protettore, nonchГ© guida e mentore, doveva reagire affrontando al meglio il suo compito.

RespirГІ profondamente.

Entrambi fissarono il giovane.

В«Il suo cuore ГЁ piГ№ forte di quanto pensi, non temereВ». Quelle parole, ossigeno puro per lui.

«Ricorda che il rituale è composto da tre sogni. Starà a te vegliare su di lui impedendo all’oscurità di continuare il suo infido piano».

In quell'istante, la forza e il coraggio tornarono e sapendo esattamente cosa fare, Santos strinse i pugni determinato.

Doveva salvarlo a ogni costo, proteggere la sua anima dall'oblio della piГ№ totale perdizione e nessuno, stregone o semidio, glielo avrebbe impedito.

В«Ingrati!В», li rimproverГІ Boris sbucando da sotto il mantello di Jack interamente affumicato. Nel vederlo, Santos spalancГІ gli occhi sentendosi in colpa per essersene completamente dimenticato.

В«Santi numi!В» esclamГІ il folletto guardando Aura.

Da sempre, le ninfe lo terrorizzavano e mai nessuno era riuscito a capirne il motivo.

«Amico mio…», si affrettò Santos piegandosi sulle ginocchia per accertarsi delle sue condizioni.

В«Sto bene astro, non farmi da baliaВ». SbuffГІ Boris passandosi un lembo del mantello sul piccolo e tozzo volto.

В«Ci vuole ben altro per mettermi al tappeto!В», continuГІ burbero sbattendosi le vesti.

Quella, sicuramente un'altra vicenda che avrebbe decantato per il resto della vita elogiando la sua ineguagliabile resistenza fisica.

В«Ha carattere il giovanotto!В», terminГІ ironico pulendosi la folta e bruciacchiata barba grigia.

В«Non cambierai mai!В», gli sorrise l'astro. La sua boriositГ , nonostante avesse rischiato fortemente di morire carbonizzato, integra come sempre.

«Vi ho sentiti…». Si limitò il folletto provando a posare lo sguardo sulla ninfa senza successo.

В«StarГІ al tuo fianco e proverГІ a rendere meno pesante questo fardello per le tue esili spalle. Ti aiuterГІ vegliando con tutte le mie forze sul salvatore. Questo, sempre se tu lo vorrai ovviamenteВ».

Il suo unico compito, non altro che un semplice favore per un caro e vecchio amico, era stato quello di portare le vesti al loro arrivo, niente piГ№. Aggregarsi nel viaggio verso Fati non era stato previsto e dopo aver accompagnato l'astro in quella casa, si sarebbe dovuto fermare nella cittГ  per conto suo.

Non era tenuto a far altro se non tornarsene nel suo piccolo regno ma questa volta, la posta in gioco era decisamente alta. Purtroppo, annoverava l'intera Costellazione.

В«Mai ho trovato piГ№ onore e coraggio che in te, piccolo amico. Sarebbe un privilegio condividere questa missione al tuo fiancoВ».

Aura restò in disparte, quello che stava accadendo la riempì di gioia.

Santos ora aveva un compagno che, per quanto piccolo, mostrava coraggio e personalitГ .

In quell'istante, carico di sentimento, i due compagni si scambiarono una simbolica quanto importante stretta di mano, sancendo così la loro alleanza.

В«Amici miei, custodi, poco piГ№ di un anno ci divide dalla visione oscura. Il vostro sarГ  un cammino tortuoso e pieno di ostacoli ed ГЁ per questo che le vostre anime non dovranno mai vacillare.В», ufficializzГІ il patto Aura guardandoli orgogliosa.

Per quanto lungo, un anno sembrГІ poco per poter preparare il giovane terrestre a compiere il proprio destino ma, spinti l'uno dalla forza dell'altro, non si scoraggiarono fiduciosi delle proprie capacitГ .

«Inizieremo l’addestramento non appena riprenderà le forze!», stabilì così l’astro posando lo sguardo su Jack.

Con un fisico così esile, prepararlo ad affrontare creature potenti e senza scrupoli non sarebbe stato facile ma le qualità per farlo, di certo, non gli mancavano.

Boris, consapevole del buon senso dell'amico, annuì. Orgoglioso e deciso a essere un prezioso aiuto si massaggiò la folta barba.




13


I raggi del sole erano già caldi. Infastidito dalla luce, Jack aprì gli occhi.

Stordito, si guardГІ intorno. Tonde pareti turchesi, non troppo alte, terminavano in un affascinante soffitto a cupola sul quale, dipinto perfettamente, un cielo di un blu profondo ne era padrone.

Il semplice arredamento, raffinato e dal tocco femminile, rendeva il tutto caloroso e familiare.

Un grazioso tavolino bianco dalle gambe intrecciate poggiava sotto un’enorme finestra alla sua sinistra. Filtrando tra le lunghe tende color panna, i raggi del sole entravano delicati.

Dove si trovava?

Nella sua mente, frammenti d'immagini sfocate e incomprensibili.

Si voltГІ.

Alla sua destra, una credenza dalla grande specchiera dominava dall’alto l’intera stanza e nel guardare la propria immagine riflessa nello specchio, si sentì vuoto e prosciugato da ogni energia.

A stento si riconobbe. Il volto pallido e scavato e i capelli arruffati lo sconvolsero.

Dell'atletico ragazzo, ormai nessuna traccia.

Se solo pochi giorni lo avevano ridotto in quelle condizioni come avrebbe potuto affrontare quell'infausto destino?

CercГІ di scacciare via quella pessimistica idea alzando gli occhi al cielo.

Il soffitto presentava molteplici oggetti appesi a piccole e luccicanti catene e nel vederli, ignaro di cosa fossero, si perse tra i loro colori sgargianti riuscendo così ad alleviare la forte emicrania.

Il tempo che passò non riuscì a quantificarlo ma, ripresosi dall'incanto dei riflessi variopinti, levò con delicatezza le candide coperte che lo avevano avvolto. Provò ad alzarsi.

Riuscì a malapena a mettersi diritto sulle gambe prima che una lancinante fitta al petto, seguita da forti vertigini, lo costrinse con decisione a sprofondare nuovamente nel soffice materasso.

Non capì.

Cosa gli era successo e dove si trovava?

Di Santos, lo strano individuo che lo aveva trascinato in quel luogo, neanche l'ombra.

Che lo avesse abbandonato definitivamente?

Forse si era sbagliato nel crederlo il salvatore e, una volta accortosi dell'errore, se ne era subito liberato.

Il respiro aumentГІ. Agitato, chiuse gli occhi cercando di portare alla luce ogni cosa.

Dopo una manciata di minuti, nel buio dei suoi ricordi, come lampi balenarono improvvisamente alcune immagini sfocate, anticipate però da un’innaturale voce metallica. Dei brividi gli percorsero la schiena facendolo tremare, poi nulla.

В«Finalmente hai riaperto gli occhiВ», apparve Santos sul ciglio della porta di fronte a lui.

«Avevo chiesto a Boris di tirare le tende per permetterti di riposare ancora un po’ ma, a quanto vedo, se n'è scordato», continuò non ricevendo alcuna risposta.

Vedere il maestro lo bloccГІ e avvolto da strani sentimenti, un sorriso gli illuminГІ il volto.

Non lo aveva abbandonato ma era lì a prendersi cura di lui.

Si sentì uno stupido nell'aver dubitato e imbarazzato arrossì di gioia.

В«Vedo che sei di buon umoreВ» osservГІ il maestro ricambiandogli il sorriso.

Senza pensarci, Jack provГІ nuovamente ad alzarsi ottenendo perГІ lo stesso e dolorante risultato.

В«Hai dormito per due giorni Zeno. Non ti preoccupare, i dolori che senti sono normali. Il tuo corpo ГЁ stato sottoposto a uno sforzo che in pochi avrebbero superatoВ».

Nella sua mente, un’infinità di domande.

В«Rilassati e riposa ancora se ne senti il bisogno. Partiremo quando sarai prontoВ».

Jack annuì, desideroso di rimettersi il prima possibile.

«Se hai fame troverai del cibo sul tavolo in cucina». Santos svanì nel buio del piccolo corridoio richiudendosi la porta alle spalle.

Era stato un colloquio veloce e sintetico ma vitale per farlo riprendere emotivamente. Jack restГІ per qualche minuto a fissare il cielo dalla finestra ammirandone ogni dettaglio.

Azzurro, calmo e con qualche grossa e morbida nuvola sparsa qua e là, lo tranquillizzò. In quel posto così lontano, tutto sembrava avvolto da un'aura particolare e con lo sguardo fisso nel manto celeste, trovò la pace.

Quello, un momento importante per la sua crescita. Finalmente, per la prima volta, stava accettando la sua situazione pronto a viverla concretamente nonostante l'enorme paura.

Quando decise di alzarsi, le vertigini lo colpirono nuovamente ma con meno intensità. Con stupore, riuscì ad attraversare la stanza.

Superato il piccolo corridoio nella penombra, raggiunse la cucina.

Sulle pareti turchesi, all’altezza degli occhi, lunghe file di candele fluttuanti illuminavano l’arredamento.

Molto più spaziosa e priva di finestre, lasciò il giovane spaesato. Due credenze, piene di ampolle dalle svariate misure contenenti ambigui liquidi dai mille colori, riempivano la parete alla sua destra. La fila di candele deviava il suo percorso alzandosi per superarle, creando così strani giochi di ombre. Accanto alla parete opposta, un meraviglioso tavolo rotondo dalle accurate decorazioni incise nel legno coperto da una soffice tovaglia bianca. Su di essa, poggiavano una piccola tazza di tè e un cestello con dei biscotti. L’odore gli invase le narici. Appena sfornati e ancora fumanti, i dolci lo riportarono indietro nel tempo quando, a pochi anni, passava i pomeriggi a casa dell’adorata nonna ormai scomparsa. Quello, un ricordo al quale era molto legato. L’anziana donna, ogni pomeriggio gli preparava la merenda con amore per poi portarlo al parco a giocare fino all’arrivo della madre.

Affamato, si sedette e cominciГІ a mangiare con foga. In pochi secondi, della ventina di biscotti rimasero solo piГ№ le briciole. Con la bocca impastata, si scolГІ l'intera tazza bollente ustionandosi la lingua.

В«Sono felice che ti siano piaciutiВ» disse una voce femminile alle sue spalle.

Il cuore gli sobbalzò. Quella voce, sensuale, penetrante e metallica, l’aveva già sentita e in un secondo le immagini di quel che era successo gli invasero la mente.

Spaventato, si voltГІ lentamente con la bocca ancora ricoperta dalle briciole.

Nel vederla perse il fiato. Bellissima oltre ogni immaginazione, Aura lo guardГІ teneramente. Brillava della stessa luce dei fiori che aveva visto nei boschi durante il viaggio per Fati e che tanto lo avevano affascinato. La pelle, di un azzurro chiaro quasi trasparente, era ricoperta qua e lГ  di minuscoli cristalli luminosi. Gli occhi, color ghiaccio, rendevano un viso dai lineamenti perfetti, ancor piГ№ stupendo e incantevole.

A coprirle il sinuoso corpo, una semplice tunica di pizzo bianca legata in vita da un soffice nastro viola che terminava con un tenero fiocco sul fianco destro. La veste lasciava scoperte solo le caviglie, accarezzate da due semplici sandali chiari. I capelli, dello stesso colore degli occhi, scendevano morbidi seguendo i delicati lineamenti del viso.

В«Santos ti aspetta, il carro ГЁ prontoВ».

Jack annuì timidamente, era bellissima. Imbarazzato, si pulì la bocca con la manica della maglia per poi alzarsi goffamente colpendo il tavolo con le ginocchia. Provò a nascondere il dolore con una smorfia provocando così divertimento nella ninfa.

Nel guardarlo, Aura vide l’asprezza e la purezza della sua giovane età. Quello davanti a lei era poco più di un bambino, un blocco di ferro grezzo che doveva essere assolutamente forgiato. Confidava nelle abilità dell'astro ed era certa che da quell’involucro ne sarebbe uscito fuori un guerriero, il loro salvatore.

I muscoli non dolevano più e il giovane capì che, perso davanti alla finestra del cortile interno, aveva trascorso più del tempo che pensava.

«Questo ti appartiene», gli porse il mantello Aura. Se ne era completamente dimenticato. Lo prese e con un filo di voce ringraziò la ninfa impegnandosi in un buffo inchino. Imbarazzato, si diresse verso l’uscita nella stanza accanto. Lei rimase lì, immobile e fiduciosa, si lasciò andare in un sorriso carico di sentimento.

Anche se la minaccia era dietro l’angolo, in un modo o nell’altro, tutti riuscivano ancora a sorridere. Non dovevano abbattersi ed era in quei piccoli gesti che dovevano trovare sempre e comunque la forza di ridere. Zeno aveva bisogno di persone forti al suo fianco e in grado di condurlo lungo il cammino.

Avvolto dal logoro mantello, aprì la porta.

Il sole alto lo accecГІ e rapido chiuse gli occhi infastidito.

Ritrovarsi nuovamente prigioniero di quel pezzo di stoffa nero lo angosciava. Voleva inspirare a pieni polmoni, lasciare liberi i capelli al vento e godersi il calore di quella splendida giornata. Purtroppo perГІ era pericoloso e in alcun modo, nessuno doveva notarlo.

Stava scendendo l’ultimo dei tre gradini ancora incredulo dall'angelica visione quando, senza pensarci, sentì il bisogno di voltarsi per vederla ancora una volta. Ma alle sue spalle, la grossa porta in legno era già chiusa. Dispiaciuto, si voltò raggiungendo i due compagni distanti pochi metri.

В«Ma insomma, ti vuoi muovere?В» brontolГІ Boris dal carro.

Scombussolato, Jack non fece caso al nuovo mezzo di trasporto davanti ai suoi occhi. Non aveva mai visto nulla di piГ№ mistico e affascinante e ora, le poche immagini di Aura, gli riempivano la mente estraniandolo da quel che lo circondava.

Santos si limitГІ in uno sguardo. Sapeva che per un essere umano, abituato a convivere solo con individui della stessa razza, ritrovarsi davanti a una ninfa non era facile. In piГ№, la sua bellezza era superiore alla norma e questo rendeva il suo incontro con il giovane ancor piГ№ speciale.

В«Sveglia bambolotto!В», continuГІ Boris senza dargli tregua.

Jack scosse il capo nel tentativo di riprendersi. Davanti a lui, un carro di legno poggiava su due grosse e consumate ruote metalliche. Il tutto, legato a due piccoli cavalli bruni dall’aspetto tutt’altro che rassicurante. L’astro gli fece cenno di salire. Il giovane gli si sedette a fianco voltandosi per l’ultima volta verso la piccola dimora della ninfa.

Con l’immagine ancora fresca di Aura e spinti da sensazioni diverse tra loro, i tre compagni lasciarono la piccola piazza dalla fontana a forma di pesce per perdersi nelle strette vie che portavano al distretto del mercato.

Santos, innamorato perdutamente, aveva comunque deciso di non esprimerle in alcun modo i suoi sentimenti. Non era il momento e non voleva soffrire più del dovuto. Il sol parlarne li avrebbe resi tremendamente reali. Per ora li lasciava lì, tra i ricordi e i sogni, nella speranza di un futuro diverso, migliore.

Dopo aver viaggiato in lungo e in largo, conosciuto genti e affrontato battaglie, aveva deciso di far ritorno a casa spinto dalla voglia di rivedere la sua amata dopo lunghi anni di assenza. Se per Aura rivederlo era stato un caso, per lui, di certo no. L’aveva cercata per settimane, raccolto informazioni e poi, con fatica, l'aveva trovata senza però aver il coraggio di andarle subito a parlare. Aveva passato giornate intere a osservarla nascosto nell'ombra vergognandosi per la sua codardia. Poi, proprio quando la forza di farsi avanti si era concretizzata, come una tempesta era arrivata la chiamata dal Gran Consiglio e l’assegnazione di quell'importante missione.

Al contrario dei suoi compagni, il folletto era rimasto fortemente turbato dalla visione della ninfa, scosso dai timori che si portava dietro da anni e che non lo avevano ancora abbandonato.

Le piccole e tortuose vie si susseguirono l’una dopo l’altra in un labirinto dallo sfondo violaceo. Si trovavano ancora nel primo distretto e a breve avrebbero raggiunto il secondo.

Prima dell'arrivo dei mercanti, su Abram non esistevano cittГ . Ninfe, folletti, auri e astri vivevano a stretto contatto con la natura, immersi nel verde del loro pianeta.

Poi, quando una grossa carovana composta da un centinaio di mercanti di diverse razze raggiunse quel piccolo paradiso, gli scontri fra le due fazioni furono inevitabili.

Per proteggere le proprie ricchezze e spinti dalla sete per il denaro, i mercanti avevano assoldato numerosi mercenari e così, nel giro di pochi mesi, le perdite da entrambe le parti furono elevate.

Ma un giorno, fortunatamente qualcosa cambiГІ. Atria, regina delle ninfe, conscia del disastro concesse ai mercanti la possibilitГ  di svolgere il proprio lavoro assegnandogli un grosso territorio. Dopo diversi anni, mattone su mattone, sarebbe nata Fati, comunitГ  dei mercanti nel pianeta delle ninfe.

Con il trattato di SerenitГ , gli stranieri s'impegnarono a mantenere i loro affari all'interno delle mura della cittГ , mentre gli abitanti di Abram a non invaderla con la forza.

Così, dopo interminabili mesi di sanguinose battaglie, gli scontri cessarono e la pace ritornò aiutando la prosperità del piccolo mondo.

In molti, tra le varie razze autoctone, la giudicarono una pesante sconfitta ma per il quieto vivere, nessuno osГІ contrastare quell'importante decisione.

Poi, con il passare degli anni, gli astri abbandonarono progressivamente il pianeta spinti dall’innata voglia di conoscenza. Solo in pochi rimasero su Abram continuando a proteggere la natura e formando nuovi protettori ogni anno.

Con il passare del tempo, la fama del mercato crebbe velocemente attirando sempre più stranieri in cerca di fortuna. Da poche e semplici capanne e con l’aumentare costante dell’afflusso di visitatori, nacque una vera e propria città circondata da alte e spesse mura. Molte ninfe, attirate dalla vita cittadina, lasciarono i boschi trasferendosi a Fati, costruendo così un vero e proprio sobborgo adiacente al mercato. Questo, inevitabilmente, portò a un'integrazione maggiore e a un equilibrio più forte tra le razze che abitavano quell'ormai grande metropoli.

Le differenze tra i sei distretti, tre delle ninfe e tre dei mercanti, rimasero negli anni comunque molto evidenti. Dai palazzi a pochi piani dalle pareti violacee e dai candidi tetti a cupola, si passava, nel giro di poche vie e di piccole mura, a grossi agglomerati di abitazioni costruite in pietra e dalle forme tozze e poco curate. In quei distretti non c’erano colori dominanti. Ogni palazzo presentava tinte e strutture diverse creando così un miscuglio caotico ma dal carattere affascinante.

Aura, come molte altre, aveva rinunciato alla vita nei boschi aprendosi un piccolo negozietto nel quale, con passione, vendeva antiche pozioni dalle diverse proprietà. Si era allontanata dalle tribù delle foreste per evadere dalle dure regole della società. Aveva sentito, piena di rancore, il forte bisogno di voltare pagina, di rinnegare le proprie origini e vivere quasi nell’ombra e nella riservatezza. Odiava quei dogmi ma non poteva far altro se non distaccarsi civilmente seguendo l’onda delle sue sorelle che avevano deciso, per svariati motivi, di abbracciare il nuovo stile di vita straniero.



Il carro svoltò per l’ennesima volta in una piccola via dagli alti palazzi, ritrovandosi così in un’enorme piazza circolare.

Perso nei suoi pensieri, Jack non si era accorto del lungo tragitto e solo il forte tremore, provocato dallo scontro della ruota con una pietra, lo riportГІ alla realtГ .

В«Siamo nel secondo distretto, il centro della cittГ  delle ninfeВ» gli spiegГІ Boris appollaiato comodamente tra le provviste alle sue spalle.

Mostrarsi sapiente e pronto a ogni spiegazione, un piacere irresistibile per il suo sconfinato ego.

Anche la grande piazza, come tutte le altre, nel centro presentava una fontana e inevitabilmente, Jack ne rimase incantato.

Quattro ninfe, scolpite nella roccia e alte una decina di metri, poggiavano le nude schiene su un alto albero marmoreo dalle sfumature verdastre.

Ogni singolo dettaglio, notevolmente minuzioso, la rendevano la piГ№ bella fontana mai vista.

Con le braccia sollevate verso il cielo, le ninfe reggevano grosse ampolle dalle quali, brillante e cristallina, l’acqua sgorgava allegra. I giochi di luci e di ombre che si creavano sotto i raggi del sole, frutto di uno studio senza eguali.

«Alza lo sguardo giovanotto!» gli suggerì Boris visibilmente compiaciuto.

Jack ubbidì e nei suoi occhi, lo stupore crebbe togliendogli il fiato.

Oltre la piazza, dopo una fila di piccoli palazzi, in lontananza imponenti torri azzurre alte un centinaio di metri si ergevano dominando la cittГ  e per quanto stupenda, la fontana passГІ subito nel dimenticatoio.

Le aveva viste varcati i cancelli nel primo distretto ma nel ritrovarcisi così vicino, si sentì minuscolo in confronto, quasi indifeso e fuori posto.

В«Cristallo azzurro di Abram.В» spiegГІ il folletto fiero piГ№ che mai.

Santos, fino a quel momento rimasto in silenzio, sorrise dando un leggero colpo di redini ai due piccoli cavalli. Vedere il ragazzo distratto e sempre piГ№ vicino a Boris lo tranquillizzГІ.

Con gli occhi luccicanti, Jack si voltГІ verso il piccolo compagno in cerca di ulteriori spiegazioni.

В«Queste torri sono costruite interamente in cristallo e sono le sedi del comune. Da qui, vengono governati i primi tre distrettiВ».

Si affrettГІ il folletto quasi non aspettasse altro.

Jack non rispose e, colmo di emozioni, si lasciГІ sprofondare con la schiena nel sottile sedile perso verso l'orizzonte.

В«Come vedi sono sei e ovviamente, non ГЁ un caso!В».

La voce del piccolo amico, il giusto sfondo a quella meraviglia.

В«Costruite insieme alle fondamenta dei tre distretti delle ninfe, sono un omaggio alle sei divinitГ  primordiali creatrici dei mondi e dei loro abitanti!В».

Disposte circolarmente, quattro formavano gli angoli laterali di un pentagono mentre la quinta, leggermente piГ№ grande, chiudeva la geometria in punta. Al centro, quella piГ№ alta e imponente di tutte, fulcro reale del complesso.

«Potrai sicuramente capire che quella centrale rappresenta Ashar, padre indiscusso del creato e davanti, a indicargli il giusto cammino, c’è la saggia e potente Venia. A proteggerli, le altre quattro formidabili divinità».

I colori diversi, con i quali i pinnacoli piГ№ alti delle torri erano dipinti, lo aiutarono subito a capire la spiegazione e senza accorgersene, s'incantГІ sul rosso brillante della torre centrale.

Un improvviso richiamo, la dilatazione delle pupille e il battito del cuore piГ№ veloce lo estraniarono per alcuni secondi da tutto.

Santos se ne accorse all'istante. Veloce lo colpì con una gomitata nelle costole.

Jack si riprese subito e massaggiandosi il fianco, lo guardГІ spaesato. Quei pochi secondi, confusi piГ№ che mai.

«Scusami, non me ne sono accorto!», mentì l'astro sorridendogli e alzando le spalle.

Non poteva permettere in alcun modo che il giovane terrestre si perdesse con la mente, doveva tenerlo saldo alla realtГ .

Non sapeva esattamente come affrontare il suo potere ma di certo, lasciarlo nei meandri della sua anima non era d'aiuto.

Confuso, Jack riportГІ lo sguardo verso le torri di cristallo alte quasi fino alle nuvole.

Quello, un chiaro segno della ricerca costante di un contatto da parte delle ninfe con i propri creatori.

Il carro oltrepassò l’ampia piazza per poi rituffarsi negli stretti vicoli e le strade, quasi deserte, si snodarono una dopo l'altra serpentando tra i piccoli edifici. Gli altri due distretti furono la fotocopia del primo, e il lento e costante tremolio della piccola carrozza accompagnò il sonno del giovane.




14


В«Guarda dove vai!В» urlГІ adirato un individuo incappucciato scostandosi goffamente.

В«Mi scusiВ», si affrettГІ Santos fermando di colpo i cavalli con un'energica tirata delle briglie.

Il diverbio e il brusco arresto, lo svegliarono di soprassalto. Ancora con gli occhi pesanti, Jack si voltГІ verso il suo maestro.

В«Tranquillo, va tutto beneВ», lo tranquillizzГІ l'astro poggiandogli un mano sulla spalla.

Dopo un lungo sbadiglio e un contorto allungamento delle braccia, il giovane si riprese dallo scomodo riposo.

Davanti a lui, fra i palazzi, alte mura tagliavano la cittГ .

«Siamo arrivati nel quarto distretto. D'ora in poi, stai attento e non parlare con nessuno.», si premunì Santos ordinando nuovamente ai due piccoli cavalli di riprendere la marcia.

Jack annuì rannicchiandosi nel suo asfissiante mantello.

Per quanto gli avesse provocato un fastidioso mal di schiena, il riposo lo aveva rigenerato. In un miscuglio di ansia e curiositГ , sospirГІ profondamente.

В«Fammi spazio giovanotto!В», lo spintonГІ Boris arrampicandosi sulla sua ruvida cappa.

«È meglio che stia nell’ombra anche io», così dicendo, si riposizionò nella tasca interna strizzandogli l’occhio in segno di complicità.

A pochi metri, un grosso arco univa le due spesse mura permettendo così il passaggio ai numerosi e quotidiani visitatori.

Alte una decina di metri, segnavano il confine tra i distretti abitati dalle ninfe e quelli del mercato. La chiave di volta raffigurava, scolpita nella roccia, una grossa testa di leone, simbolo che da sempre accompagnava i mercanti di Abram. Dal centro dell’arco, accoglieva con le fauci spalancate gli stranieri mettendoli in guardia su quel che potevano trovare all’interno. Con i mercanti di Fati, di certo non c’era da scherzare. Provenienti da antiche discendenze di commercianti, i cento fondatori avevano costruito la città con determinazione difendendola da ogni pericolo e allontanando gli ospiti indesiderati armi alla mano. Ottimi venditori, abili truffatori e criminali incalliti, questi erano i profili dei padroni della città.

Superate le mura, tutto mutГІ improvvisamente.

Su entrambi i lati del viale, lunghe file di bancarelle apparvero a perdita d'occhio in uno sfondo caratteristico e caotico.

Mercanti dai piГ№ strani lineamenti urlavano elogiando le proprie merci nel tentativo di attirare nuovi clienti con ogni stratagemma. Dalle deserte e strette vie dei distretti delle ninfe, in pochi metri, i tre compagni si ritrovarono in un ingorgo d'individui inimmaginabile.

Jack, con i timpani doloranti a causa dell'assordante vociare e con il naso tappato dall'aria pesante mista a sabbia, si sentì immediatamente mancare.

Con gli occhi frenetici e pieni di immagini, si voltГІ verso l'arco confuso fortemente.

Prima di attraversarlo, aveva solo visto un lungo viale totalmente deserto e ritrovarsi in quel caos lo aveva lasciato senza parole.

В«Magia delle ninfeВ» gli spiegГІ Boris vedendolo in quello stato.

В«Non hai da preoccuparti, non stai avendo delle allucinazioni. Incantesimo di occultamento allo stato puro. Grazie a esso, i confini tra i distretti rimangono costantemente tranquilli e le ninfe, abituate a una vita tranquilla, non risentono dell'immane frastuono dei mercatiВ».

Nel ricevere quelle informazioni, Jack si tranquillizzò rasserenato. La sua mente stava bene e quelle che credeva fossero allucinazioni, fortunatamente, non lo erano. Ma il suo malessere non svanì del tutto. Di suo, aveva sempre odiato i posti affollati e in primo luogo i mercati. Non tanto per quel che c’era al loro interno ma per la moltitudine di persone che li frequentavano, rendendo il cammino una vera e propria agonia.

Fin da piccolo, dopo le prime esperienze in compagnia della madre, aveva mostrato una scarsa resistenza in quei luoghi portando così la donna a scegliere, a malincuore, di lasciarlo a casa ogni volta che lei ci andava.

Questa volta perГІ davanti a lui non c'erano le poche bancarelle del mercato di Sentils ma una vera e propria cittГ . Una cittГ  costruita con il solo e unico scopo di vendere.

Nonostante il suo forte disagio, anche il mercato lo lasciò senza parole. Splendenti e lussuosi palazzi, appartenenti ai mercanti fondatori, si ergevano tra le catapecchie che regnavano in ogni direzione. Non c’era una distinzione tra le zone povere e quelle residenziali, sintomo dello stesso stile di vita di tutti gli abitanti della metropoli.

Il piccolo calesse proseguì a fatica nel traffico e vicolo dopo vicolo, Jack ne rimase sempre più affascinato. Nani, elfi e altre creature che non sapeva identificare erano impegnate a contrattare ogni tipo di merce.

Alla sua sinistra, su una piccola bancarella gestita da due giovani elfi, vide numerose ampolle contenenti svariati animali immersi in liquidi dai colori più strambi. Provò, senza riuscirci, a immaginarsi l’utilità di quelle strane fialette tanto affascinanti quanto macabre. Insetti, ratti, pesci e altri animali a lui sconosciuti erano lì, privi di vita, galleggianti nei colorati fluidi chissà per quale strano motivo.

Poco più avanti, su un’enorme bancarella di un grosso e vecchio nano, un’infinità di armi poggiavano le une sulle altre sopra a vecchi e sporchi pezzi di stoffa. Asce, pugnali, coltelli, archi, lance, balestre, mazze chiodate e armature dalle diverse misure ne facevano un vero e proprio arsenale in grado di armare un centinaio se non più di soldati.

Il grosso e basso mercante urlava elogiando l’affidabilità e la qualità delle proprie armi, impegnato ad affilarne una contro un’apposita pietra circolare messa in moto da uno strano strumento a pedali.

Con gli occhi arrossati a causa della polvere alzata dalle migliaia di stivali in movimento, Jack si strofinò fortemente il viso da sopra la rete del mantello, andando così a peggiorarne il fastidio.

Quel cambiamento, così improvviso quanto eccitante, lo stava travolgendo ogni secondo di più alternando in lui diverse sensazioni. L'intenso e inebriante profumo di fiori dei primi tre distretti aveva abbandonato le sue narici ormai sature dei forti fetori presenti. Muffa, sudore, escrementi e altre orribili e sconosciute esalazioni non gli davano tregua e nonostante l'immensa meraviglia, un forte conato lo contorse sul piccolo e scomodo sedile.

В«Profumo del mercato, caro mio!В», scoppiГІ a ridere da sotto il mantello il barbuto folletto abituato, come l'astro, a quei nauseabondi fetori.

Nell'assistere alla scena, Santos si lasciГІ scappare un leggero sorriso felice di avere al suo fianco il piccolo amico.

Forse, tutto sarebbe andato nel migliore dei modi e nel vedere Boris così spensierato, capì che, nonostante la situazione, ridere non poteva di certo peggiorarla ma, al contrario, renderla più piacevole.

Per sfuggire a quell'insopportabile tanfo, Jack si strinse il cappuccio sul viso nel tentativo di filtrare il più possibile l’aria circostante. Con il passare dei minuti, capì che non tutti gli odori poi erano così cattivi. Alcuni, nuovi per le sue narici, si dimostrarono addirittura piacevoli donandogli così piccoli sprazzi di tregua.

«Hooo…», fermò di colpo il carro il suo maestro.

«Ho una faccenda da sbrigare, restate qui sul carro e non muovetevi per nessuna ragione.» ordinò l’astro scendendo dal calesse con agilità.

Jack, stupito da quell'improvvisa fermata, annuì da sotto il cappuccio, ben attento a tenerselo stretto sul viso.

В«Tranquillo, ГЁ con me!В» gli rispose di petto Boris sbucando leggermente dal mantello.

В«Ed ГЁ per questo che mi preoccupoВ» urlГІ l'astro ormai avvolto dalla folla.

В«Sfacciato che non sei altro!В», s'infuriГІ il folletto strattonando i lembi rugosi della cappa.

Jack, nell’assistere all’ennesima scenetta, si lasciò scappare una lieve risata. Aumentò così la furia del piccolo re dell'Ovest, che paonazzo lo fissò seriamente.

В«Ma chi si crede di essere?В», continuГІ Boris offeso.

В«Sono un re, non il primo scapestrato che gli si ГЁ parato davanti. Sono un re!В».

Jack, nonostante il simpatico siparietto, smise di ascoltarlo. Nei suoi occhi, lo sguardo indecifrabile di Santos visto di sfuggita da sotto il cappuccio poco prima di essere inghiottito dal mare d'individui presenti.

Per quanto l’astro avesse provato a nasconderglielo, non era sfuggito. Qualcosa turbava il suo maestro, un qualcosa di intimo e profondo.

Tristezza?

Preoccupazione?

Non era riuscito a capirlo in uno sguardo così veloce e l'unica cosa che poteva fare era aspettare il suo ritorno.

Poi, nel mezzo della confusione, la sua attenzione si spostГІ su un acceso diverbio poco distante.

В«Non scherzare, elfo, ne vale almeno il doppio!В»

В«Sono serio piГ№ che mai, nano! Nel mio pianeta costano quindici Pugni e se vuoi fregare qualcuno, di certo non sarГІ io!В»

«Chiudi quella sporca bocca e apri le tue ridicole orecchie a punta: Brit non frega nessuno, hai capito, razza d’ignorante?»

В«Non ti conviene alzare la voce, mercante, potresti ritrovarti con un pugnale conficcato nel collo senza accorgertene!В» minacciГІ l'alto e mingherlino elfo portando la mano all'elsa legata in vita.

Di fronte a lui, quattro volte piГ№ largo e decisamente piГ№ basso, il nano lo fissГІ in cagnesco impugnando con sicurezza un'accetta dai bordi affilati.

«Non cambieranno mai… Zoticoni!», si lamentò Boris infastidito.

Ne aveva per tutti, sempre.

«Tieniti pure la tua merce, ladro di un mercante!» urlò infine l’elfo andandosene adirato. Il nano restò immobile e rosso dalla collera.

В«Mantelli, mantelli signori! Ottimi mantelli di ogni taglia e per qualsiasi esigenza!В» urlГІ improvvisamente un grosso e muscoloso individuo dal viso ricoperto da strani tatuaggi.

Jack, senza accorgersene, si voltГІ nella sua direzione. Nel vederlo, socchiuse gli occhi incredulo cercando di metterlo a fuoco nel migliore dei modi.

«È un umano?» chiese stupito.

В«Quell'irresponsabile allora non ti ha detto proprio nulla!В», scosse il capo Boris nell'ennesima predica.

«Mi ha parlato della Grande Guerra, di Marmorn e dell’esclusione della Terra dalla Grande Costellazione»

«Abbassa la voce… sciocco!», lo rimproverò l'amico cambiando subito espressione.

Nel vederlo così serio, Jack si portò le mani alla bocca spaventato.

Cosa mai aveva detto di così grave?

В«Dovunque sarai e con chiunque mai parlerai, tieniti per te queste informazioni. E come cosa piГ№ importante, prima di ogni altra cosa non pronunciare piГ№ il nome del Re Nero! Hai capito bene?В».

Jack, stupito da quella reazione, annuì sentendosi in colpa.

В«Da molti anni ormai non se ne parla piГ№. La gente vuole dimenticare, vivere in pace.В»

В«Anche sulla Terra ci sono state numerose e violente guerre con migliaia di cadutiВ». SospirГІ il terrestre, cercando di trovare le parole migliori. Con un filo di voce riprese.

«Ma tutte le nuove generazioni le studiano, leggono delle atrocità commesse in passato dai propri simili e non lo fanno per non vivere in pace ma per non dimenticare, per far sì che nessun altro ripercorra le strade di quegli assassini. Le si studia per ricordare e onorare i soldati morti in battaglia. Dimenticare vorrebbe dire infangare la memoria delle vittime che con coraggio hanno sacrificato la propria vita per salvare quella degli altri. Ti sembra giusto?», terminò non accorgendosi del tono di voce sempre più alto.

La pronta risposta di Boris morì tra le sue piccole labbra e, fissandolo diritto negli occhi, si bloccò.

Quelle parole lo avevano spiazzato. Il discorso del giovane aveva una logica, un forte senso di responsabilitГ  e di orgoglio. Nei nove mondi perГІ la mentalitГ  era ben diversa.

В«Qui funziona in un altro modo, ragazzo!В», provГІ a ricomporsi.

В«Dopo la fine della guerra, gli antichi saggi hanno avviato questa politica cercando di nascondere, generazione dopo generazione, i ricordi atroci e violenti di quei terribili anniВ».

Entrambe le ideologie alla fine avevano un senso e continuare il discorso sarebbe stato inutile.

I due si guardarono per un istante, segno del reciproco rispetto. Boris, con il corpo nascosto nella tasca interna del mantello, annuì con il capo lasciando sbucare di pochi centimetri il suo piccolo cappello verdastro a punta, dal quale non si separava mai.

«Comunque c’è altro che è meglio tu sappia, ragazzo!».

Curioso, Jack abbassГІ la testa verso di lui.

«Come già sai, i superstiti dell’armata umana, dopo la sconfitta del loro re, furono esiliati sulla Terra ed esclusi dalla Grande Costellazione privi di ogni ricordo. Quando Marmorn…», bisbigliò coprendosi le labbra con la mano, «… Quando il Re Nero venne sconfitto, Astor, il salvatore, oltre a provare pietà per lui la provò per l’intero genere umano».

Jack ascoltava immobile, estraniatosi ormai dalla confusione che li circondava.

«Sigillò il Re Nero nelle viscere della Terra e, grazie all’aiuto congiunto dei maghi e delle sacerdotesse più potenti, riuscì a cancellare le memorie delle guerre da loro combattute e ogni altro ricordo legato alla loro vita passata. Fu un forte e coraggioso atto di clemenza. I libri antichi raccontano di un discorso fatto da Astor in persona in cui giustifica la sua scelta affermando che non era giusto sterminare un’intera razza per colpa di chi aveva tradito la Costellazione. Ci furono accesi dibattiti ma poi si accettò il volere del re di Tio».

Boris era nato per parlare e intrattenere su di sé le attenzioni. Forse, pensò il giovane, era proprio grazie a questa sua innata dote che era riuscito a diventare re dei folletti delle terre dell’Ovest.

«Per voi fu un nuovo inizio. Ripartiste dalle origini, privi di memorie e di conoscenze. Fu una scelta quasi obbligata riportarvi agli albori. Le antiche sacerdotesse erano convinte che, ripartendo da zero, per la vostra specie ci sarebbe stata la possibilità di svilupparsi in un modo completamente diverso, giovando così dell’esilio a cui eravate ormai condannati non risentendone in alcun modo».

Il folletto si fermГІ un istante, deglutendo con fatica. Gli capitava spesso di dilungarsi nei discorsi senza accorgersene e di arrivare poi ad avere la bocca secca e la gola infiammata. Questo perГІ non era un discorso qualunque e Zeno doveva sapere ogni cosa.

«Da lì nasce la vostra storia. Ben lontana comunque dalla verità!».

Nel risentire quel racconto, ma decisamente più accurato e ricco di dettagli, Jack non riuscì a capacitarsene.

Nel primo incontro con Santos, quando l’astro aveva provato a raccontargli ogni cosa, molte delle parole neanche le aveva sentite, vittima della paura.

Forse, neanche in quel preciso istante le aveva capite a fondo, ma pensare che il mondo nel quale era nato e cresciuto si fondava su informazioni completamente errate lo bloccГІ facendolo tremare.

Villaggi, cittГ  e Stati erano nati guerra dopo guerra. Per rivendicare i propri ideali religiosi si aveva da sempre ucciso e sterminato senza alcuna pietГ . Il tutto, per convinzioni false e lontane dalla realtГ .

Cosa sarebbe successo se il mondo avesse appreso la veritГ  sulle sue origini? Le religioni e i loro esponenti che fine avrebbero fatto?

Sarebbe stato il caos piГ№ assoluto o sarebbe iniziata una nuova era di pace e prosperitГ ?

Nel pensare alla Terra, a com'era e agli ideali di ricchezza e materialità sui quali si basava la società, rabbrividì. L'inquinamento costante e fuori controllo, i soprusi, la povertà e le guerre ormai combattute nell'ombra avrebbero contagiato i nove mondi? Sarebbero scoppiate nuove guerre tra i terrestri e gli “alieni”?

Quelle, domande troppo pesanti a cui rispondere. Forse, era giusto così, la Terra ai terrestri e la Grande Costellazione ai suoi abitanti.

В«Non fare quella faccia, giovanotto!В», provГІ a tirarlo su il folletto vedendolo in quello stato.

Jack sospirГІ mandando giГ№ quelle preoccupazioni. Non era il caso.

В«Quello non ГЁ un umano!В», riprese il piccolo pozzo di informazioni.

В«Nel grande esilio, non furono coinvolti gli incrociatiВ».

Il ragazzo, quasi avesse realmente dimenticato i suoi pensieri, sgranГІ gli occhi colpito da quelle parole.

«Sono gli individui nati dall’amore di genitori di razze diverse. Un tempo era vista come una cosa normale ma, con il passare degli anni, venne considerato un atto impuro, un comportamento che avrebbe portato alla scomparsa delle razze originali. Per preservare le specie, le unioni miste vennero proibite dalla legge».

Non si pronunciГІ, attratto piГ№ che mai da quella contorta quanto affascinante spiegazione.

Per quanto reale, non riusciva ancora a capacitarsi pienamente di quel che gli stava succedendo.

«Queste leggi entrarono in vigore dopo la Grande Guerra. Furono troppi i caduti e per preservare le diverse razze, l’unica soluzione fu quella. Si dovevano stabilizzare le popolazioni e come ti dicevo, all’esilio non parteciparono gli incrociati umani. Fu un rischio certo, ma i saggi dell’epoca ebbero clemenza per i mezzi uomini. Sapevano che, con il passare delle generazioni, i geni della vostra razza sarebbero scomparsi».

Boris era un’autentica enciclopedia.

«Quel mercante, che tanto assomiglia ed effettivamente ricorda un tuo simile, avrà come lontanissimo parente l’incrocio originale, il frutto dell’amore tra un umano e chissà quale altra razza».

В«Mantelli, mantelli di ottima qualitГ  provenienti da tutti i mondiВ», continuГІ l'individuo rivolto verso un passante a pochi metri da loro.

Jack non riusciva a credere a quel che gli stava raccontando il piccolo compagno di viaggio.

Da sempre, sulla Terra si parlava di alieni e di altri mondi abitati, ma si sapeva che era pura fantascienza. Una chimera che gli scienziati cercavano in ogni modo di raggiungere.

La ricerca di altre forme di vita, la consapevolezza di non essere gli unici ad abitare la galassia di certo non era errata e quel richiamo costante e irraggiungibile, che dagli albori aveva accompagnato il genere umano, forse era il frutto dell'esilio dal quale tutto poi aveva avuto nuovamente inizio.

В«Quei simboli che vedi sul suo viso, e che sono anche presenti sulle mani e sulle gambe, sono segni che contraddistinguono gli incrociati umani e tutti i loro discendentiВ».

Concluse Boris cercando riposo per le sue piccole mascelle.

Sulla fronte del mercante, diversi pallini neri allineati correvano da una tempia all’altra. Sui polsi, gli stessi simboli si chiudevano come bracciali, dandogli così un tono misterioso.

Gli aveva detto tutto, ora anche il salvatore conosceva la storia sul suo mondo e sui restanti nove. Nel vedere l’espressione perplessa del suo interlocutore, Boris precisò:

«Quando tutto finì, i maghi e le sacerdotesse più potenti fecero un incantesimo marchiando così a vista le discendenze umane. Il fine fu quello di non perderle mai di vista e di riconoscerle sempre. Questa è la croce che portano i discendenti della tua razza. Il marchio della debolezza e della violenza»

В«Non bastava semplicemente cancellare a tutti la memoria senza doverli esiliare?В». Jack non capiva, quello che la sua razza aveva subito per colpa di Marmorn era umiliante e doloroso.

Boris scosse il capo.

«Ragazzo, la decisione di Astor, per quanto difficile, fu molto saggia. Non devo certo ricordarti che il Re Nero era un umano. Non poteva rischiare in alcun modo che altri della stessa razza ripercorressero il suo cammino. La Grande Costellazione non poteva reggere una seconda guerra. L’esilio completo fu l’unica soluzione. In ballo c’erano le vite degli abitanti dei nove pianeti, un rischio troppo alto da non sottovalutare in alcun modo. Come prova della purezza del suo cuore, Astor diede clemenza e speranza agli incrociati, confidando nella forza del sangue delle altre razze dalle quali erano nati.

Così, permise loro di continuare a vivere nei nove mondi, con la speranza che i difetti delle vostre genti scomparissero nel corso delle generazioni».

Era difficile per un sedicenne comprendere pienamente quelle scelte. Sapeva dell’immenso dolore provocato da Marmorn ma, nel pensare a tutti gli innocenti costretti a pagare per delle colpe non loro, gli si strinse il cuore.

Boris capì pienamente come si potesse sentire. Era la sua razza e sapere la verità sull’esilio e sui marchi non doveva essere di certo facile.

В«Purtroppo Jack, anche se sono sicuro che la Terra sia piena di bravissime persone, la vostra ГЁ una delle razze piГ№ crudeli e corrotte. Siete deboli e facilmente abbracciate la via del maleВ», terminГІ cupo il folletto.

Doveva fargli capire pienamente.

Quello, l'unico modo per dargli tutte le basi e la consapevolezza per compiere il proprio destino.

«Se fosse così per tutti, dammi una valida ragione per la quale lo spirito del vostro dio ha scelto me» rispose nervoso Jack, senza accorgersene.

В«Questa, caro mio, ГЁ una domanda a cui purtroppo non so rispondereВ».

Per quanto fosse informato e preparato su migliaia di cose, Boris non aveva alcuna frase, nessuna informazione valida da potergli fornire. Con lo sguardo rivolto verso il mare di folla, sospirГІ pensieroso.

Se l'era chiesto piГ№ e piГ№ volte da quando era venuto a conoscenza dei fatti, ma quello era un mistero che solo il tempo avrebbe potuto chiarire.

Improvvisamente, dopo una decina di minuti nei quali entrambi rimasero in silenzio prede dei loro pensieri, tutto iniziГІ spaventosamente a tremare.

Colto alla sprovvista, Jack si guardГІ intorno. A parte lui, nessuno sembrГІ minimamente turbato dalle forti scosse.

В«Boris!В», lo chiamГІ preoccupato.

Nello sbucare nuovamente dal mantello, il folletto non si pronunciГІ fingendo una calma ben lontana dalla veritГ .

Erano anni che non tornava a Fati e, nonostante la forte preoccupazione, decise di non spaventare ulteriormente il giovane, conscio della tranquillitГ  delle persone intorno a loro.

В«Tranquillo, non hai da preoccuparti!В».

A seguito di quella finta rassicurazione, un grosso palco di chissГ  quale animale cadde da una bancarella alla loro sinistra seguito poi dalle molteplici armi poggiate su quella dell'irascibile nano e dai numerosi vasi dei terrazzi circostanti. Il tutto, senza preoccupare minimamente i presenti che, con estrema abilitГ , schivavano ogni oggetto cadente, continuando comunque a svolgere le proprie faccende.

Che fossero solo allucinazioni frutto della sua ormai debole mente?

Jack provГІ a scuotere il capo, a strizzare con decisione gli occhi e a massaggiarsi le tempie senza successo.

В«Che succede, Boris?В» domandГІ sempre piГ№ agitato.

Il folletto non ebbe il tempo di pensare a cosa dire che tutto fu chiaro.

In lontananza, dalla folla, due grandi corni bianchi emersero con decisione e, nel vederli dirigersi verso di loro, il giovane trasalì.

Poi, dopo alcuni secondi, quello che gli si presentГІ davanti agli occhi lo lasciГІ a bocca aperta.

Alti piГ№ di quattro metri e larghi come tir, due imponenti rinoceronti avanzavano lenti nella via principale. Magnifici e possenti, i due animali procedevano lungo la strada. I lunghi corni affilati dondolavano a destra e sinistra al ritmo dei loro apatici e pesanti passi. La pelle, grigia e ruvida, sembrava scolpita nella roccia. Nessuno, a parte Jack, sembrГІ perГІ interessato.

Quattro individui, avvolti in lunghi mantelli gialli ocra e dalle sfumature arancioni brillanti, camminavano ai due lati, scortandoli e indirizzandone il percorso, armati di lunghe e affilate lance. Alle caviglie delle due creature, grosse catene in ferro dagli anelli arrugginiti andavano via via rimpicciolendosi terminando poi nelle mani libere degli uomini incappucciati.

В«Rinoceronti delle montagne!В» spiegГІ Boris una volta identificati.

Era la prima volta che ne vedeva uno dal vivo. Conosciuti solo di fama, vederne due in un colpo solo fu una sorpresa e un piacere non da poco.

Nel sentire la tranquillità di quelle parole, Jack si calmò riuscendo così a godersi quell'insolito spettacolo.

Rapiti entrambi da quella visione, i due non si accorsero del continuo e veloce avvicinarsi delle due creature e dopo alcuni minuti, le loro fattezze furono decisamente ben visibili.

«Poveri animali…», Jack ne percepì, essendo a quanto pare l'unico, la chiara sofferenza provata. Con gli occhi spenti, quasi assenti, i due rinoceronti avanzavano in modo meccanico, consci di non avere altra scelta se non quella di ubbidire ai comandi imposti dai loro guardiani.

«Ragazzo mio, il mercato degli animali è uno dei più corrotti e cospicui che ci siano. Fati ne è il fulcro da anni ormai.» spiegò il folletto stupendosi della profondità delle parole del sedicenne. Si sentì in imbarazzo nel non essere stato lui a pronunciarle. Doveva essere una saggia guida e, scoprendosi solo estasiato, scosse il capo ritrovando il proprio buonsenso per un attimo smarrito.

La terra iniziò a tremare ancor più forte coinvolgendo così inevitabilmente il piccolo carro. Sotto le forti scosse, cominciò a cigolare.

In quell'istante, gli occhi di Jack si posarono sul piccolo amico, consci dell'imminente pericolo.

Dovevano spostarsi al piГ№ presto.

«Ti conviene spostare il carro se non vuoi essere schiacciato, straniero!» suggerì una dura voce da una bancarella alle sue spalle.

Nel sentirla, il giovane tremГІ.

Santos era stato chiaro, non dovevano in alcun modo muoversi da lì. In più, non aveva mai guidato un carro in vita sua.

Ricoperto in pochi secondi da un viscido alone di sudore, maledì il giorno in cui, durante una gita nelle campagne vicine a Sentils, aveva rifiutato, insieme a Max, di seguire le poche e basilari lezioni di equitazione. L’aveva fatto non tanto per il mancato interesse ma per indispettire quella vecchia megera della professoressa Lort.

Il ricordo di Max balenò nel momento meno opportuno, ampliando così il suo malessere. Se ci fosse stato l’amico al suo fianco, una soluzione l’avrebbero sicuramente trovata. Insieme erano imbattibili e le decine di vicissitudini affrontate negli anni ne erano la prova.

«Sei sordo, straniero? Così verrai travolto» gli urlò nuovamente il mercante alle sue spalle.

Qualcuno gli stava parlando. Qualcuno si era accorto di lui. La testa iniziò a girare, si sentì nudo, spoglio delle vesti e fragile come non mai. Doveva passare nell’ombra, senza che nessuno si accorgesse della sua presenza. Non aveva tempo per voltarsi e scappare, il suo corpo non ne voleva sapere.

Le due creature ormai li avevano raggiunti, distanti solo piГ№ pochi metri.

Le scosse, un vero e proprio terremoto.

Non aveva immaginato quanto grandi fossero realmente e ora, bloccato e in preda al panico, si trovava lì, sul quel piccolo quanto fragile carretto senza via d'uscita.

В«Le redini, ragazzo, cosa aspetti?В» urlГІ Boris paonazzo.

Doveva provarci, era l’unica soluzione. Davanti a lui, i due piccoli cavalli iniziarono a sbattere gli zoccoli al suolo muovendo freneticamente la coda.

Buttò fuori tutta l'aria presente nei polmoni e cercò inutilmente coraggio chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, afferrò le fragili redini in cuoio muovendole poi timidamente.

Quel gesto, tanto nevrotico quanto inutile, non provocГІ nessun effetto. L'agitazione aumentГІ.

«Dai ragazzi, partite…» balbettò non sapendo più che fare.

Intorno a lui, tutto continuava come se nulla fosse. Miriadi di individui passavano da ogni parte schivando il carro senza neanche degnarlo di uno sguardo, quasi fosse invisibile.

«Spostati da lì!» ripeté con decisione la voce alle sue spalle.

Non poteva arrendersi, doveva trovare una soluzione.

«Ce la posso fare!», così dicendo scosse nuovamente le redini con forza. Il risultato però fu il medesimo.

I due ronzini, per quanto agitati, non si mossero, rimanendo fermi davanti a lui nel duro sterrato.

В«Ma ГЁ possibile che non vi accorgiate del pericolo, stupide bestie?В», perse il controllo il giovane, urlando a perdifiato.

Improvvisamente, quasi avessero sentito e capito le sue parole, i due cavalli scattarono velocemente in avanti, rompendo così l’imbragatura che li teneva legati al carro per poi scappare veloci tra la folla, creando un leggero scompiglio.

Il piccolo e fragile calesse cadde al suolo vittima della gravità, facendo così capitolare Jack che cercando di atterrare in piedi, si slogò la caviglia destra rovinando poi con il viso sullo sterrato.

Stordito e paralizzato dalla paura, riuscì a vedere solo più una sagoma scura sormontarlo.

Era spacciato, ancora un passo e l’enorme zampa del rinoceronte lo avrebbe spappolato al suolo.

Boris urlava, imprigionato nella tasca del mantello.

Ma all'ultimo secondo, qualcuno afferrГІ con forza il giovane sollevandolo.

Intorno a lui, tutto si offuscГІ. Gli occhi, ricoperti dalla terra filtrata nella rete del cappuccio, rossi e quasi del tutto chiusi.

Dopo alcuni istanti, quando riuscì nuovamente a focalizzare le immagini, vide l'immensa zampa destra di uno dei due rinoceronti calpestare il loro piccolo carro, distruggendolo completamente.

Dotate di una scarsa vista, le creature non si accorsero minimamente del minuscolo ostacolo, continuando la loro lunga e lenta marcia.

Così com'erano apparsi, svanirono un centinaio di metri più avanti, svoltando in un altro grosso viale. Alle loro spalle, solo più i resti sbriciolati del calesse e delle loro ormai inutilizzabili provviste.

La folla, scostatasi leggermente, si rituffГІ nella strada ignorando l'accaduto come se nulla fosse. Quelle, le dure regole del Gran Mercato. In quel luogo corrotto, ognuno pensava a se stesso e per i visitatori disattenti, non c'erano seconde possibilitГ .

Nessuno, a parte il loro misterioso salvatore, si era fermato anche solo un istante per assistere o per capire quel che era successo.

Jack, ancora confuso e seduto al suolo, provГІ a guardarsi intorno. Non si era accorto di nulla.

L’urlo ai cavalli, la caduta, il dolore alla caviglia e poi quelle grosse mani che con forza lo avevano afferrato salvandogli la vita da una morte certa.

Nel ripensare alle serie di raccomandazioni del suo maestro, si sentì mancare.

Aveva disubbidito e anche se tutt'intorno apparentemente nessuno gli aveva prestato attenzione, il suo salvatore lo aveva fatto.

Agitato, si voltГІ velocemente con la paura che qualcuno lo avesse scoperto. Si portГІ frenetico le mani alla testa per accertarsi che il cappuccio non si fosse sfilato.

Con suo grande sollievo, la dura stoffa non si era mossa nella concitazione proteggendo così la sua identità.

В«Hai rischiato grosso straniero!В».

Quelle parole, un colpo al cuore.

Terribilmente spaventato, Jack si voltГІ lentamente.

Pochi passi piГ№ indietro, un enorme individuo dalla folta barba nera lo scrutava perplesso. Era il mercante che aveva dato vita alla lunga discussione con Boris e, dall'alto dei suoi due metri d'altezza, gli si avvicinГІ incuriosito.

В«Non sei di queste parti, vero?В».

Cosa poteva fare?

Il non rispondere non aveva provocato l'effetto sperato. Al posto di allontanare il suo interlocutore, lo aveva avvicinato ancor di piГ№.

«Grazie…» balbettò chinando il capo con la paura di essere scoperto.

В«Io sono Gult, ГЁ un piacereВ», continuГІ il mercante.

Il cappuccio che tanto lo soffocava e che aveva desiderato costantemente di strapparsi di dosso, improvvisamente sembrГІ trasparente.

Paralizzato, Jack si limitГІ in un lieve movimento del capo.

«Sei stato fortunato, in questa città nessuno dà retta a nessuno, a meno che tu non abbia qualcosa da vendere o sia intenzionato ad acquistare. In caso contrario, puoi anche morire nel bel mezzo della via senza che nessuno si fermi a soccorrerti.» gli urlò ridendo l’incrociato, alzando le spalle.

«Grazie mille…» replicò il ragazzo non trovando altro da dire.

В«Siamo di poche parole, eh?В».

Jack provò ad alzarsi. Doveva spostarsi, andarsene lontano dalla curiosità dell’individuo. Era pericoloso.

Non ebbe neanche il tempo di tirarsi su completamente che un forte dolore alla caviglia destra lo fece barcollare. Prima che potesse capitolare nuovamente al suolo, il mercante lo afferrГІ con destrezza.

В«Appoggiati a me, straniero, qui intralci il passaggio.В»

В«Potrai stare dietro la mia bancarella fin quando non riuscirai a camminare meglioВ», concluse trascinandoselo e sorreggendolo da sotto le braccia.

Cosa voleva da lui quel possente sconosciuto?

Tutta quella gentilezza, fin troppo assurda per un luogo aspro come quello.

Stretto nelle possenti e muscolose braccia, Jack non riuscì a muoversi. Impotente, si ritrovò in pochi secondi dietro al grosso banco seduto su uno sgabello intagliato nel legno.

Riparata da un rudimentale gazebo a punta ricoperto da enormi teli dagli scuri colori, la bancarella presentГІ una protezione inaspettata e gradevole dalla confusione della strada.

Seduto, lo guardГІ attentamente da sotto la rete del cappuccio. Con due spalle possenti e un fisico muscoloso, gli sembrГІ un vero e proprio guerriero e i lunghi e lisci capelli brizzolati, stretti in una coda spartana, ne marcarono ancor di piГ№ i duri tratti.

Le basette, lunghe fino alle spalle, gli accarezzavano il collo, sul quale, minacciose, alcune vene pulsavano così energicamente che gli fu possibile vederle a occhio nudo.

Vestito con un semplice pantalone nero e una maglietta bianca dalle maniche strappate, l’individuo emanava forza da ogni poro. I grossi stivali di cuoio e le lunghe collane arricchirono di dettagli la figura a cui Jack lo aveva associato.

Ma a renderlo decisamente piГ№ minaccioso erano i simboli che gli ricoprivano la fronte e i polsi.

Per quanto affascinanti, erano l’etichetta con la quale Gult aveva avuto a che fare fin dalla nascita. Ovunque andasse, ancor prima di presentarsi o di conoscere qualcuno, le sue origini lo anticipavano creando così negli altri molteplici e svariate reazioni.

Nel ripensare al loro significato, il terrestre s'incupì provando a immaginare le difficoltà provate dal suo salvatore.

La vita di un incrociato umano doveva essere tutt’altro che facile.

Vendeva mantelli, numerosissimi mantelli dalle diverse tonalità. Alcuni erano rivestiti da splendide pellicce mentre altri, così fini da sembrare quasi finti.

Jack iniziò a far scorrere lo sguardo da un angolo all’altro della bancarella rapito dalle pregiate stoffe con le quali erano stati prodotti quegli indumenti.

В«Mantello da ricognizione degli astri, li adoro!В», commentГІ il mercante guardandolo stupito.

Subito non se ne era accorto ma ora che la situazione si era calmata lo aveva riconosciuto. I mantelli dei vari ordini, quelli usati dai guerrieri, erano i suoi preferiti.

«Dall’aspetto malconcio che ha devi aver girato in lungo e in largo nonostante la tua giovane età.», continuò sgranando gli occhi.

Quello, un modello difficile da trovare anche per lui.

«O più semplicemente lo hai comprato già ridotto così, o ancor più facile…», si fermò un istante.

«L’hai rubato», concluse serio.

Jack, ammutolito, si girГІ di scatto.

Oltre a quell'accusa, lo avevano colto alla sprovvista le parole riguardanti la sua etГ .

Aveva fatto trasparire un altro indizio sulla sua identitГ  e l'ansia d'esser scoperto aumentГІ decisamente.

В«Scherzo straniero, scherzo!В», gli sorrise l'uomo passandosi le mani tra i lunghi capelli color fumo, vedendo il ragazzo irrigidirsi.

Solo nel guardare velocemente il suo mantello, il mercante si era fatto un’idea di chi si potesse celare sotto il cappuccio. Come un detective cerca ed esamina le prove, anche per Gult era lo stesso quando si trattava del suo lavoro. Era il terzo di una lunga generazione di venditori, tutti specializzati nella creazione, nella ricerca e nella vendita di mantelli di ogni tipo. Dai più lussuosi a quelli trasandati, da Gult il sarto potevi esser certo di trovare il mantello più adatto e dall’ottima, quasi ineguagliabile, qualità.

Tutti disposti in ordine perfetto, ricoprivano l’intera bancarella e altri ancora scendevano sopra le loro teste, appesi in modo da essere più visibili agli occhi dei clienti.

В«Mio nonno ne fece uno anche per re NotemВ», continuГІ il venditore nel vedere il giovane fissarli con attenzione.

Jack, non sapendo chi fosse questo re, annuì con il capo cercando comunque di rimanere con il viso il più coperto possibile.

Aspettandosi una reazione di meraviglia dopo aver detto quelle parole, Gult si stupì dell’indifferenza del ragazzo.

Jack non aveva mai visto così tanti mantelli in vita sua. Dalla bellezza indiscussa e dalle lavorazioni accurate, sembravano quelli usati nei film fantasy, che da sempre, oltre ai polizieschi, lo appassionavano.

В«Sono bellissimiВ», si limitГІ cercando di camuffare la voce, rendendola piГ№ roca e pesante.

Gult inchinГІ il capo soddisfatto del complimento.

«Per quanto magnifico, il tuo mantello ha sicuramente visto giornate migliori. Oggi mi sento di buon umore…», s’interruppe e aprì le braccia verso la bancarella.

В«Scegli quello che vuoi, estivo, invernale, rosso, nero, sceglilo come piГ№ ti aggradaВ».

Il mercante aveva ragione. Quello che indossava puzzava ed era sgualcito in diversi punti.

Si stupì della gentilezza mostrata da quell’incrociato dal fisico scolpito e dall’aria burbera. Non si conoscevano, eppure, oltre ad avergli salvato la vita, gli stava donando uno tra i suoi mantelli.

Jack, indeciso sul da farsi, alzГІ le spalle senza parole.

В«Tranquillo ragazzo, non te lo faccio mica pagare.В»

«Non posso, ti ringrazio…». Le parole di Santos continuavano a ripetersi nella sua mente.

Non osava neanche immaginare la reazione dell’astro una volta scoperto quel che era successo. Il carro con le provviste era andato distrutto e lui ora si trovava a parlare con un mercante sconosciuto che, per quanto bravo e gentile, rimaneva pur sempre un estraneo potenzialmente pericoloso.

В«Suvvia straniero, non fare il difficile. Sarebbe una grande offesa per me questo tuo rifiuto!В» continuГІ Gult dandogli una pacca sulla spalla con la sua gigantesca e pesante mano.

Non avendo altra scelta, Jack si fece coraggio e iniziò a esaminare l’intera bancarella. Accettare il dono forse era l’unico modo per non incuriosire ancor di più l'individuo.

Chi, sano di mente, avrebbe rinunciato a un’offerta così allettante?

Nel profondo perГІ non stava piГ№ nella pelle consapevole della straordinaria bellezza dei capi che gli si presentavano davanti.

Cercò di mantenere la calma regolando il respiro ormai fuori controllo. Dopo alcuni secondi di concentrazione, spostò lo sguardo su un lungo mantello nero ricoperto, sul collo e nel cappuccio, da una folta pelliccia marrone. La stoffa era di ottima qualità. Decise comunque di guardarli tutti, non voleva perdersene neanche uno. Era in imbarazzo e nello stesso tempo in estasi. Li avrebbe guardati tutti solo per ammirarli scegliendo comunque il meno bello. Non poteva approfittarne. Il dono offertogli era un segno di gentilezza e con lo stesso gesto, lui avrebbe ricambiato quel mercante privandolo del mantello meno caro così da non arrecargli un mancato e sicuro guadagno. Nel voltarsi per guardare l’angolo destro della bancarella, fu subito rapito dal mantello appeso sopra la sua testa. Ne restò folgorato. Anch’esso nero, presentava splendide e accurate decorazioni bianche cucite a mano. Un’infinità di piccoli fasci lattescenti s’intrecciavano tra loro creando splendidi motivi su tutta la stoffa.

Nel vederlo ammirare con tanta accuratezza uno dei suoi migliori capi, Gult sorrise appagato.

Era fantastico. Nella parte interna, una soffice e candida pelliccia bianca rendeva quel mantello unico.

В«Se lo vuoi, lo tiro giГ№!В».

A quelle parole, il primo impulso fu quello di urlare con eccitazione un sì che avrebbe fatto voltare l'intera via, ma tremante, si calmò deciso a scegliere il meno bello.

Anche se catturato dalla straordinaria bellezza del mantello sapeva, perchГ© non serviva essere un esperto per capirlo, che quello era uno dei pezzi piГ№ pregiati della collezione. Era troppo per lui ma rifiutarlo significava offendere il mezzo uomo. Indeciso sulla risposta, si bloccГІ.

Non ebbe neanche il tempo di pensarci che Gult glielo tirГІ giГ№ aprendoglielo davanti per farglielo ammirare nel dettaglio.

Era un capolavoro, non poteva accettarlo.

Con timore, perso tra le fattezze del capo, passò la sua piccola mano tra la folta pelliccia rimanendone estasiato. Morbida da sembrar finta e a dir poco unica nel suo genere. Posò poi lo sguardo sul cappuccio, anch’esso nero all’esterno e rivestito all’interno. Liscia come il ghiaccio, la parte esterna era ricoperta, come tutto il mantello, dalle incomprensibili decorazioni lattescenti. Una però brillava più delle altre. La testa di un grosso orso con le fauci spalancate era ricamata in modo più marcato dove le mascelle seguivano la forma del cappuccio. Il ricamo dava così l’impressione che il possente animale mordesse la testa di chi lo indossasse. Un lavoro d’alta scuola, opera solo di un professionista.

В«Orso biancoВ» spiegГІ Gult.

Jack, perso nei fantastici dettagli.

«È rivestito con pelle d'orso bianco di Fenov». Si fermò un istante voltandosi verso l’angolo opposto della bancarella, dove un paio di individui incappucciati si erano fermati per ammirare i suoi capolavori.

«Qui sotto non soffrirai mai il freddo. La parte esterna, quella nera, è costituita da una speciale stoffa imbevuta nel grasso dell’animale che la rende completamente impermeabile. La pelliccia ti scalderà quando ne avrai il bisogno e ti isolerà dalle alte temperature senza che tu debba cambiare mantello». Continuò fiero il mercante.

«È un’opera d’arte…», si limitò Jack, senza parole.

«Non ti resta che provarlo, amico mio!» gli suggerì Gult, posandogli la grossa e pelosa mano sulla testa.

Fu un secondo. Ritirandola, il mercante involontariamente si portò via il cappuccio lasciando così il giovane con il viso scoperto.

In quell'istante, tutto perse colore. Paralizzato, Jack barcollГІ con gli occhi spalancati. Le parole di Santos ormai tuonanti nella sua mente.

Era successo tutto quello che non doveva accadere e, bloccato dalla paura che qualcuno potesse notarlo, iniziГІ a sudare.

В«Tutto bene, ragazzo?В».

Jack, in preda al panico, non rispose ormai sul punto svenire.

Qualcosa gli pizzicГІ fortemente il petto.

«Sì!» esclamò velocemente tirandosi su il cappuccio. Boris, che fino a quel momento era rimasto in disparte, era intervenuto per aiutarlo.

В«Accetta le mie scuse, non era mia intenzione metterti a disagioВ», si sbrigГІ a scusarsi il mercante dispiaciuto.

Il giovane non sentì. Qualcosa lo aveva destabilizzato nel profondo, una sensazione nuova e tremendamente spiacevole. Per una frazione di secondo aveva sentito un forte impulso provenirgli dalle viscere, talmente rapido da accorgersene a malapena. L’impulso di uccidere.

«Alle tue spalle c’è un piccolo camerino, provalo pure», continuò Gult cercando di cambiare discorso.

Jack annuì ancora affannato, invaso dalla paura che il mercante o chiunque altro tra la folla lo avesse riconosciuto.

Santos era scomparso ormai da una trentina di minuti e di lui, ancora nessuna traccia.

Il giovane si voltГІ lentamente. Alle sue spalle un rudimentale camerino. Composto da quattro assi di legno grezzo piantate nel terreno e ricoperte da due grossi teloni, poteva essere il giusto luogo dove ritrovare la calma.

ProvГІ ad alzarsi dallo sgabello ma il dolore lo fece sussultare. Stringendo i denti e poggiando il meno possibile il piede dolorante a terra, raggiunse il camerino per poi tirarsi alle spalle i lunghi e spessi teli.

Finalmente, si ritrovГІ solo.

Si sfilò veloce il sudicio mantello di dosso e respirò a pieni polmoni. La paura e l’ansia lo stavano ancora facendo ribollire.




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